Coronavirus, "strumenti non sterilizzati usati per più pazienti". Al San Camillo di Roma gli audio della vergogna
Il caos dell'ospedale raccontato dalla viva voce degli operatori interni.
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“Uno schifo, va a capi'”. Il padiglione avrebbe dovuto restare un centro Covid free, invece, è diventato un centro di cura anche per i pazienti con coronavirus che coabitano con gli altri malati
Il racconto della “vergogna” arriva con lo sfogo di un camice bianco alla fine di un’altra giornata (12 ore) di stress e sudore nel Pronto soccorso del San Camillo, appena fuori da quel girone infernale, tra tre ambulanze che stazionano da ore con a bordo altri pazienti con sospetto coronavirus. “Nella sala dei codici verdi, con due o tre malati intubati (che richiedono vigilanza e cure continue, ndr), si doveva intubare anche una ragazza, ma mancava il laringoscopio (strumento per abbassare la lingua e far passare il tubo attraverso la laringe, ndr), perché utilizzato poco prima per un paziente politraumatizzato. Alla fine, ho detto che ne avevo visto uno nella sala Emergenza; sono andati a prenderlo e hanno intubato la ragazza”. Il dipendente ha uno scrupolo: sarà stato sterile o no? “Boh, va’ a capi'”. Non c’era scelta: per salvare la donna bisognava fare presto, agire nella disorganizzazione e con strumenti non sterilizzati. “Uno schifo”, commenta e scuote la testa.
“Tranne pochi minuti per andare in bagno – racconta – sono stato sempre con la tuta (impermeabile), tra le due sale dell’Emergenza, con 58 o 60 malati Covid dentro e nei corridoi”. “Tolta la tuta – continua – la divisa, se la stringevi, grondava sudore”.
“Ho sentito dire che domani vogliono aprire la sala nuova del Pronto soccorso – confida – in teoria dovrebbe ospitare 25 pazienti Covid, invece ce ne metteranno 50; come si farà a lavorare con 50 pazienti in quella sala? Ci vorrebbero almeno dieci infermieri: se ci saranno, bene, se no, non ci si va in cinque a seguire 50 pazienti”.
L’infermiere al San Camillo di Roma: “Mancava laringoscopio, ne hanno preso uno trovato in sala Emergenza. È uno schifo”
E il Pronto soccorso è il microcosmo, l’avamposto al cardiopalmo di tutto l’ospedale. Prendi il padiglione Maroncelli che ospita le tre Medicine con 80 posti: sarebbe dovuto restare un centro Covid free, invece, complici il caos e l’assalto al reparto dell’Emergenza, è diventato un centro di cura anche per i pazienti con coronavirus che coabitano in contiguità con gli altri malati. Mancano percorsi differenziati tra i pazienti con virus e quelli senza. Tutto – contagi inclusi – è lasciato al caso. Da tempo si sarebbe dovuta rafforzare la Medicina Covid nel padiglione Marchiafava dove ci sono le divisioni di Pneumologia e di Terapia intensiva respiratoria. È stato fatto nelle ultime ore. Meglio tardi che mai. Anche perché il Pronto soccorso è diventato un imbuto, non ha una via d’uscita fluida verso i reparti: qualche ora fa, erano 75 i pazienti che, in barella, aspettavano di essere visitati o che si liberasse un letto. Di questi, 59 erano i positivi al Sar cov2. E in molti restano lì sei, sette giorni. Un’insidia per gli altri in barella, negativi (finora) al tampone.
L’ospedale è sotto assedio. Tardivamente tenta di riorganizzarsi. In una delibera, per affrontare “la fase 7 della pandemia”, il direttore generale, Fabrizio d’Alba, e la direttrice sanitaria, Daniela Orazi, indicano le “linee operative per la pianificazione delle misure organizzative in essere o in fase di realizzazione per l’assistenza ai pazienti con patologia da virus Sars cov2 in strutture e percorsi dedicati”. Insomma, si ammette che opera con commistioni tra “sporco e pulito”, tra contagiati e negativi al tampone. Pensano ad altri posti, ma non si sa con quale personale.
Intanto, aperte le 35 degenze nel padiglione Marchiafava, si dovranno impegnare lì medici e infermieri del padiglione Maroncelli. Che ne rimarrà sguarnito. Tant’è, al Maroncelli si disattivano 18 posti letto (ne restano 92) per permettere il travaso di personale. Medici e infermieri non bastano. I primi sono 19 per i due padiglioni che ospitano oltre cento letti di Medicina (92 non Covid e 35 Covid). Si va alla guerra stellare con la balestra.
Anche in Pronto soccorso si cambia. La Medicina d’urgenza, con 36 letti dei quali otto per la Terapia sub-intensiva, non accoglierà più pazienti con lesioni e traumi vari, dalle flebiti agli ictus, dalle occlusioni intestinali all’infarto. Ora, con 32 posti si è convertita in un reparto Covid. Una goccia nel mare, però. Il soccorso non è Pronto e continua a scoppiare. Non trova pace, assediato com’è da oltre 130 accessi al giorno e segnato dal sovraccarico di lavoro.
Fonte La Repubblica
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