Anno: XXV - Numero 190    
Giovedì 17 Ottobre 2024 ore 13:00
Resta aggiornato:

Home » La morte di Satnam è anche altro.

La morte di Satnam è anche altro.

È l'ennesima occasione persa di Meloni La destra italiana dovrebbe attrezzarsi alla società che verrà. E invece no: pensa che tutta Italia debba essere come la provincia di Latina. E per sempre. Un incubo che, per fortuna, non si realizzerà mai.

La morte di Satnam è anche altro.

E’ il 30 marzo 1997 e Silvio Berlusconi, allora capo dell’opposizione al governo di Romano Prodi, in compagnia di Antonio Martino, parlamentare di Forza Italia ed ex ministro degli Esteri, fa visita ai superstiti dell’affondamento della nave albanese “Kater i Rades”, speronata da una nave della marina italiana mentre stava attuando il blocco navale deciso dal governo. Visibilmente commosso, il Cavaliere denunciava che “l’Italia non può dare al mondo l’immagine di chi butta a mare qualcuno che fugge da un paese vicino, cercando salvezza e scampo in un paese che ritiene amico. Il nostro dovere è quello di dare temporaneo accoglimento a chi si trova in queste condizioni”. E se ne va con la voce rotta dal pianto.

Certo, Satnam Singh era “solo” una vittima , contro gli 81 della “Kater i Rades”, il contesto è tutto mutato, ma soprattutto è cambiato il centro-destra, che continua a essere chiamato così ma che, sotto specie meloniana, è una creatura assai diversa, e non in meglio, rispetto a quella generata da Berlusconi.

Nessuno pretendeva che Meloni si precipitasse nell’Alabama dell’Agro pontino, per altro suo feudo elettorale, in cui è stata eletta più volte. Ma neppure che partorisse, dopo numerose ore, una striminzita dichiarazione di tre righe all’insegna degli “italiani brava gente” (come se poi lo schiavista getta-arti-nella-cassetta non lo fosse), o che, molte ore ancora più tardi, il ministro dell’Agricoltura se ne uscisse con frasi banali e di circostanza, a difesa degli agrari “onesti” peraltro. Peggio ovviamente il silenzio di Matteo Salvini: nella sua TL social di questi giorni commenta di tutto, dal gay Pride, che lo turba, agli inviti a impiccare i ladri entrati in casa di Roby Baggio (nella speranza, di Salvini, che non siano “italiani”) fino agli auguri alla Nazionale di Spalletti, con ovvio e consueto effetto porta-fortuna. Ancora peggio gli account dei vari commentatori e commentatrici della stampa di destra, che hanno finito per dare la colpa alla sinistra, “favorevole all’immigrazione illegale”; ma magari Satnam sarà entrato quando Salvini era ministro degli Interni, e comunque dal 2018, a parte una parentesi di diciotto mesi, la Lega è ininterrottamente al governo.

Assieme al silenzio, questo sì assoluto, per i 26 bambini, tutti morti, affogati al largo di Lampedusa, tutto questo conferma il giudizio di miseria morale ma soprattutto politica di questa “nuova” destra, così diversa da quella berlusconiana.

Miseria morale perché non si capisce, ora che sono al governo stabilmente, dopo l’estate saranno due anni, che senso abbia continuare a presentarsi come una destra cannibale, con la bava al bocca, una destra cattivista, digrignante i denti, priva di pietas e di empatia. E meno male che Meloni è donna, madre e cristiana.

Ovviamente, il lettore mi risponderà subito: il senso c’è, ed è quello elettorale. Nell’Alabama dell’Agro pontino, Meloni, e Salvini tramite il sottosegretario Claudio Durigon, ras locale, ottengono l’’80%. Gli imprenditori-schiavisti sono il loro zoccolo duro, come i balneari e i tassisti. Non solo non diranno mai nulla, ma nulla faranno dal governo perché le morti di lavoratori, probabilmente molte di più delle cifre ufficiali, possano diminuire.

Risponderei al lettore che certamente è così: ma vi è anche un sostrato in più, psico-antropologico, ed è quello della paura xenofobica, o meglio, per utilizzare un francesismo, “razzialista”. E’ il colore della pelle degli schiavi a creare una barriera: anche se il povero Satnam era indiano, come la maggior parte di quelli nell’Alabama dell’Agro Pontino, e Meloni si è scattata una sacco di selfie al G7 con il premier Modi e sui social ha sempre una pletora di strani account indiani che le scrivono quanto sia brava e bella.

Il giudizio di miseria politica è invece insito nell’idea di futuro che questa destra ha in mente. O per meglio dire: la non idea di futuro o l’idea di non-futuro. Come tutti i movimenti reazionari, la “nuova” destra post-berlusconiana vorrebbe fermare la freccia del tempo, quando non addirittura riportarla all’indietro. Sogna un’Italia ruralista, se non proprio anni Trenta, anni Cinquanta, con tanti figli, le donne a casa a friggere i panzerotti e gli uomini a lavorare. E soprattutto, tutti con la pelle bianca. E, mi raccomando, un uomo è un uomo, una donna è una donna, un papà è un papà e una mamma è una mamma, viva la tautologia, niente fisime fluide e gender, make la rispettabilità piccolo borghese Great again.

Ora non è tanto importante che questa Italia non sia mai esistita: è che non ha nessuna possibilità di esistere più. Lo dice la demografia mondiale, oltre a tutto il resto. Una destra seria, moderna, europea, con una idea di futuro, farebbe di tutto per attrezzarsi alla società che verrà, anzi che già c’è: come hanno fatto i Conservatori inglesi, anche se probabilmente saranno spazzati via ora dal Labour, i democristiani tedeschi e spagnoli, persino addirittura i lepenisti. La destra italiana, no, pensa che tutta Italia debba essere come la provincia di Latina. E per sempre. Un incubo che, per fortuna, non si realizzerà mai.

Di  Marco Gervasoni per Huffpost

© Riproduzione riservata

Iscriviti alla newsletter!Ricevi gli aggiornamenti settimanali delle notizie più importanti tra cui: articoli, video, eventi, corsi di formazione e libri inerenti la tua professione.

ISCRIVITI

Altre Notizie della sezione

Archivio sezione

Commenti


×

Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie.