Perché non obbligare al vaccino Covid
Nonostante queste incertezze, può essere interessante iniziare a considerare l’eventuale obbligatorietà in Italia di un vaccino anti Covid-19 che sia di ragionevole e documentata efficacia.
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Il vaccino è una grande speranza per superare la drammaticità dei problemi sanitari, sociali ed economici che la pandemia di Covid-19 sta creando in tutto il mondo. A settembre 2020, secondo i dati della Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (Cepi), sono in via di sviluppo almeno 321 differenti progetti di vaccino, dato che testimonia la formidabile capacità inventiva della odierna ricerca. A soli nove mesi dalla caratterizzazione del virus che causa Covid-19, grazie agli sviluppi tecnologici e agli imponenti finanziamenti, 51 di questi progetti hanno già raggiunto la sperimentazione negli esseri umani. È quindi prevedibile che in tempi relativamente brevi, probabilmente mesi, saranno disponibili diversi vaccini anti Covid-19. In effetti, la Russia ha già approvato la vaccinazione di alcune fasce della popolazione con il vaccino studiato dall’Istituto Gamaleya (lo Sputnik V). Anche la Cina ha già iniziato a vaccinare con quattro diversi vaccini le persone coinvolte in alcune mansioni.
Di fronte a questo veloce avanzare dei vaccini anti Covid-19, abbiamo recentemente proposto alcune considerazioni sulla loro eventuale obbligatorietà in Italia, analogamente a quanto avviene con numerosi altri vaccini. Mentre rimandiamo all’articolo originale, pubblicato su Scienza in Rete, intendiamo qui riassumere e rielaborare alcune considerazioni di fondo, partendo dal presupposto secondo cui una densa nuvola d’incertezza che avvolge lo sviluppo dei vaccini anti Covid-19 continuerà ad accompagnare, e per lungo tempo, la loro iniziale disponibilità.
I vaccini che diverranno disponibili in Italia dovranno superare un’approfondita valutazione della loro sicurezza e della loro efficacia protettiva, che avverrà stimando l’incidenza della malattia in numerosi gruppi di persone, vaccinate e non vaccinate. Tuttavia, i tentativi dell’Organizzazione Mondale della Sanità (Oms) di definire gli obiettivi minimi che i vaccini debbono raggiungere per poter essere approvati, basandosi su studi clinici che permettano di valutarne comparativamente l’efficacia, sembrano non avere troppo successo. Non solo il vaccino russo è stato sviluppato e saggiato autonomamente, ma si anche è iniziato a vaccinare prima che la Fase 3 fosse conclusa. Situazioni analoghe riguardano alcuni dei vaccini sviluppati in Cina. I vaccini finanziati dal Governo degli Stati Uniti nel programma Objective Warp Speed saranno valutati comparativamente tra loro, utilizzando criteri non sovrapponibili a quelli indicati dall’Oms.
Differenze tecnologiche nella progettazione e nella via di somministrazione potrebbero rendere alcuni vaccini più adatti nel proteggere particolari fasce della popolazione, nel proteggere verso alcuni aspetti delle complicazioni di Covid-19 o verso eventuali mutazioni del virus, oppure potrebbero influenzare in modo rilevante la durata dell’immunità protettiva e la necessità di richiami ripetuti, oppure influire sui tempi di produzione e sul costo della vaccinazione. Tuttavia, le differenze nei criteri di valutazione renderanno difficile, per lungo tempo dopo la comune disponibilità dei diversi vaccini, stabilire se uno o alcuni siano migliori di altri.
Nonostante queste incertezze, può essere interessante iniziare a considerare l’eventuale obbligatorietà in Italia di un vaccino anti Covid-19 che sia di ragionevole e documentata efficacia.
Gli argomenti a favore dell’obbligatorietà per tutta la popolazione o per alcune fasce (bambini, anziani…), o per addetti a particolari lavori (personale sanitario, insegnanti, persone a contatto col pubblico…), ci sembrano essere molto forti in quanto riguardano la tutela della salute pubblica e, in particolare, delle persone maggiormente suscettibili agli effetti più dannosi della malattia. In secondo luogo, gli argomenti a favore riguardano la mitigazione delle conseguenze sull’economia di una maggiore durata dell’emergenza Covid-19.
È probabile che in Paesi non democratici l’imposizione del vaccino risulterebbe molto efficace. Nel contesto delle democrazie occidentali, invece, l’efficacia di una misura di sanità pubblica va misurata anche in base al grado della sua accettabilità sociale. In questo senso, gli argomenti contrari alla imposizione di una vaccinazione obbligatoria ci sembrano più ragionevoli.
- L’imposizione di un comportamento implica che questo sia assolutamente necessario a raggiungere il fine desiderato, in questo caso l’immunità di gregge. Per raggiungere questo fine potrebbe essere sufficiente documentare, raccomandare e propagandare efficacemente la vaccinazione ai cittadini, anziché obbligarli a vaccinarsi.
