Anno: XXVI - Numero 43    
Lunedì 3 Marzo 2025 ore 14:00
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A Londra una bozza di coalizione dei volenterosi per Kiev, sperando negli Usa

Il padrone di casa Starmer annuncia un piano per l’Ucraina insieme a Zelensky e Macron da presentare presto a Trump: tregua di un mese e “Boots on the ground” dopo la pace, confidando che il tycoon farà la sua parte. Ma per ora solo il Canada apre. No di Meloni, ma il presidente francese dice al Foglio: "Abbiamo bisogno dell'Italia".

A Londra una bozza di coalizione dei volenterosi per Kiev, sperando negli Usa

In settimana piano Von der Leyen per la difesa: “Prepararsi al peggio”

La gravità della situazione risalta nelle parole di Ursula von der Leyen, la prima a dichiarare davanti alle tv al termine del summit alla Lancaster House di Londra, nemmeno è finito e già è scolpito nei libri di storia. “Ora è di fondamentale importanza aumentare gli investimenti nella difesa per un periodo di tempo prolungato. È per la sicurezza dell’Unione Europea. Nell’ambiente geostrategico in cui viviamo, abbiamo bisogno di prepararci al peggio e quindi di intensificare le difese”, dice la presidente della Commissione europea. All’inizio della settimana, la tedesca presenterà il suo piano nella lettera ai leader convocati a Bruxelles per il Consiglio europeo straordinario del 6 marzo. Sul tavolo diverse opzioni, ma non quella di un nuovo debito comune per far fronte agli investimenti necessari: non è ancora matura. Il quadro è disperato e per giunta non unitario. Al summit di Londra il britannico Keir Starmer e il francese Emmanuel Macron forgiano la loro coalizione dei volenterosi per l’Ucraina: 30mila soldati sul campo per vigilare sull’accordo di pace quando sarà siglato. Il canadese Justin Trudeau si dice disponibile, ma i no sono tanti. È forte il pressing su Giorgia Meloni, unica ad avere un bilaterale con Starmer prima del summit. Ma la premier resta “perplessa”. Contrario anche il polacco Donald Tusk. Tutti vorrebbero la garanzia che gli Usa facciano la loro parte. La pressione è massima anche su Volodymyr Zelensky affinché faccia pace con il presidente degli Stati Uniti.

“Se vogliamo essere credibili come europei nel nostro sostegno a lungo termine all’Ucraina, dobbiamo essere in grado di fornire delle garanzie di sicurezza solide”, dice Macron in un’intervista al Foglio sul Falcon diretto a Londra.  “Stiamo cercando di muovere le cose. E abbiamo bisogno dell’Italia, di un’Italia forte che agisca a fianco della Francia, della Germania, nel concerto delle grandi nazioni. Per questo ho invitato la premier italiana, Giorgia Meloni, lo scorso 17 febbraio (al summit convocato dal presidente francese a Parigi, ndr.). È necessario che l’Italia sia al nostro fianco, che si impegni in questo percorso, e che lo faccia da grande paese europeo, sulla scia di quanto ha fatto Mario Draghi. In questo momento dobbiamo restare uniti”. In un’intervista a Le Figaro il presidente francese chiarisce la proposta pensata con Starmer: tregua di un mese in Ucraina.

La giornata londinese inizia da due bilaterali-chiave: quello di Meloni con Zelensky e quello di Starmer con Meloni. La premier italiana chiarisce la sua posizione al presidente ucraino, confermandogli il sostegno, dopo che aveva commentato la rissa allo Studio Ovale senza citarlo. “Non è il momento delle tifoserie, bisogna leggere la politica estera con più profondità”, dice, “tutti abbiamo lo stesso obiettivo di raggiungere una pace duratura e non dividere l’occidente”. “Zelensky l’ho visto dispiaciuto, ma lucido e razionale. Da presidente di un paese con il punto di vista di una nazione aggredita, Zelensky vuole lavorare per trovare soluzioni, mi sembra voglia lavorare per guardare avanti”. Tradotto: vuole lavorare per far pace con il presidente degli Stati Uniti, un punto imprenscindibile per tutti i partecipanti al summit di Londra, leader scelti in base alla determinazione di continuare a sostenere Kiev e lavorare per ricucire con gli Stati Uniti, un alleato che Starmer si rifiuta di definire “inaffidabile” quando i giornalisti lo incalzano sull’argomento.

Alla Lancaster house Starmer accoglie i rappresentanti di 16 paesi, i presidenti dell’Ue Antonio Costa e Ursula von der Leyen e il segretario generale della Nato, Mark Rutte. Oltre a Francia, Italia, Canada, Polonia, Ucraina, ci sono il cancelliere tedesco uscente Olaf Scholz, lo spagnolo Pedro Sanchez, la danese Mette Frederiksen, il norvegese Jonas Gahr Store, il finlandese Alexander Stubb, lo svedese Ulf Kristersson, l’olandese Dick Schoof, il ceco Petr Fiala, il presidente ad interim della Romania Ilie Bolojan, il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan. “Non possiamo accettare un accordo debole”, insiste Starmer. “Ogni accordo deve essere puntellato dalla forza. E ognuno si assumerà la sua responsabilità, ognuno farà la sua parte. Ognuno sarà libero di contribuire alla coalizione dei volenterosi per l’Ucraina. Noi siamo pronti a mettere gli stivali sul campo, ‘boots on the ground, e aerei in volo. Dobbiamo avere un forte supporto dagli Stati Uniti e ci stiamo lavorando”. Il nodo è proprio questo. “Non mi spingerei a tanto se non avessi parlato con Trump ieri sera e se non fossi sicuro che stiamo agendo con loro, lavoriamo per tenerli dentro”.

