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Tredicesime, il piano per detassarle: quanto vale il bonus in busta paga e per chi.

Le simulazioni Il governo vuole ridurre l'aliquota sulle tredicesime già da quest'anno, portando l'imposta forse al 15%: ci potrebbero guadagnare tutti coloro che hanno un reddito fino a 35mila euro o forse anche qualcuno in più Il governo è al lavoro sul piano per detassare le tredicesime.

Tredicesime, il piano per detassarle: quanto vale il bonus in busta paga e per chi.

Come anticipato a fine agosto da Il Messaggero, l’operazione dovrebbe valere già a partire dalla busta paga extra di quest’anno, in arrivo a dicembre. In questo modo si vuole cominciare ad applicare la riforma fiscale, il cui impianto è stato approvato da governo e Parlamento. Sarebbe quindi uno dei primi decreti attuativi, da accompagnare alla legge di Bilancio.

Gli schemi dei decreti legislativi dovranno essere pronti per il 20 settembre. Il piatto forte della riforma fiscale è la «flat tax», che però è un obiettivo della legislatura difficilmente raggiungibile. Per il prossimo anno, risorse permettendo, dovrebbe essere attuata poi una prima riduzione delle aliquote fiscali, facendo scendere da quattro a tre gli scaglioni. Vediamo però quali sono le opzioni in campo per le tredicesime.

Nelle mani del viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ci sono varie ipotesi. Si ragiona su un taglio dell’Irpef che grava sulle tredicesime, forse portando l’aliquota al 15%.

Oggi a seconda del reddito è al 23%, oppure a salire al 25%, 35% o 43%.

Non è chiaro se questo intervento sarà strutturale: dal 2023 in poi. In ogni caso ci potrebbe essere una detassazione uniforme per i lavoratori con redditi medio-bassi, forse con una soglia di reddito di 35mila euro l’anno. Altrimenti si potrebbero in considerazione redditi anche di poco superiori a questa soglia, ma con benefici non ridotti per coloro al di sotto.

Tredicesime e taglio del cuneo, le priorità dei partiti per la Manovra (che sarà “sobria”)

Con un reddito annuale di 15mila euro l’Irpef scenderebbe da 230 a 150 euro, con un risparmio netto di 80 euro. Il lavoratore che invece guadagna 20mila euro ne risparmierebbe 160 (passando da 400 a 240 euro di Irpef dovuta). E a salire: chi ne prende 25mila avrebbe un beneficio da 200 euro, chi ne guadagna 30mila ne risparmierebbe 480 e chi è sulla soglia dei 35mila circa 560.

Se poi questo bonus fosse esteso oltre il range di reddito dei 35mila euro l’aumento crescerebbe esponenzialmente. Ad esempio con uno stipendio annuo di 80mila euro si potrebbe avere un guadagno extra a fine anno di 1792 euro netti. Ma i soldi per arrivare a queste cifre, con un’operazione che molti in maggioranza riterrebbero comunque iniqua, al momento non ci sono. Secondo Confesercenti «la detassazione degli aumenti contrattuali e delle tredicesime è la via maestra da seguire per dare un impulso determinante alla domanda interna».

Accanto a questo l’esecutivo lavora ad altre due misure: rateizzare il maxi-acconto Irpef di novembre, portandolo fino a giugno 2024. Ne beneficerebbero potenzialmente 4,5 milioni tra lavoratori autonomi, dipendenti e pensionati. Non solo, si ragiona su una estensione della soglia detassata dei fringe benefit anche per chi non ha figli (per questi oggi arriva fino a 3mila euro).

Quanto si risparmia con le nuove aliquote?

Quanto alla riduzione strutturale delle aliquote Irpef, l’ipotesi principale, per il momento, è quella di eliminare l’aliquota del 25% sui redditi fino a 28 mila euro, creando un maxi primo scaglione al 23%. Il costo di questa misura non sarebbe eccessivo, probabilmente anche meno di 4 miliardi.

Ma neanche gli effetti sulle buste paga. A 20 mila euro di reddito lo sgravio sarebbe di 180 euro l’anno, 15 euro al mese. A 28 mila euro si salirebbe a 260 euro l’anno, poco più di 21 euro al mese. Non abbastanza insomma, per dare quell’aiuto ai redditi bassi che il governo ha promesso. A questa misura, ovviamente, si sommerebbe il taglio del cuneo contributivo per i redditi fino a 35 mila euro.

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