Anno: XXV - Numero 214    
Giovedì 21 Novembre 2024 ore 13:20
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Il caos della riforma dell’accertamento

Chi ben comincia…… ben peggio finisce!

Il caos della riforma dell’accertamento

 

Le premesse per il classico caos (dis)organizzato nazionale c’erano tutte e sono state tutte meravigliosamente confermate! Il legislatore fiscale, tra le tante iniziative programmatiche preannunciate, ha evidenziato anche la necessità di giungere ad una presunta “riforma” dell’accertamento, che con il senno di poi era meglio fosse oggetto di qualche ulteriore periodo di riflessione. Ciò in quanto, all’italica maniera, ci si è ritrovati al cospetto di poche idee, ma con il grande pregio di essere molto confuse.

Due in particolare gli interventi normativi “incriminati”.

Da un lato le modifiche apportate allo Statuto del Contribuente, dall’altro l’emanazione del decreto specifico per il mondo accertativo. La caratteristica precisa di tali due interventi è stata quella di essere disposizioni assolutamente non coordinate tra loro, non emanate nello stesso periodo, con entrate in vigore differenti, senza alcuna norma transitoria di coordinamento e con un solo grande obiettivo raggiunto: non far capire nulla.

E così è stato, con l’amministrazione finanziaria che, già impegnata a difendere (o meglio continuare ad applicare), la propria tesi di poter estendere la proroga covid per la notifica degli avvisi di accertamento a tutte le annualità in scadenza nel 2020, ivi inclusa dunque il 2017 (trattasi della famigerata tesi di poter notificare con 85 giorni ulteriori rispetto alla scadenza di fine anno, già sconfessata da parte della giurisprudenza di merito), ha provato anche a districarsi rispetto all’incrocio “schema d’atto; contraddittorio preventivo; nuova procedura di adesione”, creando un pastrocchio come da tempo non se ne vedeva uno simile.

A fronte di tutto ciò non poteva mancare il colpo di scena finale, caratterizzato dalla conclusione contenuta in un atto di indirizzo del Ministero dell’Economia e delle Finanze che, con assoluta disinvoltura ha affermato: signori e signore, non ce ne vogliate, abbiamo solo testato la capacità di comprensione degli operatori fiscali, tirando fuori norme random che pur essendo in vigore, di fatto, fino al 30 aprile, non si applicano: in poche e semplici parole abbiamo scherzato!!

Ebbene, pensare che tutto questo possa passare inosservato, senza generare contenzioso tributario all’insegna del “volemose bene”, magari in presenza di atti di accertamento riferiti al 2017 e inviati in via prodromica come schema d’atto nei primi mesi del 2024, con il conseguente slittamento della tempistica di notifica e nella completa incertezza della normativa applicabile, non appare semplicemente utopistico, bensì paranormale.

Se le definizioni delle liti avevano provato ad alleggerire il relativo carico delle Corti di Giustizia, nell’auspicio di deflazionare le controversie esistenti, in soli 2 mesi si sono messe le basi per un florido futuro denso contenzioso, in modo da tranquillizzare gli addetti ai lavori: tra eccezioni circa le notifiche in ritardo, eccezioni circa la mancata applicazione dello statuto del contribuente, eccezioni che riguarderanno il contraddittorio preventivo, ci saranno almeno 10 anni buoni di giurisprudenza, in attesa che la Corte di Cassazione faccia chiarezza (e forse, per salvare il salvabile, assuma anche qualche classica decisione “politica” pro gettito fiscale).

La confusione è talmente elevata che al momento l’Agenzia delle Entrate ha diramato una nota interna e, con una corsa contro il tempo, intende ritirare gli atti emessi in questi primi mesi del 2024 (contenenti la nuova procedura dello schema d’atto), per riemetterne altri basati sulla vecchia procedura, aderendo alle citate indicazioni ministeriali che hanno rimandato tutto al prossimo 30 aprile prossimo. E per non farsi mancare nulla l’Agenzia, in questa nota, se da un lato ha invitato a “fare presto” per rispettare la scadenza imminente per l’anno 2017 (ossia quella con i famigerati 85 giorni in più), dall’altro ha anche detto ai medesimi uffici periferici di organizzarsi affinchè, in maniera programmatica, gli atti del 2018 siano notificati entro il 31 dicembre 2024 senza fruire della proroga covid, con altro polverone mediatico che forse sarebbe stato meglio evitare.

Cosa accadrà non è possibile prevederlo, solo il futuro saprà dirci cosa ne verrà fuori. In questo contributo cerchiamo quanto meno di fare un minimo di chiarezza, almeno per comprendere quale è l’iter procedurale che adesso muoverà l’amministrazione finanziaria, provando a districarci nella sovrapposizione delle disposizioni ed interpretazioni.

