Superbonus e crediti incagliati: ecco le carte in mano ai professionisti
Cosa accade ai professionisti contribuenti che non hanno sufficiente capienza per le detrazioni previste dal Superbonus?
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Cerchiamo di capirlo esaminando le pieghe della normativa di settore, che continua ad evolvere alla ricerca di equilibrio tra esigenze dei cittadini e contrasto alle frodi.
Il problema dei crediti incagliati relativi al Superbonus coinvolge molti professionisti, che possono fronteggiarlo con una serie di soluzioni previste dalle norme. Anche se non sempre la soluzione è a portata di mano.
Confusione normativa
Nel corso dell’ultimo anno la normativa incentivante per chi effettua lavori sull’immobile in grado di assicurare un progresso di almeno due classi energetiche è stata soggetta a una serie di modifiche, non sempre coerenti tra loro. A questo si aggiunge l’emergere di numerose truffe, con il risultato che il sistema bancario ha sospeso il meccanismo di cessione del credito anche nei casi in cui questo è ancora possibile alla luce della recente stretta da parte del legislatore.
I limiti ai benefici fiscali
Una diretta conseguenza di questa situazione è la difficoltà dei professionisti del settore edile alle prese con la gestione dei bonus fiscali. Chi ha realizzato in proprio un intervenuto agevolabile (il discorso vale per la ristrutturazione classica così come per l’ecobonus, il sismabonus e il Superbonus) su un immobile di cui è detentore o possessore – sostenendone le spese – può recuperare la connessa agevolazione fiscale in un arco temporale variabile da quattro a dieci anni nella forma di detrazione d’imposta.
In caso di incapienza dell’imposta lorda rispetto alla detrazione fruibile, l’eccedenza non può essere né portata in avanti, né tanto meno può essere chiesta a rimborso. In sostanza va persa, per cui occorre una verifica preventiva sulla capienza dell’imposta lorda rispetto alle detrazioni scomputabili.
L’unica strada percorribile resta la cessione della detrazione, che nel primo passaggio è libera in quanto può essere eseguita dal titolare a qualsiasi soggetto, quindi non necessariamente a un istituto di credito, questo a patto di cedere tutte le quote della detrazione, o quanto meno quelle residue. Con una particolarità: in caso di più fornitori per un medesimo intervento è possibile detrarre le spese relative alle fatture di taluni fornitori, nonché lo sconto in fattura o la cessione del credito per quelle di altri fornitori.
Nel caso in cui il professionista abbia praticato al committente lo sconto in fattura, il credito d’imposta acquisito va ripartito con la stessa cadenza temporale (in quote annuali) con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione originaria in capo al primo beneficiario.
Tempi lunghi per le detrazioni
Intanto c’è un’altra novità in arrivo per il Superbonus. Il ministero dell’Economia ha dato il via libera per spalmare la detrazione fiscale fino a dieci anni contro i quattro attuali. Chiaro l’obiettivo: facilitare le compensazioni anche da parte di chi ha redditi contenuti e non riusciva a recuperare per intero la somma spettante.
Secondo i dati Enea, infatti, la spesa media legata al 110% è stata di 113.845 euro per le unifamiliari e 96.877 euro per le unità indipendenti (quindi oltre 20 mila euro detraibili ogni anno). Per i condomini, invece, si viaggia a un ritmo di poco inferiore ai 50mila euro a unità (oltre 10mila euro a testa ogni anno). Con il taglio del beneficio al 90% a partire da quest’anno l’ammontare scenderà inevitabilmente, ma restando comunque su livelli troppo elevati per molti contribuenti.
Ora toccherà al Parlamento approvare la misura, che costituisce una soluzione per salvare il Superbonus con il venir meno della cessione del credito e dello sconto in fattura.
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