Furto con strappo
Atti alla Consulta per la verifica della tenuta costituzionale del suo trattamento sanzionatorio.
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L’Avvocato Enrico Helmut Vincenzini del foro di Lucca ci segnala l’ordinanza, pubblicata il 14 marzo 2025 (allegata alla fine del post in versione anonimizzata), con la quale il GUP del Tribunale di Milano, in accoglimento di un’istanza della Difesa, rappresentata dallo stesso Avvocato Vincenzini e dall’Avvocato Achironpaola Cortazzo, ha rimesso gli atti alla Consulta, sollevando la questione di legittimità costituzionale dell’art. 624-bis, commi 2 e 3, cod. pen., per contrasto con gli artt. 3 e 27, commi 1 e 3, Cost., nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per natura, specie, mezzi e modalità o circostanze dell’azione , ovvero per particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità.
Il giudice a quo mette in dubbio la ragionevolezza e la proporzionalità dell’equiparazione normativa tra il furto con strappo e il furto in abitazione, così come dell’assimilazione della soglia minima del trattamento sanzionatorio del medesimo furto con strappo a quella prevista per le ipotesi di rapina ed estorsione.
Dal canto nostro ci limitiamo a rilevare che l’assetto della cui conformità alla Costituzione dubita il giudice milanese è frutto di una stratificazione di interventi normativi, l’ultimo dei quali è dovuto all’art. 5, comma 1, lett. a), L. 26 aprile 2019, n. 36, a decorrere dal 18 maggio 2019.
Un intervento, dunque, concepito in piena coerenza al programma della coalizione governativa formata dal Movimento Cinque Stelle e dalla Lega, di cui faceva parte l’inasprimento delle pene per crimini considerati particolarmente odiosi e tra questi il furto con strappo che non si esitava ad includere nello stesso contenitore in cui era stipato il delitto di scambio politico-mafioso.
Coerenza interna allo slogan della “tolleranza zero”, certo.
Ma, nella nostra opinione, ed al pari di molti altri provvedimenti dello stesso periodo e di quelli successivi, espressione di panpenalismo e frutto di una concezione che assegna alla pena soprattutto alla sua più grave e dolorosa declinazione, cioè quella carceraria, funzioni esclusivamente punitive in palese violazione del sempre più negletto principio costituzionale del finalismo rieducativo.
Vincenzo Giglio e Riccardo Radi
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