Corsa contro il tempo per l'ok finale al "decreto Rave"
Le minoranze puntano all'ostruzionismo con 134 iscritti alle dichiarazioni di voto, pari circa a 22 ore di interventi. Non è escluso il ricorso alla "ghigliottina" per rispettare la dead line
É corsa contro il tempo alla Camera per l’approvazione definitiva del decreto Rave. L’ostruzionismo messo in atto da Pd, M5s, Verdi e Sinistra rischia infatti di compromettere la conversione in legge del provvedimento, che scade alla mezzanotte di oggi. La maggioranza, con l’ok dell’Aula, ha ottenuto la seduta fiume, ma i lavori ad oltranza potrebbero non bastare per raggiungere l’obiettivo, visto che i deputati delle opposizioni, ad eccezione del gruppo del Terzo polo – che ha incassato il via libera del governo a un suo odg che mira a eliminare la riforma della prescrizione introdotta con la Spazzacorrotti – si sono iscritti in massa in dichiarazione di voto finale.
Sono in tutto 134 gli iscritti, prevalentemente dem, pentastellati e sinistra. Ogni deputato ha a disposizione 10 minuti di tempo per l’intervento, quindi circa ventidue ore, il che significa che si arriverebbe alla tarda serata di venerdì, tra le 21 e le 22. Orario pericolosamente vicino alla dead line, oltre la quale scatterebbe la decadenza del decreto. Un rischio troppo alto per governo e maggioranza. Per questo, non è escluso il ricorso alla ghigliottina, strumento procedurale di prerogativa del presidente della Camera, che consente di interrompere la seduta stante le dichiarazioni di voto per passare subito al voto.
Un ultimo tentativo di mediazione è stato provato durante la Conferenza dei capigruppo, con la maggioranza che ha chiesto una riduzione dei tempi dell’esame, ma le opposizioni si sono dette contrarie. Da qui la decisione di fissare il voto finale a non prima delle 11 di venerdì. All’avvicinarsi dell’ora stabilita, quando la maratona oratoria delle dichiarazioni di voto delle opposizioni sarà ancora in corso, potrebbe quindi scattare il ricorso alla tagliola.
L’ostruzionismo di M5s, Pd e Avs è iniziato sin dall’avvio dell’esame del decreto da parte della Camera, tanto che il governo è stato costretto a porre la questione di fiducia. É infatti netta la contrarietà delle tre forze di minoranza alle norme contenute nel provvedimento, tra cui il nuovo reato ‘rave’ (reclusione da tre a sei anni e la multa da euro 1.000 a euro 10.000 per “chiunque organizza o promuove l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di realizzare un raduno musicale o avente altro scopo di intrattenimento”, quando dall’invasione “deriva un concreto pericolo per la salute pubblica o per l’incolumita’ pubblica”), le nuove norme sull’ergastolo ostativo (tra cui si prevede che ai benefici penitenziari sono ammessi i condannati per reati contro la Pubblica amministrazione, dalla concussione alla corruzione al peculato, anche se non hanno collaborato con la giustizia), fino al reintegro dei medici no vax e al rinvio delle multe per le categorie che, pur avendo l’obbligo, non si sono sottoposte alla vaccinazione anti Covid.
Dopo il via libera alla fiducia, maggioranza e governo hanno dovuto constatare che le opposizioni, ad eccezione del Terzo polo – che comunque ha annunciato il voto contrario sul decreto – sarebbero ricorse a tutti i mezzi a disposizione, consentiti dal regolamento, per tentare di non convertire in legge il decreto. E così è stato: prima sugli ordini del giorno e poi con l’iscrizione in massa in dichiarazione di voto. Da qui la scelta della maggioranza inizialmente di chiedere e ottenere la seduta fiume (interrotta solo dall’informativa urgente del ministro della Salute sulla recrudescenza dei casi Covid in Cina e le nuove misure adottate dal governo), poi l’annunciata volontà di ricorrere alla ghigliottina.
Il decreto Rave “è una norma giusta e necessaria. È importante dare il segnale”, ha rivendicato in conferenza stampa di fine anno la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Durante l’esame degli oltre 150 ordini del giorno sono stati approvati alcuni testi presentati da Pd e M5s. Ma le votazioni si sono svolte in un clima teso, con momenti di scontro acceso tra maggioranza e opposizioni, sfociati nella bagarre innescata dal sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro di FdI, ‘reo’ di essersi seduto tra i banchi del suo gruppo anziché restare nei posti riservati al governo, atteggiamento che ha indispettito le opposizioni. ‘Rimbrotti’ non graditi dall’esponente dell’esecutivo, protagonista di un alterco con le forze di minoranza. Un parapiglia che ha costretto il presidente Lorenzo Fontana a sospendere la seduta.
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