A 10 anni in classe col viso coperto dal niqab.
Cosa è successo e quali sono le regole in Italia.
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Una bambina di dieci anni si è presentata in classe con il niqab, il velo che copre tutto il viso lasciando solo una fessura per gli occhi, ma la maestra chiede (e ottiene) che torni col volto scoperto. È successo in una scuola elementare di Pordenone e adesso il caso arriva in Parlamento.
La bambina, come riporta PordenoneToday, è nata in Italia e la sua è una famiglia musulmana di origine africana. Il niqab è il velo, solitamente nero, usato dalle donne musulmane per coprire il capo e il viso, lasciando una fessura all’altezza degli occhi. Il fatto che restino scoperti gli occhi lo differenzia dal burqa che invece copre completamente il corpo della donna e ha una parte traforata – come una sorte di rete – all’altezza degli occhi poterle permettere di vedere.
La maestra ha chiesto che la piccola tornasse in classe a volto scoperto, cosa che è avvenuta. Il caso ha però riacceso la polemica e adesso il senatore e segretario della Lega Fvg Marco Dreosto annuncia un’iniziativa parlamentare. “È un fatto inaccettabile – dice Dreosto -. Obbligare una bambina di 10 anni ad andare a scuola con l’intero volto coperto, tranne gli occhi, contravviene alle più basilari regole del vivere comune, dei diritti fondamentali dei bambini e dell’identità femminile. Una cosa è la libertà religiosa, un’altra invece è il fondamentalismo religioso imposto su bambine innocenti”. Per il parlamentare è “arrivato il momento che anche l’Italia prenda iniziative per vietare il niqab a scuola e nei luoghi pubblici, per il rispetto dei diritti delle donne e per la sicurezza pubblica. Ricordo come Francia e Belgio abbiano vietato il niqab nei luoghi pubblici e anche l’Egitto, paese mussulmano, ne abbia vietato l’uso a scuola. Presenterò un’iniziativa in Parlamento in questo senso il prima possibile”.
In Italia non esiste una legge che vieta l’utilizzo di un velo che copre il volto come il niqab o il burqa. La legge vieta “l’uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo”. Il dibattito ruota attorno a questa precisazione. C’è chi ritiene che la legge comprenda anche il velo e chi invece riconduce la religione al “giudtificato motivo”.
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