Anno: XXV - Numero 236    
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Clima bollente in Ultima Generazione.

Gli austriaci si sciolgono, italiani e tedeschi vanno avanti.

Clima bollente in Ultima Generazione.

Il movimento di protesta contro la crisi climatica si ferma (almeno momentaneamente) a Vienna e dintorni. Il ramo italiano, che da poco si è visto chiudere i rubinetti dallo stesso finanziatore dei colleghi austriaci, a Huffpost: “Noi andiamo avanti. Già programmate proteste per l’autunno”

Basta blocchi stradali, mani incollate all’asfalto, proteste nei palazzi del potere e dipinti famosi inzaccherati di vernice: Ultima Generazione, il movimento di protesta contro la crisi climatica, ha deciso di prendersi una pausa di riflessione, almeno in Austria. “Le nostre proteste si fermano”, annuncia un comunicato diffuso nei giorni scorsi, “perché non vediamo più alcuna speranza di successo. Il nostro Paese sembra preferire rimanere nell’ignoranza”. La decisione è stata confermata da Marina Hagen-Canaval, portavoce e volto del movimento, nata nel 1996, che ha spiegato al Corriere della Sera come i fondi rimanenti saranno utilizzati per “coprire i costi della nostra criminalizzazione”, ossia le spese legali legate ai processi che li coinvolgono e che ammontano a circa 80mila euro. Ma mentre gli attivisti austriaci sospendono temporaneamente le loro attività, promettendo di “fondare un nuovo movimento”, le azioni continuano in Italia e Germania.

“La decisione riguarda esclusivamente l’Austria, anche se dall’intervista potrebbe sembrare che ci sia un coinvolgimento più ampio”, fa sapere Ultima Generazione Italia a HuffPost. “Da stamattina riceviamo telefonate per smentire che la decisione ci riguardi. Al contrario, abbiamo già fissato i prossimi obiettivi: un ciclo di azioni tra settembre e ottobre, a Roma e non solo. Noi non ci fermiamo”. Gli attivisti italiani si preparano ad affrontare le sfide future con rinnovato slancio, sostenuti anche da una raccolta di fondi che, in poco più di venti giorni, ha raggiunto la cifra di 20mila euro. “Abbiamo avviato questa campagna per finanziare il prossimo ciclo di azioni, a seguito di recenti cambiamenti finanziari. Abbiamo infatti perso il nostro principale sostenitore, l’americano Climate Emergency Fund (CEF), che ha deciso di dirottare le sue donazioni verso altri progetti di disobbedienza civile climatica negli Stati Uniti”, spiegano gli attivisti italiani. Va evidenziato che il CEF sostiene anche il ramo austriaco del movimento. I soldi arrivano “in parte dal Climate Emergency Fund (una non profit internazionale, ndr) e in grandissima parte da donazioni di privati. Gente che non se la sente di incollarsi con le mani all’asfalto, per esempio, ma vuole dare una mano”, ha ricordato da Hagen al Corriere.

Intanto, anche Berlino tira dritto. Christian Bergemann, portavoce di Ultima Generazione Germania, si è detto sorpreso dalla decisione austriaca, arrivata come un fulmine a ciel sereno. In un’intervista a t-online, Bergemann ha evitato di commentare le motivazioni degli attivisti austriaci, ma ha detto di comprendere la loro mancanza di prospettive. Tuttavia, ha sottolineato, in Germania il movimento è determinato a proseguire. “Siamo in una fase diversa”, ha dichiarato Bergemann, riferendosi alle proteste programmate per l’autunno. Pur riconoscendo che il numero di partecipanti alle azioni è in calo, il ramo tedesco punta il dito contro il governo federale, accusandolo di “non agire” di fronte alla crisi climatica.

A ogni modo, dopo due anni e mezzo di battaglie, il bilancio degli attivisti tedeschi non è molto diverso da quello dei colleghi austriaci. “Eravamo qualche centinaio, diciamo trecento in prima linea e quattrocento dietro le quinte. Abbiamo messo a rischio la vita, la fedina penale, la salute per far capire che stiamo morendo di caldo, che il meteo pazzo di cui tutti soffriamo peggiorerà, che abbiamo tutto da perdere”, ha spiegato Hagen nell’intervista odierna. Eppure, prosegue, “siamo stati al massimo maltollerati. La società è pigra o ignorante. Guardano al loro giardinetto e al loro lavoretto al quale vanno con la loro macchinetta, e mai oltre. Nella loro comfort-zone queste persone stanno morendo proprio come i poveri, le minoranze, il Sud globale dove il caldo uccide già. Ma sono più responsabili, perché sono quelli che i poveri e il Sud li sfruttano”.

Hagen non esita a fare mea culpa, ammettendo che la loro comunicazione potrebbe essere stata “troppo algida, anticapitalista, astratta, che ci ha fatto percepire come elitari, staccati dalla realtà”. E riconosce una critica che è stata spesso mossa al movimento: “Sarei d’accordo che siamo un’élite: bianchi, ricchi con genitori ricchi: pochi tra noi hanno il problema di fare la spesa e se in casa mia si rompe la lavatrice posso serenamente aggiustarla. Ma per questo lottiamo anche per chi non può lottare”, ha concluso la portavoce.

di  Adalgisa Marrocco su Huffpost

 

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