Cosa non cambia

Partiamo dalle certezze (oddio, forse si è ottimisti), procedurali (al netto di considerazioni in ottica contenzioso). Fino al prossimo 30 aprile la procedura accertativa rimane immutata. Certo, come anticipato, questa posizione del Ministero dell’Economia e delle Finanze sarà foriera di molte polemiche e, s’immagina, di motivi di impugnazione di legittimità stante la mancata applicazione delle modifiche già apportate allo Statuto del Contribuente.

Il diktat ministeriale ha subito imposto una retromarcia immediata agli uffici che nel frattempo avevano provato ad adattarsi alla sovrapposizione di disposizioni inviando ai contribuenti interessati un atto che assumeva, allo stesso tempo, la configurazione dello schema d’atto prevista dal nuovo statuto e quella del classico invito al contraddittorio per la procedura di adesione. Di fatto gli uffici, non capendo bene come comportarsi, avevano provato a “sparare nel mucchio”, inserendo nella convocazione del contribuente tutto quello che era previsto dalle diverse disposizioni, ossia:

    “schema d’atto” in funzione delle modifiche allo statuto;

    invito a comparire;

    avvio della procedura di adesione (come previsto dalla normativa vigente).

Dopo le indicazioni ministeriali, però, queste scelte non possono più effettuarsi e fino al 30 aprile si deve tornare ai meccanismi già conosciuti e alla vecchia procedura di adesione, ivi incluso il precedente regime del contraddittorio preventivo: ecco dunque la necessità di sostituire gli atti inviati, con un ritorno al passato, formulando solo l’invito per l’avvio del contraddittorio, laddove previsto.

Il “ritorno al passato” non sembra però agevole se si considera il primo passo di riforma attuato con la modifica allo Statuto, ossia l’estensione del confronto prodromico anche agli atti che fanno seguito ad un processo verbale di constatazione (che come è noto è l’atto di chiusura di una verifica fiscale).

Prima di detta modifica, l’ambito procedurale era:

    Da un lato atti verso i quali non sussiste l’obbligo del contraddittorio preventivo. Trattasi degli atti di accertamento o di rettifica che fanno seguito alla ricezione di un processo verbale di constatazione, ovvero degli atti sostanzialmente automatizzati (come il controllo della liquidazione della dichiarazione o gli avvisi di accertamento parziali);

    Dall’altro atti che richiedono obbligatoriamente il contraddittorio preventivo, quali ad esempio i controlli a tavolino, ovvero il redditometro.

La variazione apportata allo statuto del contribuente in tale campo ha riguardato principalmente i processi verbali di constatazione, che oggi non dovrebbero essere più da ostacolo all’esercizio del contraddittorio preventivo. Il condizionale è d’obbligo, posto come detto che l’atto di indirizzo ministeriale ha affermato che fino al prossimo 30 aprile si applica la vecchia procedura.

Non espletare però l’invito al contraddittorio in riferimento agli atti conseguenti ad un PVC, stante la contestuale abrogazione del comma 7 dell’articolo 12 dello Statuto, che prevedeva la produzione delle memorie del contribuente nei 60 giorni successivi alla notifica del medesimo PVC, sembra essere un clamoroso azzardo e presumibilmente un approccio di ragionevolezza indurrà gli uffici ad effettuare in ogni caso l’invito al contraddittorio prima di emanare un atto di accertamento: in questo modo si riuscirà a salvare “capra e cavoli”, potendo l’ufficio opzionare per il dialogo prodromico con il contribuente.

Al netto della problematica riguardante i PVC, per gli altri atti la situazione resta immutata e, dunque, si torna alla suddivisione in precedenza esposta.

Sul punto, è bene rammentare che in presenza di invito al contraddittorio di iniziativa dell’ufficio ex d. lgs. 218/97, di fatto si anticipa la fase di dialogo con l’amministrazione finanziaria, non potendo poi il contribuente, a seguito della ricezione dell’avviso di accertamento o dell’atto di rettifica, proporre nuovamente istanza di adesione. Trattasi di una fattispecie da ricordare con estrema attenzione per non errare la tempistica di produzione dei ricorsi, che è ordinariamente di 60 giorni dalla ricezione dell’atto (salvo l’interruzione feriale di 31 giorni ad agosto). Ne deriva che solo per gli atti non preceduti dall’invito al contraddittorio resta la possibilità di richiedere la procedura di adesione, nel qual caso, per gli atti fino al prossimo 30 aprile, si aggiungeranno ancora i famosi 90 giorni di sospensione per l’idoneo espletarsi del confronto con il fisco.

