Anac sancisce il divieto di fissare compensi inferiori a quelli previsti dalle tabelle ministeriali
Nella delibera n.343 del 20 luglio scorso l’Autorità afferma l’illegittimità, relativamente ai servizi di ingegneria e architettura, di mettere a base di gara importi ribassati rispetto ai parametri previsti dal DM 17 giugno 2026.
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La delibera del 20 luglio 2023 n.343 dell’ANAC segna un punto fermo per quanto riguarda la disciplina dell’Equo compenso, relativamente all’affidamento dei servizi di ingegneria ed architettura. In sostanza sancisce il divieto di fissare dei corrispettivi inferiori a quelli risultanti dall’applicazione delle tabelle ministeriali (DM 17 giugno 2016).
Il pronunciamento dell’Anac nasce da un’istanza presentata da Oice in merito alla procedura di gara per la realizzazione di un parcheggio multipiano. Tale procedura fissava, per l’attività di progettazione del parcheggio, un importo a base di gara ribassato del 20% rispetto ai parametri ministeriali indicati nel DM 17 giugno 2016. La stazione appaltante aveva motivato la decisione di stabilire un importo ribassato sia appellandosi all’andamento del mercato di riferimento e dei ribassi praticati in gare analoghe, sia contestando l’applicabilità della nuova legge sull’Equo compenso, sostenendo che – anche a seguito dell’approvazione della legge n.49/2023 – le tabelle ministeriali “continuerebbero a costituire un parametro di riferimento dal quale è consentito alle Stazioni appaltanti di discostarsi motivatamente”.
A seguito di una puntuale disamina, Anac ha stabilito quanto segue: “Dal complesso delle disposizioni citate si desume che le tariffe stabilite dal D.M. 17 giugno 2016 non possono più costituire un mero ‘criterio o base di riferimento ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara dell’affidamento’. Le tariffe ministeriali, secondo la novella normativa, assurgono a parametro vincolante e inderogabile per la determinazione dei corrispettivi negli appalti di servizi di ingegneria e architettura e l’impossibilità di corrispondere un compenso inferiore rispetto ai suddetti parametri comporta anche la non utilizzabilità dei criteri di aggiudicazione del prezzo più basso e dell’offerta economicamente più vantaggiosa; (…) le procedure di gara aventi ad oggetto l’affidamento dei servizi tecnici dovrebbero essere costruite come gare ‘a prezzo fisso’, con competizione limitata alla componente qualitativa”.
Anac, dunque, giunge alla conclusione che la disciplina contenuta nella legge n.49/2023, in quanto legge speciale, è destinata a prevalere su eventuali previsioni difformi della precedente normativa di cui al d.lgs. n.50/2016. Di conseguenza, l’operato della stazione appaltante, in quanto non rispettoso della necessità di assicurare al professionista un compenso equo, non è conforme alla disciplina di settore. Infine afferma che si tratta di “una novità di assoluto rilievo che, volta a garantire una adeguata remunerazione per le attività libero professionali, risulta indirettamente idonea anche a tutelare la qualità delle prestazioni”.
“Il Consiglio Nazionale – afferma Angelo Domenico Perrini, Presidente Cni – esprime la massima soddisfazione e un grande apprezzamento per i contenuti della delibera Anac. Essa è destinata a garantire a tutti i professionisti ingegneri un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto nell’ambito dei contratti pubblici di lavori. Tale interpretazione, inoltre, è sostanzialmente in linea con il documento elaborato dal nostro Centro Studi, a suo tempo reso pubblico, che ha analizzato la legge sull’Equo compenso alla luce dell’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici. A questo proposito, riteniamo che questi principi di portata generale debbano necessariamente trovare piena applicazione. Intanto, il pronunciamento di Anac servirà da guida per le Stazioni appaltanti in sede di redazione dei prossimi bandi di gara per gli affidamenti dei servizi di ingegneria e di architettura”.
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