Ma da Washington il consigliere per la sicurezza di Trump Mike Waltz insiste che “sarà l’Europa ad occuparsi della sicurezza in Ucraina”, dopo l’accordo e che “è prematuro parlare del ruolo degli Stati Uniti”. Di certo gli sherpa si aspettavano di più dal summit di Londra. Macron rende esplicita quella speranza di convincere l’Italia rimasta al centro del bilaterale tra Starmer e Meloni. Il colloquio conferma il feeling politico tra i due, esponenti di partiti avversari eppure accomunati dalla linea dura sull’immigrazione. Ma sulla coalizione dei volenterosi per l’Ucraina, la leader di Fratelli d’Italia continua a dirsi “perplessa”. “Al di là del fatto che la presenza di truppe italiane non è mai stata all’ordine del giorno – dice Meloni – il piano di Gran Bretagna e Francia mi sembra una soluzione molto complessa e meno risolutiva di altre. È un errore togliere dal dibattito la cornice atlantica. Ringrazio Francia e Gran Bretagna ma resto perplessa sull’efficacia, lo sappiamo com’è questo conflitto sul campo. L’unica cosa che non possiamo permetterci è una pace che poi non resti tale per l’Ucraina, per l’Europa, per gli Usa. Può succedere che questa pace venga violata? È successo in passato. E allora io penso che sia meglio costruire le garanzie di sicurezza nella cornice atlantica”. Cosa che però Trump esclude. “Bisogna pensare in maniera creativa e ripartire dall’articolo 5 (del Patto atlantico, ndr.)”, ribatte la premier.

L’idea di Starmer e Macron era di radunare più forze possibili intorno alla coalizione dei volenterosi. Ma soprattutto di convincere l’Italia, paese tra i maggiori dell’Ue, dal momento in cui non si possono avere certezze da Berlino, dove sono appena iniziati i negoziati per formare il nuovo governo dopo le elezioni del 23 febbraio. Oltre a Meloni, anche il polacco Donald Tusk esclude categoricamente l’invio di truppe polacche in Ucraina. L’olandese Dick Schoof chiede una copertura “europea”. Al premier britannico e al presidente francese non resta che guardare fuori dall’Ue, al di là dell’Atlantico. Il canadese Justin Trudeau fa un’apertura: “Non anticiperemo le discussioni su come mantenere una pace che non è ancora in atto, ma il Canada sarà lì ed è aperto a fare ciò che è necessario”.

Il primo livello di queste garanzie di sicurezza saranno le forze armate ucraine, che pertanto devono continuare a essere supportate”, ci dicono fonti europee riassumendo il senso del summit di oggi. “I futuri contributi europei alle garanzie di sicurezza aggiuntive devono essere sviluppati di pari passo con gli Stati Uniti”.

Si attende la prossima puntata del confronto tra Trump e Zelensky. Senza una riappacificazione tra i due non si va lontano. Dopo il summit di Londra, da Kiev filtra che il presidente ucraino sarebbe pronto a firmare l’accordo sui minerali con gli Usa, sebbene non abbia più avuto contatti con la Casa Bianca da venerdì, giorno della rissa.

Nel frattempo, però i paesi dell’Ue devono risolvere l’altro enigma, anche questo fondamentale nel tentativo di portare Trump a toni più amichevoli verso il vecchio continente: aumentare l’impegno finanziario sulla difesa. I vari piani di lavoro saranno discussi al summit straordinario di giovedì prossimo. Ma non c’è unità sulla proposta dell’Alto rappresentante Kaja Kallas di raccogliere altri 6 miliardi di euro per Kiev, come contributo volontario degli Stati membri. E non c’è  “unità” nemmeno sul sequestro dei 300miliardi di beni russi congelati in Occidente nell’ambito delle sanzioni decise contro la Russia. Lo spiega Tusk: “Tutti i leader concordano sia una buona idea, ma alcuni Paesi temono le conseguenze per l’euro o per il sistema bancario”. Tradotto: i baltici spingono affinché gli asset vengano usati per l’Ucraina, gli altri Stati membri sono preoccupati dalle conseguenze legali di un passo del genere, tanto più ora che gli Usa insistono per un accordo con Mosca. “La Polonia sta esercitando forti pressioni in tal senso – dice il premier polacco, presidente di turno dell’Ue – ma, siamo realisti, poiché non facciamo parte dell’Eurozona, la nostra voce in questa discussione non sarà decisiva”.

“Dobbiamo trasformare l’Ucraina in un porcospino d’acciaio, indigesto per i potenziali invasori”, dice von der Leyen. L’intenzione c’è, ma sui metodi per raggiungere il risultato a Londra le idee restano diverse. C’è da scommetterci: altri summit seguiranno a breve.

 di  Angela Mauro  su Huffpost

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