Anno: XXV - Numero 180    
Giovedì 3 Ottobre 2024 ore 13:00
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I nodi dell'autonomia arrivano al pettine.

E volano stracci in maggioranza – la commissione di studio sui livelli essenziali delle prestazioni (lep).

I nodi dell'autonomia arrivano al pettine.

Guidata da Sabino Cassese, ha pronta la relazione che certifica come le regioni del sud riceveranno meno fondi rispetto a quelle del nord – Calderoli la prende male: “la definizione dei fabbisogni standard spetta alla politica e non ai tecnici” – fdi e forza italia temono di andarsi a schiantare sulla riforma leghista e fanno trapelare: “non se ne farà mai nulla” – le opposizioni presentano in cassazione le firme per il referendum abrogativo.

I nodi dell’autonomia sono arrivati al pettine. Nella maggioranza finora ognuno ha fatto il suo gioco: la Lega portando il provvedimento più avanti possibile per sbandierare l’obiettivo storico sul pratone di Pontida, e gli alleati, FdI e Forza Italia con una melina nemmeno troppo mascherata, rassicurando i tanti critici con questo argomento: «Non se ne farà mai nulla». Ma ora che le cose si fanno concrete si rischia il cortocircuito.

 Ieri una riunione al dipartimento per gli Affari regionali della presidenza del Consiglio ha destato allarme. La sala è riservata dalle 11 alle 17, con un light lunch con bevande e caffè (affidamento diretto da mille euro). La commissione di studio dei Lep (i livelli essenziali delle prestazioni), presieduta dal professor Sabino Cassese, ha in agenda la relazione della Commissione sui fabbisogni standard (Ctfs), guidata da Elena d’Orlando, giurista vicina al governatore veneto Luca Zaia e nominata da Palazzo Chigi.

L’appuntamento sulla carta è strettamente tecnico, ma diventa subito politico. Anche perché Il Manifesto, due giorni fa ha anticipato, con tanto di slide, i contenuti della presentazione della commissione, per quantificare le risorse necessarie a finanziare le Regioni. Secondo quanto trapelato, tra le ipotesi c’è quella di considerare alcuni “indicatori differenziali” tra le varie regioni, tra i quali quello del costo della vita.

 Il risultato, quindi, sarebbe che le regioni del Sud, dove la spesa è minore, potrebbero ricevere in questo caso meno fondi rispetto a quelle del Nord. Per l’opposizione è la prova di quello che si va sostenendo da mesi: ovvero che il Meridione sarà penalizzato dalla riforma del governo Meloni.

 Benzina per i partiti del centrosinistra che questa mattina presenteranno in Cassazione le firme per il referendum abrogativo, sono più di un milione, «c’è stata una forte risposta popolare», annuncia la segretaria del Pd Elly Schlein.

 Per Forza Italia e FdI è lo spettro peggiore e con una mossa del tutto inattesa la commissione Affari costituzionali della Camera ha convocato Cassese per dei chiarimenti sul suo lavoro, accogliendo così una richiesta delle opposizioni.

 Lo stesso Roberto Calderoli, padre della legge, deve intervenire per chiarire: «La definizione dei fabbisogni standard spetta alla politica e non al Comitato», ha spiegato il ministro alla Commissione parlamentare sul federalismo fiscale. In ogni caso Calderoli va avanti: «Quattro Regioni, Liguria, Lombardia, Piemonte e Veneto, hanno presentato richiesta di avvio dei negoziati ed è stato avviato il procedimento previsto dalla legge con riguardo alle materie non-Lep».

 […]  Forza Italia, sicura stavolta della sponda di Meloni, ha alzato la soglia di guardia, per imporre un principio: prima di definiscono i Lep e poi si procede con il trasferimento dei poteri dallo Stato alle Regioni. Antonio Tajani, che nei giorni scorsi ha inviato una lettera a Calderoli per chiedere prudenza, sa che molti suoi dirigenti e amministratori del Sud non resteranno passivi nei prossimi mesi, a cominciare da Roberto Occhiuto, governatore della Calabria, ieri presente a Montecitorio.

 Se la Consulta darà il via libera al referendum, la mobilitazione del Mezzogiorno potrebbe diventare insidiosa per la tenuta del partito e anche in Fratelli d’Italia si registrano gli stessi dubbi. Calderoli, citando un articolo di Alfonso Celotto su La Stampa, parla di «doping costituzionale» per definire la raccolta digitale delle firme, per un quesito «che rischia di spaccare il Paese», esprimendo forti dubbi sull’ammissibilità del referendum. […]

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