Salvini all’angolo rompe con Putin
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Bisognava arrivare a una mozione di sfiducia perché Matteo Salvini abiurasse la sua fede nel presidente russo. «Procai!», direbbero a Mosca: addio Cremlino, addio magliette con il faccione di Vladimir in Piazza Rossa. Alla vigilia dell’appuntamento in Parlamento, dove l’opposizione chiederà le dimissioni del vicepremier leghista per i suoi legami mai smentiti con il partito di Putin, la Lega pubblica una nota per informare che «i propositi di collaborazione puramente politica del 2017 con Russia Unita non hanno più valore dopo l’invasione dell’Ucraina». Non è un risultato da poco, per una mozione che la maggioranza ha facilità a neutralizzare con i voti in Aula ma che ha comunque prodotto rilevanti contraccolpi politici. Intanto, c’è il primo passo del premierato. La commissione Affari costituzionali del Senato ha dato il via libera all’elezione diretta del presidente del Consiglio, approvando l’emendamento presentato dal governo all’articolo 3 del disegno di legge, che è un po’ il “cuore” della riforma. Sono state così inserite le modifiche proposte dalla ministra Elisabetta Casellati, dopo le critiche arrivate da molti costituzionalisti, oltre che da tutti i partiti di opposizione, su alcuni punti centrali del testo. In sintesi, viene previsto un limite di due mandati (elevabile a tre) per il presidente del Consiglio eletto, viene eliminata la soglia del 55% dei seggi come premio di maggioranza e viene introdotta la possibilità per il premier di revocare i ministri.
Di Andrea Malaguttti
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