Cosa accadrà post 30 aprile: l’adesione ai PVC

In primo luogo sarà possibile avvalersi dell’istituto dell’adesione con riferimento ai processi verbali di constatazione. Entrerà in vigore, infatti, il nuovo articolo 5-quater del D. Lgs. 218/97 (rubricato: Adesione ai verbali di constatazione). Il contribuente potrà prestare adesione ai verbali di constatazione in due modalità:

  1. a) senza condizioni, quindi accettando in toto i rilievi;
  2. b) condizionandola alla rimozione di errori manifesti.

L’adesione in commento, pertanto, potrà avere ad oggetto esclusivamente il contenuto integrale del verbale di constatazione; questo significa che il contribuente dovrà valutare in maniera attenta i rilievi mossi e decidere di conseguenza, magari anche contemperando gli effetti sanzionatori (ossia il maggior risparmio dell’adesione al PVC, con riduzione delle sanzioni ad 1/6, rispetto al ravvedimento o alla definizione dell’atto di accertamento). L’adesione integrale deve intervenire entro i 30 giorni successivi alla data della consegna del verbale mediante comunicazione, da parte del contribuente, al competente ufficio dell’Agenzia delle entrate indicato nel verbale e all’organo che lo ha redatto. Peraltro, nel caso in cui sia invocata la rimozione degli errori manifesti, nei 10 giorni successivi alla comunicazione dell’adesione, l’organo che ha redatto il verbale può correggere gli errori indicati dal contribuente mediante aggiornamento del verbale, informandone immediatamente il contribuente e il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate.

I termini per l’accertamento sono in ogni caso sospesi fino alla comunicazione dell’adesione del contribuente e comunque non oltre la scadenza del trentesimo giorno dalla consegna del verbale di constatazione. Entro i 60 giorni successivi alla comunicazione del contribuente, il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate notifica l’atto di definizione dell’accertamento parziale.

Come anticipato, con l’adesione integrale si ottiene la riduzione delle sanzioni ad 1/6 e le somme dovute risultanti dall’atto di definizione dell’accertamento parziale devono essere versate nei termini e con le modalità rateali previste per le adesioni (versamenti in 8 oppure 16 rate trimestrali).

L’adesione al PVC, per come configurata, richiede l’attenta valutazione delle contestazioni. Ad esempio, non è possibile procedere mediante adesione parziale, in riferimento a singoli rilievi oppure a comparti impositivi. Se i rilievi del PVC non sono convincenti, allora conviene optare per altre soluzioni, come il ravvedimento su alcuni rilievi (con riduzione delle sanzioni ad 1/5, essendosi in presenza del PVC) e l’attesa del residuale accertamento sugli altri rilievi, rispetto ai quali potrà decidersi di ricorrere ovvero di effettuare, eventualmente, altri accordi con l’ufficio (un’adesione con rideterminazione del quantum contestato, ovvero una futura conciliazione a contenzioso avviato).

L’avvento dello “schema d’atto” e della conseguente procedura

A decorrere dal 30 aprile 2024 troverà poi piena applicazione l’adozione dello “schema di atto”.

Come previsto dal nuovo assetto del D. Lgs. 218/97, tale schema sarà comunicato al contribuente ai fini del contraddittorio preventivo previsto dall’articolo 6-bis, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (ossia in funzione di quanto previsto dallo Statuto del Contribuente, ma con le “indicazioni” del ministero dell’economia e delle finanze). Lo schema dovrà recare oltre all’invito alla formulazione di osservazioni, anche quello alla presentazione di istanza per la definizione dell’accertamento con adesione, in luogo delle osservazioni. L’invito alla presentazione di istanza per la definizione dell’accertamento con adesione è in ogni caso contenuto nell’avviso di accertamento o di rettifica ovvero nell’atto di recupero non soggetto all’obbligo del contraddittorio preventivo (ossia per gli atti c.d. automatizzati che dovranno essere individuati con futuro decreto).

Sul piano meramente procedurale, soprattutto in ottica di eventuale impugnazione, sono due gli scenari che si configurano.

    Nel caso in cui al contribuente sia stato notificato avviso di accertamento o di rettifica, ovvero atto di recupero, per i quali non si applica il contraddittorio preventivo, è possibile formulare anteriormente all’impugnazione dell’atto innanzi alla Corte di giustizia tributaria di primo grado, istanza di accertamento con adesione, L’istanza di adesione è proposta entro il termine di presentazione del ricorso e continua a sospendere i termini per la produzione dello stesso di 90 giorni. Dunque solo per tali atti, che dovranno essere individuati con il futuro decreto, si mantiene l’assetto temporale oggi conosciuto per la relativa impugnazione, sommandosi ai canonici 60 giorni i 90 previsti per la procedura di adesione ed eventualmente i 31 della sospensione feriale.