- È possibile che i tempi brevi e accelerati con cui, necessariamente, vengono saggiati e prodotti questi vaccini possano far sì che la loro sicurezza non sia così ben accertata come nel caso di altri vaccini sviluppati in tempi molto più lunghi. Idealmente, sarebbe opportuno informare con chiarezza su vantaggi e rischi e lasciare ai singoli la facoltà di scegliere se sottoporsi al trattamento. A questo proposito è interessante notare che le ditte produttrici sono restie a farsi carico di eventuali effetti collaterali che si manifestassero anni dopo la somministrazione del vaccino, considerando che lo stimolo a far presto creato dalla gravità della pandemia ha richiesto una loro messa a punto in tempi assai brevi. Nel caso in cui il vaccino fosse reso obbligatorio sarebbe quindi lo Stato che dovrebbe assumersi la responsabilità di eventuali effetti collaterali tardivi sia sul piano etico sia su quello giuridico.
- L’Italia si è impegnata (ragionevolmente) con il vaccino AstraZeneca, ma si stanno mettendo a punto numerosi e diversi vaccini, sia in Italia sia all’estero. L’eventuale obbligo riguarderebbe il vaccino scelto dall’Italia? E se qualcuno desiderasse vaccinarsi con un vaccino diverso? Per ottemperare a un eventuale obbligo, ci si dovrebbe vaccinare solo col vaccino legalmente accettato e reso obbligatorio? Il vaccino prescelto dallo Stato potrebbe essere fornito gratuitamente o a basso costo mentre gli altri, (comunque registrati nell’Unione Europea) potrebbero essere acquistati privatamente e accettati con valore legale.
- Un altro punto essenziale è relativo alla accettabilità sociale della vaccinazione obbligatoria. Quale sarebbe la reazione di chi è contrario o esitante verso i vaccini? Quali reazioni sui social media, di piazza e politiche si scatenerebbero verso questa nuova imposizione? In Francia si prevede che oltre il 50% della popolazione rifiuterà il vaccino e, secondo un articolo pubblicato pochi giorni fa sul Times, la quota della popolazione Usa contraria al vaccino si avvicina a tale soglia.
- Il vaccino prescelto dall’Italia, e le analoghe varianti in Russia, Usa e Cina sono Ogm. Un paese che proibisce lo studio degli Ogm in agricoltura e che reclamizza sull’imballo di molti prodotti alimentari il fatto che siano privi di Ogm, potrebbe poi obbligare – una o più volte (quanti saranno i richiami necessari) – non a mangiare, ma addirittura ad inocularsi un organismo geneticamente modificato?
Se da una parte le reazioni contro l’imposizione di un nuovo vaccino potrebbero essere intense e politicamente imbarazzanti, dall’altra ci potrebbero essere tentativi di accaparramento del vaccino oppure di un particolare tipo di vaccino che, a torto o ragione, venisse considerato molto più efficace di quello ufficiale.
Di fronte ad una disponibilità che inizialmente sarà giocoforza limitata, la vera questione sembra dunque essere un’altra: chi si potrà vaccinare prima e chi dopo? Ad esempio, in occasione dell’emergenza del virus dell’influenza aviaria (A/H5N1) in Italia venne elaborato un piano che prevedeva l’offerta dell’eventuale vaccino agli addetti ai servizi essenziali oltre che alle persone appartenenti alle categorie a rischio di complicanze. Questo piano, rivisto nel 2009, quando emerse un virus A/H1N1 di origine suina, prevedeva di proteggere gli anziani – che sono a rischio di sviluppare la malattia in forma grave – e i bambini, in parte per proteggerli, ma anche per bloccare la circolazione del virus.
Considerazioni analoghe potrebbero valere per Covid-19. Se è vero che il personale sanitario è stato maggiormente contagiato di altri, è anche vero che, in proporzione, la mortalità è stata inferiore ad altre categorie di persone (individui affetti da multimorbidità, ospiti di Rsa). Non vanno dimenticate poi le categorie di lavoratori socialmente indispensabili, che in caso di nuovi lockdown verrebbero sottoposti – come già è stato – a un rischio maggiore rispetto ad altre categorie di persone. E non è chiaro come la questione anagrafica si intrecci con quella dell’individuazione di specifiche categorie sociali e professionali a rischio. Già da queste sommarie considerazioni dovrebbe essere chiaro che, al fine di stabilire un ordine di priorità socialmente accettabile nell’accesso alla vaccinazione, fondato su criteri universalistici di equità e di giustizia distributiva, non basta affidarsi al senso comune, ma è necessario elaborare una riflessione etico-politica fondata su una serie di principi razionalmente argomentabili.
Per concludere, è nostro parere che l’obbligatorietà di un vaccino così recente non sia al momento accettabile e divenga fonte di reazioni sociali e politiche difficilmente gestibili. Si dovrebbe, invece, cercare di rendere allettante l’essere vaccinati: molto probabilmente, con un’”intelligente non obbligatorietà” si potrebbe ottenere una accettabile copertura vaccinale. Lo Stato potrebbe investire in una buona informazione sul vaccino quando questo diverrà davvero disponibile, e questa strategia potrebbe essere più efficace di un’imposizione.
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