Il ministro Franco: superbonus non per sempre.
Rivoluzione casa, cosa cambia
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Il superbonus al 110% non sarà eterno e la riforma fiscale sul catasto rappresenterà una sorta di esercizio di mappatura disponibile nel 2026 ma senza alcun effetto immediato. L’audizione nelle Commissioni riunite Bilancio di Senato e Camera sulla Nadef (Nota di aggiornamento sul Documento di Economia e Finanza) del ministro dell’Economia, Daniele Franco, diventa l’occasione per fare il punto sui principali dossier su cui è concentrato il governo Draghi.
Il numero uno del Tesoro fa capire che una serie di misure e strumenti messi in campo nella fase pandemica non potranno durare per sempre. È il caso appunto dell’incentivo che sta trainando l’edilizia. «Il superbonus non è sostenibile nel lungo periodo e quindi non può essere strutturale», mette in chiaro Franco. Dopo la fase espansiva per contrastare gli effetti pandemici, del resto, bisognerà tornare a prestare attenzione ai bilanci.
«I tassi di interesse non saranno bassi per sempre – sottolinea non a caso il titolare del Mef –, serve prudenza in chi gestisce le politiche nazionali ad avere politiche di bilancio che tengano conto che si investirà a tassi più alti nel futuro».
Proprio in ottica conti pubblici, il superbonus per esempio ha «un costo stratosferico» e va considerato che «se lo Stato paga integralmente o più che integralmente la spesa l’effetto sui conti e sul debito è serio». Una valutazione andrà fatta anche sul cashback, «strumento che è stato molto importante per muovere verso i pagamenti elettronici e contenere l’evasione, ma c’è un’analisi costi-benefici da fare».
Nessun effetto immediato, invece, ribadisce Franco, è previsto dalla riforma del catasto. «Nel 2026 poi verrà utilizzato da chi vorrà utilizzarlo, ma adesso è per capire lo stato del nostro patrimonio immobiliare». Uno dei punti fermi dell’esecutivo – su cui ha insistito anche Mario Draghi – è che la riforma del catasto non porterà ad un aumento delle tasse sulla casa.
La legge delega sulla riforma fiscale, piuttosto, è stata presentata come un’operazione trasparenza che porterà alla previsione di nuove rendite catastali, non applicabili ai fini fiscali nei prossimi cinque anni. In pratica, si punta a far emergere ciò che finora è sconosciuto e a classificare in modo congruo ogni bene immobile. Nella bozza del provvedimento si prevede infatti l’individuazione di un nuovo sistema di rilevazione catastale, ai fini del corretto classamento di immobili, terreni e immobili abusivi.
Non cambierà nulla per le tasse, ma ci sarà «un’integrazione delle informazioni presenti nel catasto dei fabbricati in tutto il territorio nazionale», si legge. Ciò si tradurrà in pratica con l’attribuzione a ciascun immobile, accanto alla rendita determinata secondo la normativa vigente, anche il relativo valore patrimoniale e una rendita attualizzata parametrata ai valori di mercato. I valori patrimoniali saranno adeguati periodicamente, così come le rendite delle unità immobiliari urbane, seguendo le modifiche delle condizioni di mercato.
Per le unità immobiliari riconosciute di interesse storico o artistico si prevederanno adeguate riduzioni del valore patrimoniale che tengano conto degli oneri di manutenzione e conservazione nonché del complesso dei vincoli legislativi alla destinazione, all’utilizzo, alla circolazione giuridica e al restauro.
Oltre alla revisione dei valori catastali, ci sarà anche un’innovazione degli strumenti di controllo, ad esempio per facilitare la condivisione dei dati e dei documenti, in via telematica, tra l’Agenzia delle Entrate e i competenti uffici dei Comuni. Il testo prevede una modifica alla disciplina relativa al sistema di rilevazione catastale di terreni e fabbricati per facilitare l’individuazione ed, eventualmente, il corretto gli immobili attualmente non censiti (o che non rispettano la reale consistenza di fatto), i terreni edificabili accatastati come agricoli e gli immobili abusivi.
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