Fisco, nove milioni di cartelle in arrivo slittano a dicembre
Proroga fino al 30 novembre per 9 milioni di cartelle esattoriali.
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Il piano che prevede il rinvio è in fase avanzata di studio al Tesoro. Il 15 ottobre quindi, salvo ripensamenti, non finirà la moratoria sulle cartelle esattoriali decisa dal governo per far fronte ai duri mesi del lockdown. Addirittura una parte dell’esecutivo, 5Stelle in primis, vorrebbe allungare a fine anno lo stop, liberando così i contribuenti dalla valanga di adempimenti fiscale incombente. Senza il blocco, come evidente, il 16 ottobre l’Agenzia delle entrate Riscossione dovrà inviare quasi 9 milioni di lettere e Pec (6,8 milioni delle quali lavorate durante i mesi del Covid), per chiedere di saldare il dovuto con il fisco: se ne riparlerà invece a dicembre.
Una valanga di atti, tra multe e tasse non riscosse, si abbatterebbe su piccole imprese, partite Iva e contribuenti, già fiaccati dalla crisi economica, in deficit di liquidità e alle prese con una difficile ripartenza visto l’andamento dei contagi. A spingere per il rinvio c’è sopratutto il timore che possa esplodere una sorta di “bomba sociale” difficile poi da gestire. Preoccupazioni politiche che stanno spingendo il governo a trovare una qualche via d’uscita, preferibilmente di natura strutturale. Accanto alla nuova proroga si studia infatti una sorta di “pace fiscale”, una rottamazione delle cartelle del 2019 e del 2020 da far scattare verso fine anno. Del resto, si fa notare in ambienti tecnici del Tesoro, è già stato fatto quando emergenze non ce n’erano. Non solo il Paese si trova nella più grande crisi dal dopoguerra, ma alle porte c’è una riforma fiscale che potrebbe permettere di chiudere molti conti con il passato.
Anche cancellando una parte ormai inesigibile di quel magazzino di cartelle che vale ormai mille miliardi ma che, tutti sanno, essere per due terzi totalmente inesigibili. Al ministero del Tesoro, intanto, si continua a lavorare anche alla struttura dell’Irpef. Sul tavolo c’è una sforbiciata alle aliquote, che dovrebbero essere ridotte dalle attuali 5 a 3, una semplificazione del sistema delle agevolazioni fiscali e, tra l’altro, una correzione del bonus 80 euro, attualmente viziato da qualche inconveniente tecnico. Sullo sfondo anche una rivisitazione dell’Iva. L’Irpef del futuro è un dossier con molte incognite ma con tre punti fermi nella testa di Roberto Gualtieri. Il ministro dell’Economia punta ad applicare una strategia chiara: ridurre le tasse a partire dal ceto medio ridisegnando la curva del prelievo.
Nei piani del numero uno del dicastero di Via XX Settembre c’è, appunto, la cancellazione di due aliquote (non tutte subito, ma per moduli) con una sostanziale rivisitazione delle classi impositive. Impossibile, al momento, fissare il livello delle future aliquote (oggi posizionate al 23, 27, 38, 41 e 43%), ma chi lavora al progetto anticipa che, di certo, l’aliquota più bassa sarà ridotta di 1-2 punti. Per finanziare la riforma fiscale si cercano almeno 15 miliardi di euro: una cifra che dovrebbe spuntare fuori soprattutto da una riqualificazione delle tax expenditures, i bonus attraverso i quali gli italiani riducono il carico delle tasse da pagare. L’accorpamento delle aliquote sarà realizzato in modo tale da cancellare il paradosso connesso all’allargamento da 80 a 100 euro del bonus Renzi per chi guadagna fino a 28 mila euro e per chi è titolare della nuova detrazione per i redditi fino a 40 mila euro. Per la riduzione del cuneo fiscale sugli stipendi dei lavoratori dipendenti sono stati stanziati 3 miliardi di euro per il 2020. La platea dei beneficiari, tra lavoratori dipendenti privati e pubblici, è così aumenta di 4,3 milioni, passando da 11,7 milioni che percepiscono il bonus Renzi a 16 milioni di lavoratori.
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