Duemila in piazza a Torino contro vaccini e green pass
Per dire «no» al green pass obbligatorio e contro la «dittatura sanitaria», con fischi rivolti a Roma e a chi si sta occupando dell’emergenza
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È una città sotto choc, sopraffatta, anche un po’ imbarazzata quella che si sveglia dopo le proteste di piazza Castello, dove duemila persone si sono riunite per dire «no» al green pass obbligatorio e contro la «dittatura sanitaria», con fischi rivolti a Roma e a chi si sta occupando dell’emergenza. E cartelloni sui quali campeggiava il messaggio «Meglio morire liberi che vaccinarsi da schiavi», mentre nelle terapie intensive piemontesi a combattere, secondo i dati, si trovano solamente persone che non hanno ricevuto la dose contro il Covid. Torino è stata la prima città ad ospitare la manifestazione di No Paura Day, che nei prossimi giorni invaderà l’Italia. E così dai caffè agli uffici, tra chi la certificazione verde già ce l’ha e chi la aspetta con impazienza, si è passati dal chiedersi «perché» alla dura condanna. Le voci che si sono alzate dalle istituzioni sono state tutte di contrarietà. Dal governatore Alberto Cirio alla sindaca Chiara Appendino, che ha fatto appello alle forze politiche che inveiscono contro il premier Draghi per la scelta sulla certificazione verde (come Fdi e Lega): «Basta ricerca del consenso, basta ambiguità».
E il candidato sindaco di centrodestra, nonostante le parole che arrivano da Roma, «la ascolta»: «Green pass fondamentale per il ritorno alla normalità», dice Paolo Damilano. Con lui anche Stefano Lo Russo del centrosinistra, «l’Italia riparte solo con la campagna vaccinale», e Valentina Sganga del M5S: «Il vostro concetto di libertà sconfina nel lesionismo proprio e degli altri». Ma in piazza Castello due candidati sindaci c’erano, e hanno parlato dal palco: il prof Ugo Mattei di Futura Torino e Ivano Verra di Italexit, che oggi raccoglierà firme in centro. Dall’altra parte della barricata esponenti di Forza Nuova e di Fratelli d’Italia, come l’organizzatore di 31 anni Marco Liccione. Operaio di Settimo, aveva già dato vita alla protesta di piazza Vittorio contro il coprifuoco di ottobre, alla vigilia della nuova ondata, sotto lo slogan «Torino come Napoli» (nella città partenopea si erano appena consumati gli scontri che poi si sarebbero ripetuti anche qui). Gli altri promotori lo avevano presto allontanato a causa delle teorie negazioniste condivise sui social. Solo quattro giorni fa Liccione pubblicava su Fb il fotomontaggio raffigurante il cancello del campo di concentramento di Auschwitz recante la scritta «il vaccino rende liberi», al posto di quella originale «il lavoro rende liberi».
Ma erano pochi i giovani e i giovanissimi in quella platea che fischiava al generale Francesco Paolo Figliuolo e non vuole farsi chiamare «no vax»: «Preferiamo free vax». Uno dei più convinti oratori di giovedì è stato sicuramente Maurizio Giordano, avvocato dei medici no vax: «Siamo circondati da disinformazione e censura. Il Green pass è inconcepibile non solo dal punto di vista costituzionale ma anche umano. Stiamo arrivando a passi molto veloci a una dittatura». Ma i «No Paura Day» non si faranno schiacciare: «Ringraziamo — scrivono gli organizzatori sui social, che ci tengono a sottolineare come fosse tutto regolarmente autorizzato — una piazza che sembrava attraversata da un fremito di rivalsa e di speranza. Calorosa, eccitante, attenta, cordiale, partecipata e generosa, viste le donazioni. Abbiamo finalmente visto negli occhi una fiduciosa determinazione. Non abbandonateci, noi non lo faremo».
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