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Non è un paese per (giovani) professionisti

L'articolo di Isidoro Trovato pubblicato da L'economia del Corriere della Sera il 1° agosto 2022 I lavoratori indipendenti sono sempre più anziani. Mentre i clienti chiedono una relazione continua usando le nuove tecnologie digitali

Non è un paese per (giovani) professionisti

Dal 2009 a oggi il mondo delle libere professioni ha innalzato la sua età media: gli under 34 infatti sono diminuiti del 1,5%. Analizzando i dati tra il 2009 e il

2020, l’ intero comparto degli indipendenti fa segnare una riduzione del 10,3% nella quota dei professionisti più giovani. Risulta quindi chiaro l’ innalzamento

dell’ età media dei lavoratori per un mondo che, di contro, sta vivendo una vera e propria rivoluzione digitale.

In una ricerca effettuata da «The European house Ambrosetti» per Confprofessioni, emergono chiaramente nuovi paradigmi delle professioni

nella transizione digitale a cominciare da una virtualizzazione della relazione. Al professionista è richiesto un cambiamento: si passa da una relazione

occasionale diretta con il cliente, con una comunicazione «on-demand» e dunque saltuaria e onerosa (per entrambe le parti) a una relazione

continuativa a costo pressoché nullo ma tramite interfacce digitali che consentono la gestione in tempo reale dei processi.

In pratica il cliente sempre di più chiede la facilità di accesso alla prestazione (ad esempio prenotazioni online), visibilità sulla documentazione disponibile (fatturazione, refertazione) e sull’avanzamento del servizio (per esempio lo stato delle pratiche) oltre a una gestione agevole del post-vendita

(reclami, rimborsi). Ma tutta questa gestione da terzo millennio richiederebbe profili molto giovani ed educati al digitale che invece scarseggiano.

«Indubbiamente – concorda Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni – il digitale, se ben gestito, crea opportunità in termini di riduzione dei costi e dei tempi operativi grazie ad una standardizzazione delle attività di routine, anche nella relazione con il cliente, creando delle interfacce digitali che lo rassicurino e lo tengano aggiornato. Per riuscirci però bisogna puntare a sbloccare gli adeguamenti normativi necessari alle professioni nel loro servizio al Sistema Paese: per esempio in ottica di un ripensamento della normativa sulle aggregazioni tra professionisti, fondamentale per creare uno studio strutturato e multidisciplinare per consentire investimenti digitali di maggiori dimensioni».

Resta il problema del ricambio generazionale. «È un problema che arriva da lontano e ha molte motivazioni – afferma Stella -. Le libere professioni sono meno attrattive del passato per i giovani: si guadagna meno e si ha poca libertà. Ma proprio il digitale può essere la chiave per attrarre i giovani: potranno avere un ruolo più centrale negli studi, grazie alle società tra professionisti potranno diventare più facilmente associati e potranno disporre di maggiore

indipendenza lavorativa.

E, infine, bisogna prevedere negli studi professionali l’ inserimento di professionalità specifiche, per rispondere meglio alle esigenze del cliente e innescare processi diffusi di knowledge sharing, necessari in un mercato sempre più internazionale e privo di confini».

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