Roma, la truffa della benzina. «Devo correre a prendere mia figlia»: finge di aver finito il carburante e ferma le auto per chiedere soldi
La presenza della truffatrice è stata segnalata sul litorale Sud della Capitale. «Attenzione a una ragazza con le mani alzate»
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Una donna ferma sulla strada, con l’auto all’apparenza guasta, che chiede aiuto perché ha bisogno di soldi per fare benzina in quanto deve raggiungere la figlia al corso di danza, a Torvajanica. Non solo la truffa dello specchietto, le diverse varianti delle monetine e delle chiavi, ma un altro probabile raggiro è stato segnalato lungo le vie di Pomezia. A cadere nella trappola di una ragazza e altri due presunti complici, una donna, mentre si recava in un centro sportivo per assistere a una partita di basket.
I fatti sono accaduti lo scorso venerdì, poco dopo le 21, nei pressi della scuola media Orazio.
Stando al racconto di Simona (che preferisce mantenere l’anonimato), l’automobilista l’avrebbe fermata raccontando di essere rimasta a corto di carburante e di avere urgente necessità di raggiungere la bambina, in palestra, a diversi chilometri di distanza. La donna, sulla quarantina, con le mani alzate e un cappuccio in testa non chiederebbe un passaggio, ma tenterebbe di spillare banconote alle vittime per fare benzina.
«Sono una mamma, mi si è fermata la macchina e non ho benzina. Ho bisogno di soldi perché devo andare a prendere mia figlia a Torvajanica». È venerdì sera quando a Pomezia va in scena l’infinitesima truffa. Con questa scusa una donna è riuscita a farsi consegnare da una passante che ha incrociato sulla strada una banconota da 20 euro al fine di dare rifornimento alla vettura rimasta – a suo dire – a secco. «Aveva un piumino lungo e gli occhi lucidi. Sembrava, dunque, in stato di agitazione», racconta a “Il Messaggero” Simona. «Io solitamente non giro con i contanti, ma quella sera avevo con me del denaro e l’ho aiutata». La truffatrice ha poi assicurato che quei soldi li avrebbe restituiti entro breve tempo lasciando un numero telefonico al quale poterla richiamare.«Ti lascio se vuoi anche i documenti», avrebbe detto la presunta bisognosa.«Io – dice Simona – le ho fatto uno squillo sul suo telefonino e le ho mandato un whatsapp, ma non ho ricevuto risposta. Il giorno dopo ho provato a richiamarla più volte, anche da sconosciuto, ma nulla. Mi aveva bloccato». La malcapitata ha condiviso la spiacevole esperienza sul gruppo social “Sei di Pomezia Se” dove qualcuno ha confermato di essere stato vittima del medesimo raggiro e che ad agire non ci sarebbe solamente una donna, ma altri due complici, legati da un vincolo di parentela.
«È nota a Pomezia», scrivono. «È successo la scorsa settimana a una donna al parcheggio di fronte al Pascal. Stessa dinamica – si legge nel post – è rimasta a chiedere finché non ha trovato che le ha dato i soldi«. «La cosa che mi dispiace è che poi se qualcuno si trovasse veramente in questa situazione pagherebbe al posto di questa donna non ricevendo aiuto da nessuno», conclude una signora.
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