    Nel caso invece di avviso di accertamento o di rettifica, ovvero atto di recupero, per i quali si applica il contraddittorio preventivo, il contribuente può formulare istanza di accertamento con adesione, entro 30 giorni dalla comunicazione dello schema di atto. Non essendosi in presenza di un atto impugnabile, nulla accade in ordine alla tempistica di produzione del ricorso, dovendosi però ricordare che in questa ipotesi la fase del contraddittorio è stata già anticipata e svolta e dunque, una volta conclusa con esito negativo e ricevuto l’atto impugnabile, la stessa non è replicabile. E’ importante evidenziare, comunque, che non è più attribuita all’ufficio la possibilità di avviare una fase di adesione ex d. lgs. 218/97, potendo solo il contribuente eseguire una decisione in questa direzione (quindi il contraddittorio preventivo è espletato sempre ai sensi dello statuto del contribuente e non impedisce, successivamente al contribuente, di eseguire la fase di adesione).

In particolare, il contribuente può decidere di non eseguire l’adesione rispetto allo schema d’atto ma di presentare istanza di accertamento con adesione nei 15 giorni successivi alla notifica dell’avviso di accertamento o di rettifica ovvero dell’atto di recupero, anche se questo è stato preceduto dalla comunicazione dello schema di atto. In tale ultimo caso, il termine per l’impugnazione dell’atto innanzi alla Corte di Giustizia tributaria è sospeso per un periodo di 30 giorni. Per esplicita previsione normativa, nel caso in cui il contribuente abbia presentato istanza di accertamento con adesione successivamente alla notifica dell’avviso di accertamento o di rettifica, ovvero dell’atto di recupero, che sia stato preceduto dal contraddittorio preventivo, l’ufficio, ai fini dell’accertamento con adesione, non è tenuto a prendere in considerazione elementi di fatto diversi da quelli dedotti con le eventuali osservazioni presentate dal contribuente nel medesimo contraddittorio preventivo e comunque da quelli che costituiscono l’oggetto dell’avviso di accertamento o rettifica ovvero dell’atto di recupero.

La rinuncia alla proroga covid

Trattasi del tema più delicato. Per il 2017, anno in scadenza, non se ne parla: gli uffici continueranno a fruire di detta proroga con buona pace del relativo contenzioso (che, come detto, ha avuto finora esiti alterni nelle valutazioni delle corti di giustizia di merito interpellate). Sul 2018, la comunicazione interna dell’agenzia delle entrate invita gli uffici a farne a meno (della serie, proviamo ad evitare di farci contestare tale elemento di legittimità). Si badi, non esiste alcun intervento normativo o interpretazione ufficiale, ma solo una sorta di consiglio procedurale e questo significa che:

    Da un lato gli uffici continueranno a difendere strenuamente le notifiche fatte fruendo della proroga covid (dunque prepariamoci ad un lungo contenzioso di legittimità);

    Dall’altro, per il futuro, il problema dovrebbe essere bypassato da una migliore organizzazione, con notifiche entro fine anno.

Anche sul punto non resta che attendere le future evoluzioni.

Conclusioni (amare)

Con è dato sapere cosa sia successo. La sensazione classica è di due diversi estensori della norma, che forse non erano amici prima e ora lo sono anche meno, avendosi la necessità di qualcuno che metta pace (ossia di una bella norma interpretativa che gestisca questo caos).

Il contenzioso è dietro l’angolo.

Per gli atti fino al 30 aprile 2024, è sufficiente pensare all’ipotesi di non applicazione dello statuto del contribuente (e l’auspicio è che gli uffici abbiano un approccio cauto). Per gli atti successivi alla fatidica data del 30 aprile 2024, l’incrocio con le tempistiche di produzione dei ricorsi, in aggiunta alla possibilità di produrre istanze di adesione, rischia di far esplodere le contestazioni di tempestività dei ricorsi medesimi.

La sola certezza è che, come al solito, si è riusciti a far peggio di come si stava prima. Non si comprende se questo sia il frutto di una strategia precisa, oppure è proprio ormai insito nelle capacità di chi legifera. Certo è che in Italia, soprattutto in ambito fiscale, una cosa semplice non siamo proprio in grado di farla. Probabilmente è l’insita volontà di resistere all’intelligenza artificiale e possiamo sicuramente affermare che anche da questo punto di vista la sfida è vinta, perché al massimo potrebbe partorirsi un “ingarbugliatore artificiale”. Non resta che attendere (s)fiduciosi, nella consapevolezza che di sicuro non si è toccato il fondo, data l’innata capacità nostrana di continuare a scavare per andare oltre! Ad maiora…

Ufficio stampa Confprofessioni

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