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Irap e liberi professionisti

L'interpretazione del requisito dell'autonoma organizzazione nella casistica giurisprudenziale più recente

Irap e liberi professionisti

L’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) è dovuta per l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi.

La disciplina del tributo, contenuta negli artt. da 1 a 45 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, individua come soggetti passivi dell’IRAP gli esercenti attività d’impresa e lavoro autonomo, operanti sia in forma individuale che associata, gli enti non commerciali privati nonché le amministrazioni ed enti pubblici.

Assai controversa è l’assoggettabilità alla suddetta imposta per i liberi professionisti che rientrano tra i soggetti passivi dell’Imposta regionale sulle attività produttive.

L’art. 2 comma 1 del D.Lgs n. 446 del 1997 dispone che: “Presupposto dell’imposta è l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi”. Quindi requisito essenziale ai fini dell’applicazione dell’imposta è la presenza della c.d. autonoma organizzazione.

Come già affrontato nei precedenti articoli sul tema, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con le note sentenze n. 12108, 12109, 12110, 12111 del 28 maggio 2009 ha elaborato il seguente principio di diritto : “(…) il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui”.

Tale principio è stato ripreso dalla Suprema Corte a Sezioni Unite con la sentenza n. 9451 del 10 maggio 2016 che rigettava il ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria rilevando l’insussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione in capo al libero professionista in quanto, per lo svolgimento dell’attività professionale, egli si avvaleva solo di un lavoratore dipendente avente la mansione di segreteria e di beni strumentali minimi.

Numerose sono le pronunce giurisprudenziali che adottano l’orientamento maggioritario espresso dalla Corte di Cassazione.

La Commissione Tributaria Regionale Lombardia (Presidente Nocerino – Relatore Vicini), ad esempio, con l’interessante sentenza n. 3052/2020 ha affrontato una questione riguardante l’impugnazione da parte di una libera professionista, esercente l’attività di avvocato, del diniego di rimborso relativo all’ Irap versata per un’annualità.

La ricorrente evidenziava che la propria attività veniva svolta con l’esclusivo apporto del proprio lavoro presso uno studio legale con l’ausilio dei soli beni strumentali necessari per esercitarla adeguatamente e quindi di aver svolto la stessa in assenza di qualsiasi struttura organizzata esterna capace di produrre valore aggiunto.

Nel caso di specie, secondo l’amministrazione finanziaria, vi erano sufficienti elementi che inducevano a ritenere l’esistenza in capo alla contribuente di una struttura autonomamente organizzata, quali: spese non irrilevanti per immobili, per lavoro dipendente, per compensi a terzi.

Secondo i giudici lombardi, però:“ (…) le spese ed i compensi erogati a terzi, denunciati dalla contribuente, risultavano essere assolutamente nella norma, laddove è usuale per un avvocato, ad esempio, avvalersi di consulenti ed esperti per i casi a lui affidati in ambito professionale”.

Ancora. La Corte di cassazione, con ordinanza n. 29206 del 21 dicembre 2020, ha respinto il ricorso per cassazione promosso dall’Amministrazione finanziaria contro la decisione con cui la CTR aveva accolto l’impugnazione di un avvocato contro il diniego oppostogli dall’amministrazione finanziaria alrimborso dell’imposta Irap.

Per l’Agenzia ricorrente, in particolare, il fatto che la contribuente esercitasse l’attività professionale in uno studio condiviso con altri e che avesse corrisposto ad un collega compensi per circa 25mila euro, unitamente alla circostanza che, in base agli studi di settore, fossero presenti degli ammortamenti per beni strumentali, erano tutti elementi che dimostravano l’esistenza di unaorganizzazione in grado di accrescere l’apporto del singolo professionista a prescindere dalla formale costituzione di un organismo associativo. La Corte ha precisato che: “In tema di IRAP, l’elevato ammontare dei ricavi, dei compensi e delle spese, anche per beni strumentali, non integra di per sé il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione”. La sottoposizione ad IRAP è determinata dall’esistenza di una struttura predisposta dal professionista con personale da lui dipendente, e non anche quando il professionista operi all’interno di uno studio altrui o quando vi sia da parte del professionista corresponsione di compensi ad altro professionista.

Infine, la Cassazione con la recentissima ordinanza n. 10710 del 22 aprile 2021 ha richiamato il principio affermato dalla stessa Corte secondo cui l’attività del commercialista non è soggetta ad IRAP se manca l’autonoma organizzazione che, di contro, sussiste solo se il professionista adopera beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile ovvero ricorre in modo non occasionale al lavoro di terzi. La Corte ha, inoltre, sottolineato che in tema IRAP non sono da considerarsi indicativi del presupposto dell’autonoma organizzazione i compensi corrisposti da un avvocato per le domiciliazioni presso colleghi, trattandosi di prestazioni strettamente connesse all’esercizio della professione forense, esulando quindi dall’assetto organizzativo della relativa attività.

Pertanto, secondo i principi elaborati dalla Corte di Cassazione deve ritenersi che avvalersi di prestazioni altrui di per sé non giustifica la sussistenza dell’autonoma organizzazione da parte del professionista ed è necessario che il giudice accerti concretamente, caso per caso, la natura e la rilevanza dell’attività svolta da terzi collaboratori.

Fonte: Altalex

 

 

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