Anno: XXV - Numero 214    
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L’VIII rapporto Censis e i numeri dell’Avvocatura nel 2023

Ieri il Censis ha presentato a Roma, presso l’auditorium di Cassa Forense, l’VIII Report dell’Avvocatura italiana.

L’VIII rapporto Censis e i numeri dell’Avvocatura nel 2023

Penso che leggere le considerazioni di sintesi e conclusioni possa essere alla portata di tutti.

«8. – Considerazioni di sintesi e conclusioni

Il denominatore comune, che ha caratterizzato trasversalmente le diverse tipologie di analisi del Rapporto 2024, può essere identificato nel rintracciare quegli elementi che stanno spingendo il cambiamento nella professione.

Il “passo dell’innovazione” e quel fattore che determina anche la qualità dell’uscita da un periodo fortemente critico come quello iniziato a partire dalla pandemia e che e continuato anche in questi anni, a causa delle tante crisi che si sono succedute e che hanno creato uno stato di incertezza generale.

Il “lento movimento” di maturazione delle scelte, che sta interessando diverse componenti della professione, e in parte conseguente alla grande incertezza che si e dispiegata fino ad oggi e che non appare ancora in fase di superamento. E anche effetto di numerosi processi di riforma e di cambiamento rimasti disattesi o i cui risultati sono restati decisamente al di sotto delle aspettative degli avvocati (dall’equo compenso a tutti i tentativi di riassetto del sistema della Giustizia, fino al Pnrr). E evidente che l’insieme dell’Avvocatura, nelle lunghe fasi di crisi, abbia accumulato distanze e differenze al proprio interno e fra le tante componenti di professionisti; ed e altrettanto evidente che in molti casi queste distanze e queste differenze non siano percepite come un elemento dirompente per la coesione interna alla professione. Del resto, non e poi cosi scontato che la coesione interna sia un valore oggi fondante e irrinunciabile per chiunque eserciti la professione di avvocato.

I dati più significativi, raccolti in questo Rapporto, riflettono in buona parte questo stato di cose:

  • si riduce, nel 2023, dell’1,3% il numero degli iscritti alla Cassa, ma in diverse regioni del Paese il numero di avvocati per mille abitanti resta uguale o superiore a sei (6,5 in Calabria, 6,0 in Campania, contro una media nazionale pari al 4,0 per mille);
  • la quota delle donne avvocato sul totale torna, nel 2023, al 47,1% e riporta la distribuzione fra uomini e donne avvocato a dieci anni fa, e cioè al 2014;
  • sale a 49,3 anni l’età media degli avvocati, ormai lontano dal dato dell’intera popolazione che e pari a 46,4 anni; nello stesso tempo, il tasso di dipendenza (il rapporto fra avvocati attivi e pensionati) scende al 6,7; era 7,7 nel 2019; il numero dei pensionati e cresciuto nel 2023 del 4,5%;
  • l’anno passato ha registrato 8.043 cancellazioni fra gli iscritti a Cassa Forense; 6.193 le nuove iscrizioni, ma il saldo e negativo per 1.650 unita. 5.408 le cancellazioni da parte di donne avvocato, la metà circa con un’anzianità professionale inferiore ai 10 anni;
  • l’area della criticità della professione interessa oggi il 54,6% degli avvocati, in leggera diminuzione rispetto al 2023; al Sud e intorno al 60%; per il 50,2% le prospettive 2024-2025 restano stabili, per il 27,9% non saranno positive;
  • il 34,6% lascerebbe la professione; i costi eccessivi e il basso ritorno economico le cause della propensione all’abbandono.

A fronte di queste indicazioni, se ne colgono altre che rimandano il segnale di una situazione comunque in movimento, anche se permangono toni di carattere difensivo e conservativo:

