Professionisti, a chi spetta (davvero) l’esonero dall’Irap
Festeggiano gli imprenditori individuali e i professionisti non associati, “masticano amaro” tutte le strutture collettive: è questo il risultato del comma 8 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2022 (legge 234/2021).
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La norma prevede che, a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2022, l’Irap non sia più dovuta dalle persone fisiche esercenti attività commerciali, arti e professioni di cui alle lettere b) e c) del comma 1 dell’articolo 3 del decreto legislativo 446/1997.
Il rinvio normativo non aiuta nell’interpretazione perché accomuna posizioni individuali a posizioni collettive. E ovviamente non si occupa né dei soggetti in regime forfettario (l’imposta sostitutiva prevista dalla legge 190/2014 è comprensiva anche del tributo regionale) né dei “residui” contribuenti nel regime “di vantaggio” (l’esonero è previsto all’articolo 27, comma 3, del decreto legge 98/2011).
Ciò che si stanno chiedendo contribuenti e consulenti è se la norma sia di semplice applicazione oppure possa ingenerare dubbi interpretativi di cui il tributo regionale, purtroppo, è sempre stato molto prodigo. Vediamo alcune casistiche.
Non dovrebbe essere complesso il caso delle imprese familiari (che però non riguarda i professionisti): pur disponendo di collaboratori e, a volte, anche di dipendenti, si tratta, a tutti gli effetti, di imprese individuali, per cui – anche laddove il tributo fosse versato per il 2021 – nulla è dovuto dal 2022.
Opposto il caso degli studi associati e delle società tra professionisti: si tratta di enti collettivi, per cui è difficile ipotizzare un esonero. Alcuni spiragli sono, tuttavia, aperti dalla giurisprudenza di Cassazione. Con l’ordinanza 39578, depositata lo scorso 13 dicembre, la Suprema corte ha confermato che il principio generale in base al quale l’esercizio in forma societaria o associata della libera professione costituisce “ex lege” presupposto dell’imposta regionale, convive con «la facoltà del contribuente di dimostrare l’insussistenza dell’esercizio in forma associata dell’attività stessa». La decisione di appello, favorevole ai due professionisti, viene confermata in quanto essi hanno dimostrato che «svolgevano le rispettive attività in modo autonomo».
Non è dato comprendere se essi utilizzassero l’associazione come semplice modalità per suddividere i costi di studio, senza alcuna reciproca collaborazione tale da incidere sull’autonomia professionale. Un po’ come accade per le forme associative della “medicina di gruppo”, normalmente escluse dal tributo regionale (Cassazione sezioni unite, sentenza 7291/2016).
L’altro spiraglio riguarda gli incarichi societari (sindaco, revisore, componente dell’Odv), per i quali – come affermato dalla recente norma di comportamento 215/2021 dell’Associazione italiana dottori commercialisti (Aidc) sulla scorta della giurisprudenza di legittimità – i compensi percepiti (anche se fatturati dall’ente collettivo) non sono soggetti a Irap, perché realizzati al di fuori dell’organizzazione dello studio.
Ci sono poi situazioni di confine. Un caso tipico è quello recentemente esaminato dalla commissione tributaria provinciale di Firenze (decisione 564/01/2021) relativo a un ingegnere che, oltre all’attività professionale svolta in forma individuale, è socio maggioritario e amministratore unico di una società di capitali che esercita l’attività di progettazione integrata. E potrebbe essere il caso del dottore commercialista o del consulente del lavoro che si avvale della società di servizi.
Non vorremmo, infatti, che prendesse piede presso gli uffici un’interpretazione “sostanzialistica” della nuova disposizione, cercando di dimostrare che realtà formalmente individuali si appoggiano, nell’esercizio dell’attività, a strutture societarie formalmente “terze” ma, in realtà, a disposizione del professionista/imprenditore individuale. Il che riaccenderebbe un contenzioso di cui, francamente, non si avverte il bisogno, nell’attesa che la riforma fiscale trovi le risorse che consentano di giungere all’obiettivo dichiarato del graduale superamento del tributo regionale.
1 – Il professionista con dipendenti
Un notaio fino al 2021 ha sempre assolto l’Irap in quanto titolare di uno studio (individuale) prestigioso, con molti dipendenti e una struttura assai costosa. Dal 2022 è possibile applicare l’esonero dall’Irap previsto dalla legge di Bilancio (legge 234/2021)?
La risposta è positiva, in quanto il comma 8 dell’articolo 1 della legge di Bilancio prevede l’esclusione dal tributo per tutti i soggetti che esercitano l’attività professionale in forma individuale, indipendentemente dal numero dei dipendenti e dal costo dei beni con cui l’attività stessa viene svolta.
2 – Il piccolo studio associato
Gli avvocati Z e K svolgono la propria attività come studio associato, con unica partita Iva con cui fatturano tutte le pratiche professionali. In passato hanno versato l’Irap chiedendone il rimborso con apposita istanza. Dal 2022 possono cessare di versare l’Irap, considerato che non hanno dipendenti e lo studio ha dimensioni modeste?
La risposta, in linea di principio, è negativa, in quanto la modifica della legge di Bilancio non scardina il principio in base al quale lo svolgimento in forma associata dell’attività determina la soggettiva passiva Irap. Tuttavia, diverse pronunce della corte di Cassazione, anche recenti, consentono al fine di evitare il tributo, la dimostrazione che i due professionisti svolgono l’attività “in modo autonomo”.
3 – L’associato con incarichi di sindaco
Il dottor KK, socio di una società tra professionisti (Stp), ricopre diversi incarichi di organo di controllo presso società di capitali. Il relativo compenso viene fatturato dalla Stp, citando, nelle singole fatture, l’associato che ha svolto l’incarico. Premesso che la Stp continuerà anche nel 2022 a versare l’Irap, questi compensi potrebbero essere estromessi dalla base imponibile Irap?
Con ordinanza n. 12495/2019, la Cassazione ha sostenuto che è possibile per le associazioni tra professionisti (si ritiene che il principio possa estendersi alle Stp) non scontare l’Irap per le attività di amministratore, sindaco e revisore di società svolte dai singoli associati, dimostrando che essi non si sono avvalsi della struttura dello studio ma di quella della società presso cui è svolto l’incarico. La posizione è molto distante da quanto sostenuto dall’agenzia delle Entrate (risoluzione n. 78/E/2009).
4 – Il medico della «medicina di gruppo»
Il dottor RR appartiene a una struttura associativa di “medicina di gruppo”, una forma organizzativa promossa dal sistema sanitario nazionale (Ssn) ai sensi dell’articolo 40 del Dpr 270/2000 tra medici di medicina generale convenzionati. La struttura dispone di beni strumentali e di personale infermieristico e di segreteria di ausilio comune. L’Irap è dovuta?
Questa fattispecie non è toccata dalla modifica intervenuta con la legge di Bilancio 2022. Tuttavia, con la sentenza a sezioni unite della corte di Cassazione n. 7291/2016 è stato chiarito che gli organismi associativi citati non integrano il presupposto impositivo (anche in presenza di personale di segreteria o infermieristico comune) sino a quando la dotazione di beni e persone rientra in ciò che è previsto dalla convenzione con il Ssn.
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