Anno: XXV - Numero 116    
Lunedì 1 Luglio 2024 ore 13:30
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La forma di governo va messa in discussione

Il presidente della Corte costituzionale, Augusto Barbera, per una modifica della Carta: "Siamo rimasti l'unico Paese ad avere due Camere che hanno gli stessi poteri".

La forma di governo va messa in discussione

“La forma di governo non solo può essere messa in discussione, anzi mi sento di dire che deve essere messa in discussione: è ora di superare un sistema ereditato dalla Guerra fredda, fatto apposta per non permettere ai vincitori delle elezioni di governare”.  Lo spiega Augusto Barbera, presidente della Corte costituzionale, in un’intervista a Il Sole 24 Ore in cui parla della riforma del premierato messa in campo dal governo che ora, dopo un primo sì del Senato, è in procinto di essere esaminata dalla Camera.

“Da decenni si sa che ci sono dei limiti della forma di governo che vanno superati. E sono i limiti posti dalla Costituente stessa”, sottolinea aggiungendo a questo anche il bicameralismo paritario.  “Siamo rimasti l’unico Paese ad avere due Camere che hanno gli stessi poteri. E allora perché ora non porre mano al bicameralismo”. Nel mirino dei critici del premierato messo a punto dal governo Meloni c’è soprattutto il potere di scioglimento delle Camere in capo al premier, che svuoterebbe il ruolo del Capo dello Stato e renderebbe ‘schiavo’ il Parlamento. “Posso limitarmi a ricordare che, a certe condizioni, il potere del Primo Ministro di provocare il ricorso anticipato alle urne è presente in tutte le forme di governo parlamentari”, dice.

“Si dice spesso che non c’è bisogno di cambiare la forma di governo perché il presidente del Consiglio può adottare i decreti leggi, mettere la fiducia, lavorare sui maxiemendamenti – conclude -. Le altre democrazie europee non conoscono né decreti legge, né questioni di fiducia, né maxiemendamenti, anche perché il Primo Ministro ha due decisivi poteri: controlla l’agenda del Parlamento richiedendo il voto a data certa di provvedimenti governativi urgenti, può porre il veto ad emendamenti parlamentari che aumentino la spesa o diminuiscano l’entrata”.

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