  • i redditi medi annui crescono del 5,4% fra il 2021 e il 2022 e in parte riescono a conservare il potere d’acquisto della categoria, esposto come altre agli effetti dell’inflazione;
  • sempre fra il 2021 e il 2022 si e consolidato il rimbalzo della ripresa che ha avuto avvio alla fine del 2021: al Sud, fra i giovani e fra le donne avvocato si riscontra un tasso di crescita dei redditi annui superiore alla media (rispettivamente: +8,1% fra le donne 30-34enni e +11,6% fra le 35-39enni; +7,5% al Sud e +9,5% in Calabria);
  • nell’ambito dell’assetto normativo della professione, gli avvocati sollecitano: una regolamentazione della figura dei collaboratori di studio senza pero trasformare il professionista in un lavoratore subordinato (e d’accordo il 48,6% degli avvocati); una revisione delle incompatibilità con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato (35,2% e d’accordo); estensione dell’esclusività dell’attività dell’avvocato in tutti quegli ambiti in cui può sorgere un contenzioso (46,3%);
  • l’intelligenza artificiale e percepita dagli avvocati come un’opportunità piuttosto che una minaccia: lo afferma il 58,7% dei professionisti;
  • la quota dell’attività stragiudiziale sul totale del fatturato dei professionisti e in media pari al 40,8%; nello stesso tempo il 67,2% afferma che l’ADR obbligatoria allunga i tempi e i costi della giustizia, mentre il 45,9% concorda con il fatto che l’ADR riduce il ruolo degli avvocati e della giurisdizione;
  • ampia e l’area di scetticismo sul raggiungimento degli obiettivi previsti dal Pnrr sulla riforma della Giustizia: il 29,7% non crede che la riforma del processo civile verrà portata a compimento nei tempi previsti; un altro 35,1% afferma che gli obiettivi saranno raggiunti solo in parte.

Ma forse i più chiari segnali di cambiamento nella professione possono essere individuati dall’esperienza degli studi strutturati, che in questo Rapporto hanno trovato uno spazio di approfondimento specifico. Fra questi emerge soprattutto un fattore comune, rappresentato dalla consapevolezza del valore della condivisione delle competenze ed esperienze professionali che costituisce il motivo fondamentale della scelta dello studio strutturato.

Tale consapevolezza deriva da motivazioni di diversa natura che sono riconducibili a:

  • una natura sempre più complessa e articolata della domanda di servizi in campo legale, che richiede la collaborazione e l’intervento di competenze integrate e diversificate; la predisposizione, un approccio soggettivo e le preferenze personali verso modelli collettivi e condivisi dell’attività professionale;
  • una maggiore sicurezza, non solo di carattere economico, ma anche operativo, nella gestione delle pratiche e dei servizi offerti;
  • la possibilità di consolidamento e di gestione efficiente per far fronte alla variabilità del mercato, garantite maggiormente da una struttura organizzata rispetto a quanto si realizza in uno studio tradizionale dipendente dalla figura e dall’autorevolezza del singolo professionista;
  • l’opportunità di definire un’identità più riconoscibile e riconosciuta verso l’esterno sui temi centrali attorno ai quali si sviluppa l’offerta di servizi dello studio;
  • infine, e forse più importante di tutte, la convinzione di poter offrire alla committenza un servizio che garantisca un maggiore livello di qualità complessiva.

Su questa traccia varrà la pena di verificare in futuro la capacita di attrazione del modello degli studi strutturati e controllare se il “lento movimento” di cui si e parlato in questo Rapporto abbia acquisito un passo più deciso verso l’innovazione». (Fonte: Rapporto sull’Avvocatura 2024, il passo dell’innovazione e una ripresa da consolidare, a cura di Cassa Forense in collaborazione con Censis, aprile 2024).

E veniamo ora ai numeri dell’avvocatura nel 2023.

Gli iscritti a Cassa Forense al 31.12.2023 sono 236.946, in flessione dell’- 1,3%, rispetto al – 0,1% del tasso annuo di crescita della popolazione residente.

Aumenta la forchetta tra uomini (52,9%) e donne (47,1%).

I dati reddituali anno 2022 sono i seguenti:

– “fantasmi” (cioè Modello 5 non pervenuto): 14.536

– iscritti con reddito inferiore a € 35.000,00: 150.515

– reddito irpef medio 43.887 (di cui 59.079 uomini e 28.470 donne)

– pensionati: in totale sono 33.170, importo medio della pensione di vecchiaia pari a € 42.574,00 (di cui € 43.896,00 per gli uomini e 34.615,00 per le donne)

Le pensioni contributive in totale sono 2.055 e l’importo medio della pensione contributiva è di € 5.246,00 annui.

Il passaggio al criterio di calcolo contributivo della pensione comporterà una diminuzione del tasso di sostituzione.

Per ragioni di sostenibilità Cassa Forense ha già scaricato sugli iscritti la polizza LTC.

 

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