Monfalcone, Italia. Laddove l'integrazione fallisce, la razza entra nelle urne
Viaggio nel paese friulano dove un terzo della popolazione è straniera. Dove la Lega cavalca (e spesso vince) con le teorie della sostituzione etnica e dove di conseguenza nasce una lista politica di soli stranieri, supportata da Aboubakar Soumahoro. La storia di Bou Konate
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Bisogna andare nei cantieri navali di Monfalcone per capire cosa abbia spinto Bou Konate, un ingegnere di origine senegalese, sessantenne, con studi a Trieste, e ben radicato nella politica locale, ex assessore di centrosinistra nei primi anni duemila, presidente onorario della moschea irregolare di Monfalcone, a capeggiare la prima lista ‘islamica’ d’Italia – c’è un precedente a Magenta, nel 2021, ma non elesse nessuno – o per meglio dire la prima lista integralmente composta da cittadini italiani di origine straniera. Bisogna sapere come si guadagna il lavoro nei grandi cantieri navali che un tempo erano ‘rossi’, brulicanti di lavoratori italiani sindacalizzati e granaio di voti per il Partito comunista. E ora sono feudo di bengalesi, indiani e senegalesi, soci lavoratori di cooperative in appalto, subappalto e via dicendo, con non rari casi di caporalato ed estorsioni tra gli stessi immigrati (tutto documentato dalla Guardia di finanza). Il tutto per una paga che da sempre è magra, ma che in queste condizioni è ridotta all’osso.
Cantieri che danno lavoro, sì, ma Monfalcone è una delle città più povere del ricco nord, la provincia del Friuli Venezia Giulia col reddito procapite più basso. Quasi 30mila residenti, di questi 9.581 stranieri, il 31,9 per cento della popolazione. Bisogna andare lì, perché a parte Konate, i 18 candidati della lista Italia Plurale ruotano in un modo o nell’altro intorno ai cantieri. Come il capolista Jahirul Islam, che non vuole sentire parlare di lista ‘islamica’. “Io sono monfalconese, poi sono italiano e sono islamico. La costituzione mi dà diritto di voto e io voglio sfruttarlo. Non esiste una lista elettorale a nome dell’Islam. Queste sono teorie immaginarie”, si difende, replicando alla propaganda della destra.
Gli operai della cantieristica vogliono diritti. Pensano ai figli. “Vogliamo una Monfalcone unita – dice ancora Jahirul – dove i giovani abbiano le stesse opportunità, senza barriere”. Il clima in città è pesante. Nel marzo del 2023 8mila persone scesero in piazza dietro a uno striscione “Siamo tutti monfalconesi”, per rivendicare il diritto di culto. Il tentativo di ottenere il riconoscimento di una moschea, o anche solo un centro di preghiera, è stato contrastato dal Comune, e ora pende in due distinti giudizi al consiglio di stato. I vigili urbani – denunciano gli attivisti del centro islamico Darus Salaam, quello presieduto da Konate – vanno a schedare i frequentatori. A febbraio, la città si è divisa sul caso di alcune studentesse dell’istituto professionale per il turismo. Andavano a scuola col niqab, col risultato che non erano riconoscibili. Il centrodestra ha approvato una legge regionale che vieta l’uso del velo in luoghi pubblici. Per la cronaca, il dirigente scolastico si è inventato una soluzione all’italiana: le fa riconoscere dalle bidelle prima dell’ingresso in un’aula appartata, poi loro si rimettono il velo integrale ed entrano in classe.
Da 18 anni la città è amministrata dalla destra, che qui si chiama Anna Maria Cisint, appena eletta europarlamentare della Lega, ma sindaco per 8 anni e leader indiscussa ancora adesso della coalizione locale. Alle prossime amministrative, il 13 e 14 aprile, si candida consigliera comunale con una lista civica (Cisint per Monfalcone) a sostegno del suo ex assessore al marketing Luca Fasan, appoggiato anche da Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Popolo della Famiglia, il partito pro vita di Mario Adinolfi. Poi c’è il centrosinistra, che candida il capogruppo in consiglio regionale Diego Moretti, esponente del Pd, e infine Italia Plurale, la lista di Konate, ma anche il primo tentativo di Aboubakar Soumahoro di fondare un partito a base etnica. Ma di questo diremo poi.
Tocca ritornare ai cantieri, per capire come Konate da tranquillo assessore del centrosinistra ufficiale sia diventato una specie di Malcom X del Friuli, per dare ascolto ai giornali della destra. Per capirsi, nel 2001 quando aveva 38anni, Konate era appena stato nominato in giunta ai lavori pubblici. La città iniziava a trasformarsi, i cantieri cominciavano a popolarsi di lavoratori stranieri. Lui rivendicava di essere stato nominato “in virtù della formazione professionale, per ricoprire un ruolo tecnico”. Era arrivato in Italia nel 1984 e aveva studiato con borse di studio italiane e canadesi. Ha poi lavorato come responsabile di un’azienda del settore ambientale. Poco dopo l’11 settembre, lui, ‘l’assessore che crede in Allah’, come titolavano i giornali, diceva: “I monfalconesi sono persone mentalmente molto aperte. Vengono in Comune a dirmi “bravo, crediamo in lei” e lui stesso ricordava di non frequentare “un centro islamico di riferimento fisso. Io vado a Trieste o a Udine, senza settarismi. Come tutti i musulmani che conosco”, diceva. Ventiquattro anni dopo, invece, è il leader della comunità islamica locale, presidente dell’associazione che è il punto di riferimento indiscusso. Predicava l’integrazione, contro la divisione del mondo in Nord e Sud. Ma oggi guida una lista di 18 candidati tutti stranieri. Alcuni dei quali fanno campagna elettorale con video in arabo e bengalese. E citano il Corano per convincere gli elettori, come Abdul Aziz: “Non importa quanto gridi. Inshallah. Avanti senza paura”. Altri come Jahirul Islam, chiedono un cimitero musulmano, “perché così non appenderanno più piedi di porco alle nostre tombe”.
