L’Africa raccontata dagli italiani che vivono lì
Stimolante chiacchierata al PalabancaEventi di Picenza tra l’on. Muscardini, autrice del libro “Safari”, e il filosofo Stefano Zecchi
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«Un libro curioso, piacevole da leggere, in parte biografico, che dà una visione dell’Africa cogliendo le sensibilità di italiani che lì vivono» (Stefano Zecchi); «I libri, come i film, raccontano la nostra vita vista dagli altri. La mia ultima fatica editoriale fa questo: testimonia la quotidianità di chi ha deciso di spostare le proprie esistenze in Kenya piuttosto che in Tanzania. Perché l’ho scritto? Non c’è una ragione legata a un progetto, è nato per caso, con lo scopo di lanciare messaggi utilizzando le altrui esperienze» (Cristiana Muscardini).
Questi alcuni flash del dialogo tra il filosofo-scrittore e l’ex europarlamentare autrice del volume Safari – Viaggio nella vita di italiani in Africa (Ed. Gruppo Albatros-Il Filo), presentato al PalabancaEventi (Sala Panini) per iniziativa della Banca di Piacenza. Istituto ringraziato dall’on. Muscardini, che ha mandato un saluto – alla memoria – a Corrado Sforza Fogliani, definito «Presidente in eterno», ricordato anche dal vicepresidente della Banca Domenico Capra nel suo intervento di saluto. L’autrice (esperta di questioni europee, di ambiente e terrorismo, studio a Milano ma Valtrebbia come rifugio, dove vive con Mario e Anastasia e gli inseparabili cani – Luna, Tatanka, Evita, Sirio – e gatti – BobBon, Neve, Mao Mao), assecondando le sollecitazioni del prof. Zecchi, ha spiegato la grande differenza tra europei e africani: «Noi europei, pur avendo storie in comune, siamo sì diversi ma cerchiamo di restare uniti nelle diversità. In Africa non è così: le religioni hanno creato fratture spaventose».
L’ex docente di Estetica ha posto quindi l’accento sulla nuova colonizzazione dell’Africa da parte della Cina. «E’ un problema gravissimo», ha risposto l’autrice, spiegando che «la Cina ha fatto lì investimenti colossali in infrastrutture, di cui poi rimane proprietaria e da cui pretende un ritorno. Gestisce le attività industriali e paga gli operai africani 1 dollaro al giorno, creando tensioni sociali che spesso sfociano in sommosse. E qui l’Europa non è esente da responsabilità, avendo lasciato troppo spazio allo strapotere cinese».
Il prof. Zecchi ha osservato come nel libro si trovino delle sottolineature che spiegano l’esistenza non di una sola Africa, ma di più Afriche che faticano a rapportarsi con la nostra cultura e che vivono situazioni esplosive, come l’ultimo conflitto Hamas-Israele dimostra. Durante l’incontro è stato anche approfondito un altro aspetto: molto spesso si giudicano le cose secondo il nostro parametro di democrazia, «ma la democrazia – ha rimarcato l’on. Muscardini – non la puoi portare da fuori, deve crescere all’interno dei popoli. Il mondo arabo ha bisogno di pane, di speranze di una vita migliore. È difficile, però, che possano accettare il nostro modo di vivere. Il momento è molto difficile: bisognerebbe dare a milioni di giovani qualcosa di diverso dall’integralismo. Ma è sbagliato aiutare direttamente i governi, che usano i soldi per scopi personali».
Netto il giudizio del prof. Zecchi sulla colonizzazione dell’Africa da parte dell’Occidente («volgare e falsa»); l’illustre ospite si è chiesto: «Ma non li possiamo lasciare in pace? Loro stanno bene così. Invece in noi prevale la volontà di imporre un’idea di vita, di bene, perché continuiamo a pensare che ci devono guardare come persone che hanno qualcosa da insegnare». Una posizione che ha trovato d’accordo anche la dott. Muscardini, al netto della precisazione che «è giusto offrire tecnologia e istruzione senza imporre modelli», e lasciando ai presenti, in chiusura, questa suggestione: «Non ho mai visto un bambino africano piangere».
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