Con la fine del lockdown gli studi medici tornano affollati
Le richieste dei medici di famiglia. Subito gli aumenti e strumenti di automonitoraggio domiciliare disponibili
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Con la fine del lock-down, arriva l’onda dei pazienti non Covid negli studi medici. In Campania a complicare le cose ci si mettono le norme regionali. Quella che in Lombardia è una consuetudine di alcune imprese – chiedere il certificato di riammissione al lavoro per essere certi che il lavoratore non abbia contratto il Covid – in Campania è codificata da una delibera del 29 aprile scorso della giunta guidata da Vincenzo De Luca. Tuttavia, senza referti di test o tamponi, i medici non possono che certificare di aver effettuato una visita generale che non permette di rilevare l’infezione da Covid-19. Luigi Sparano segretario Fimmg Napoli conferma la fase complicata. «Ci siamo messi a disposizione di questi lavoratori, spesso precari. In questi giorni riaprono i settori ristorazione e pizze d’asporto, e loro stanno a contatto con il pubblico. Abbiamo avuto un boom di afflussi da mercoledì 29/4, riceviamo con le misure restrittive adottate in questa emergenza, ove possibile previo appuntamento e con continue sanificazioni e disinfezioni. Ma gli ingressi sono lo stesso tanti, a volte si riempiono gli spazi antistanti il portone dello studio». Sparano segnala una seconda richiesta stavolta dalle Asl. «I Direttori chiedono a noi medici di famiglia di certificare uno stato di presunto benessere dell’assistito che gli consenta di accedere agli ambulatori dell’azienda per visite e controlli senza rischi di contagio per il personale». Insomma, si chiede al medico di famiglia se il paziente sta sufficientemente bene da potersi recare dallo specialista. «Ora, se è un lavoratore a chiedermi un certificato un po’ improprio con lo scopo finale di tutelare la collettività, ci sottoponiamo alla delibera; diverso se, come in questo secondo caso, non c’è delibera alle spalle, e ci si chiede di accogliere noi medici di famiglia il paziente con conseguenti assembramenti al solo scopo di evitare che facciano lo stesso per primi ambulatori che comunque dovrebbero avere regole per distanziamento e sicurezza». Sparano ha inviato una contestazione all’Asl. Anche a Napoli c’è stato un boom di consulti a distanza, che stanno evitando il ricorso massiccio alla sala d’attesa. Le incognite? Forse, i rinnovi delle esenzioni dal ticket, trasportati da marzo a giugno; e probabilmente l’eventualità si rinnovi la disposizione di legge “illuminata” che permetteva fino al 30 aprile ai fragili di astenersi dal lavoro presentando un certificato del mmg sulla base del riconoscimento della disabilità o dell’attestazione di un rischio. Meno febbrile l’atmosfera negli studi di Roma e Milano. A Roma «c’è un aumento leggero di richieste di visite specialistiche ed esami programmati, ma negli studi non c’è stato l’assalto alla diligenza. Meglio così perché l’attività telefonica è aumentata molto», dice Maria Corongiu presidente Fimmg Rm. «L’App Dottor Covid ci sta aiutando a gestire i pazienti con sintomi del virus e il sistema ci consente di verificare se i Sisp delle Asl hanno aggiunto nuovi positivi, di contattarli, di seguirli; un aumento della capacità di questi collegamenti è auspicabile per seguire pure i nostri pazienti cronici a casa. Sugli accessi in studio abbiamo dato regole chiare – non si viene se non per appuntamento e previo triage telefonico – e le ribadiremo, non si può però escludere il “blitz” legittimo di pazienti con urgenze indifferibili come testa rotta, punti da togliere, crisi ipertensive improvvise». «L’emergenza Covid 19 – spiega Ugo Tamborini presidente Snami Milano – ha reso più difficile il lavoro a chi non ha personale di segreteria per via del boom di contatti telefonici». In sala d’attesa l’onda sale lenta, in genere il “blitz” è raro e motivato, tutti gli altri vengono con triage. «Piuttosto, ci ha complicato il lavoro la dematerializzazione delle ricette – dice Tamborini – molti, non solo anziani, non usano il pc, pochissimi “corrispondono” loggandosi al servizio dell’Ats per ricevere la ricetta. Ricorriamo al Nre: se telefonano pazienti cronici con congiunti coetanei può accadere di interrompere la visita e dover leggere 17 numeri di ricetta elettronica di 15 cifre ciascuno al telefono: altre regioni hanno eliminato questo meccanismo, a partire dal Veneto, noi in Lombardia combattiamo da 6 anni invano. Come lavoratori e iscritti Enpam dovremo prepararci, credo, a un’altra onda nel medio periodo: i colleghi che andranno in pensione perché disgustati dal comportamento delle istituzioni, da come sono stati trattati in questa emergenza. Penso alle Asl che si sono riservate passaggi legali verso gli stessi medici che hanno sacrificato la vita per assistere pazienti contagiosi senza mascherine né dotazioni adeguate».
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