Contattiamo telefonicamente Konate. Ingegnere, cos’è cambiato in questi 20 anni? “Io sono sempre la stessa persona, ma Monfalcone ha fatto passi da gigante all’indietro. Invece dell’integrazione, abbiamo una situazione in cui ci sono cittadini di serie A e di serie B. Una persona su tre a Monfalcone è di origine straniera, ma non abbiamo neppure un centro di preghiera riconosciuto. La destra che ha governato in questi anni ha lucrato sulla paura degli italiani e ci ha ghettizzato”.
La settimana scorsa il Comune ha impedito la preghiera in piazza per il Ramadan. “E’ un esempio, ma ce ne potrebbero essere altri. Io mi chiedo: cosa c’è di strano in una lista di cittadini italiani che sono di origine straniera? La vera cosa strana è che nelle liste della destra non ce ne sia neppure uno, quando noi siamo più di un terzo della popolazione e almeno per un motivo statistico uno doveva esserci. Questo è discrminatorio. E poi – aggiunge – noi abbiamo chiesto agli italiani di candidarsi nella lista. Ma hanno rifiutato. Stavo costruendo una candidatura con alcune formazioni di sinistra, poi il candidato si è ritirato, e abbiamo fatto questa lista. A quel punto di italiani non è rimasto neppure uno. Perchè?” Anche il Pd vi ha chiuso le porte in faccia? “Sì il Pd ha paura dei nuovi cittadini. Abbiamo chiesto un apparentamento con loro, ma temono che gli facciamo perdere voti”.
Possibile? Chiediamo al candidato del centrosinistra, Diego Moretti. Per inciso: il capogruppo dei dem in consiglio regionale ha nella foto profilo Aldo Moro. Per lui il compromesso dovrebbe essere una missione. E invece. Perchè avete rifiutato l’accordo con la lista di Bou Konate? “Perché non condividiamo l’operazione politica. Noi – spiega Moretti – non diciamo che la sua è una lista islamica. Ma che è una lista etnica sì, questo lo diciamo a chiare lettere. In questo modo offre involontariamente una sponda alla destra, che grida alla sostituzione etnica e alimenta il radicalismo. Che ci accusa di essere un partito filoislamico, quando noi proponiamo solo l’integrazione. Nelle nostre liste abbiamo 5 candidati di origine straniera”. A guastare i rapporti coi dem, un episodio a suo modo emblematico dell’aria che tira a Monfalcone. Novembre scorso, già si ragionava di elezioni. Il consiglio regionale decide di audire rappresentanti della società civile sul caso della città cantieristica, con la più alta percentuale di cittadini stranieri. La comunità islamica vuole esserci. Bou Konate va in consiglio e si fa accompagnare da un paio di conoscenti che frequentano il centro islamico. Uno dei due, Kabir Miah, ha scontato una condanna a tre anni per caporalato. Lui non ne era a conoscenza. Ma quando la notizia si diffonde, il Pd lo scarica. “È un errore senza se e senza ma”. Salta anche la candidatura.
Insomma si ritorna sempre ai cantieri navali. La ricchezza appannaggio dei “nuovi italiani” è relativa e problematica. Monfalcone lavora, ma la paga è bassa e i servizi contesi coi vecchi italiani. “Vogliamo unire Monfalcone, non la vogliamo dividere – dice Konate – i problemi nei cantieri ci sono ma spetta alla magistratura individuarli. Quanto alle cose che si sono dette – che vogliamo la poligamia, o legittimare il velo islamico – fanno ridere: ci sono le leggi dello Stato. Le rispetteremo. Cercheremo invece di fare politiche che accomunino italiani vecchi e nuovi. E con Fincantieri vogliamo ristabilire un rapporto organico, per quel che compete al Comune: collaborare nella ristrutturazione degli spazi, creare infrastrutture che servano a tutti. Tutto tranquillo”. Che la lista Italia Plurale possa vincere è arduo. Anche se gli italiani di origine straniera sono quasi 10mila, tutti in regola col permesso di soggiorno. Ma gli elettori devono avere la cittadinanza italiana. E sono solo 900. In caso di ballottaggio saranno comunque voti importanti. Ed è quasi certo che Italia Plurale eleggerà uno o due consiglieri.
Dunque esagera fortemente la destra, che chiama in causa Pino Rauti e grida alla sostituzione etnica. “Una lista islamica vuole portare la sharia nelle istituzioni. Noi stiamo combattendo per avere un futuro come popolo. Perché l’obiettivo della radicalizzazione è sostituire il popolo italiano”, dice Anna Maria Cisint, dimentica del fatto che grazie ai nuovi italiani i cantieri navali di Monfalcone hanno un presente e avranno un futuro. Chi si gode la scena, è Aboubakar Soumahoro. L’ex parlamentare di Avs testa nella città friulana Italia Plurale, il partito che ha fondato nel 2024. Potrebbe far perdere il centrosinistra al primo turno. O risultare decisivo al ballottaggio. E se funziona a Monfalcone, replicare altrove e diventare una nuova spina nel fianco del centrosinistra. Potrebbe sembrare una vendetta nei confronti della coalizione che prima lo ha candidato e poi lo emarginato, dopo i guai giudiziari suoi e della famiglia. E lo è.
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