Occupazioni abusive a Roma 7 mila immobili presi con la forza
Dietro al fenomeno delle case occupate si nasconde spesso un vero e proprio racket
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Occupazioni abusive, oltre 50 mila immobili presi con la forza: soltanto nella Capitale sono 7 mila
Roma Migliaia, decine di migliaia. Un numero preciso all’unità non c’è ma le stime più accreditate indicano in almeno 50mila le case occupate in Italia. Ovviamente, i grandi Comuni, Roma in testa, presentano un tasso di occupazione elevato, nell’ordine delle migliaia di occupazioni. Nella Capitale, ad esempio, l’analisi riporta circa 7mila occupazioni fra appartamenti, scuole, vecchie caserme. A Milano, secondo quanto dichiarato dal sindaco, Beppe Sala, ci sono 599 immobili di proprietà del Comune occupati abusivamente. Però sono 3mila, secondo il prefetto del capoluogo lombardo, Renato Saccone, le case occupate di proprietà di altri soggetti per un totale di 3.600 occupazioni.
Dicevamo di Roma. Qui, il quadro è ovviamente pesante: strutture ed edifici pubblici occupati e poi in qualche modo sanati dalla politica. Gli esempi vengono da alcuni immobili, come la ex caserma al Porto Fluviale, l’ex sede Atac sulla Tuscolana a Lucio Sestio, o un palazzo di proprietà privata occupato dai movimenti per il diritto all’abitare che trovano la copertura della politica con la Regione ieri e il Campidoglio oggi pronti a mettere mano al portafogli dei soldi pubblici per acquisire gli immobili oppure per pagarne la ristrutturazione per poi affidare gli stessi a chi li ha occupati abusivamente negli anni. I numeri delle case occupate nella Capitale riferiscono di 12mila occupanti abusivi e poco meno di 7mila case occupate.
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Spesso, poi, negli immobili occupati si concentra un’umanità fatta di disperati e di persone prive di scrupoli. I casi di minacce, aggressioni, spaccio nelle case occupate sono numerosi nelle pagine dei giornali. Così come quelli di un utilizzo degli occupanti per fini politici: quando c’è una manifestazione da organizzare, un corteo da gonfiare o un picchetto da fare, l’adesione “volontaria” dell’occupante fa parte degli accordi stretti con i capi dei fabbricati.
Emblematico il caso di Mia Kataleya Alvarez, più nota come Kata, la bambina di 5 anni di origini peruviane scomparsa nel nulla a Firenze il 10 giugno scorso. Scomparsa dall’ex hotel Astor occupato dai vari movimenti per il diritto all’abitare durante la pandemia e poi finito in un vortice di rapporti criminali che alla fine hanno coinvolto la bambina. La Direzione distrettuale antimafia del capoluogo toscano ha infatti riferito di «rapporti conflittuali che sono sfociati in aspre contese nell’ambito dell’occupazione abusiva dell’hotel Astor».
Fra i casi che hanno destato scalpore c’è il caso di don Giusto Della Valle, parroco a Como, che nell’ultimo numero del periodico della parrocchia, “Il focolare” ha invitato chi non ha una casa a occuparne una segnalando i diversi spazi comunali vuoti e definendo «un’attitudine da Ponzio Pilato» quella di chi amministra e si lava le mani del problema degli alloggi comunali per il timore di perdere consenso elettorale.
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Stando a Federcasa, in Italia oggi ci sono circa 30mila alloggi di proprietà pubblica occupati cui si sommano altre 20mila case di proprietà di enti o soggetti privati che sono state occupate abusivamente per un totale di 50mila immobili presi con la forza. Fra i Comuni spicca Palermo, con circa 3mila occupazioni, e Reggio Calabria con 110 case occupate tutte da famiglie di origine rom.
A Torino, i dati 2023 riportano 214 immobili, numero analogo a quello di Genova che sta a 200 case prese con la forza. A Bologna l’ultima occupazione è di meno di un mese fa: i collettivi di sinistra sono entrati in alcune palazzine occupando 34 appartamenti da circa 100 metri quadri ciascuno.
A Firenze, il Comune, dando seguito a una sentenza della Corte d’Appello, ha emanato una determinazione dirigenziale con la quale viene riconosciuta la residenza a tutti gli occupanti abusivi presso un indirizzo fittizio, via Leone 35/10.
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Quando si tratta di immobili di porprietà comunale, poi, va considerato anche l’aspetto economico, oltre che quello sociale. Ad esempio, a Napoli la mancata riscossione del canone di locazione delle case ha determinato un buco nei bilanci di circa 133 milioni di euro.
C’è poi un altro problema di cui manca la quantificazione numerica: chi ha un regolare contratto di affitto ma smette di pagare e rimane dentro la casa in attesa di uno sfratto che può arrivare dopo tempi lunghissimi. Si parla di attese che vanno mediamente dai 2 ai 6 anni e che arrivano fino a 7 in caso la famiglia occupante abbia a carico dei minori.
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