La ricetta bianca elettronica ora è realtà ma non mancano le criticità
Con sette giorni di ritardo - partenza il 7 febbraio anziché il 31 gennaio - la ricetta bianca elettronica è diventata una realtà in Italia.
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La medicina generale accoglie con favore la ricetta bianca elettronica ed è già pronta ad utilizzarla, ma la novità porta dati sensibili degli italiani ai database dei ministeri economici e andrebbe fatta una riflessione sulle implicazioni che ciò può avere sulla privacy degli assistiti.
Il medico di famiglia potrebbe far bene a chiedere prima al suo paziente se voglia o meno che una prescrizione di questo tipo sia effettuata online. È la riflessione di Paolo Misericordia, medico di famiglia e responsabile del Centro Studi Fimmg.
Dopo la ricetta “rossa” per farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale, del tutto dematerializzata due anni fa, l’entrata in vigore di un decreto del dicembre 2020 fa in modo che il medico possa ora prescrivere al computer medicine pagate dai pazienti. Dal processo di dematerializzazione restano esclusi solo galenici realizzati in farmacia ed alcuni medicinali stupefacenti che richiedonoricettaministeriale a ricalco. Il farmacista può consultare sul sistema Ts il codice della ricetta come già avviene per i medicinali a carico Ssn, o in alternativa può farsi leggere dall’assistito al telefono il codice abbreviato a quattro cifre; l’utente non dovrà passare nello studio del suo medico ma solo esserne avvertito che gli è possibile prelevare la medicina in farmacia. Dopo lo slittamento dovuto all’adeguamento di alcuni parametri tecnici, da oggi tutte le farmacie italiane devono essere in grado di trattare le ricette bianche dematerializzate. A livello di medici di famiglia, si può partire subito in sette tra regioni e province autonome: Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Sicilia, Valle d’Aosta e Trento-Bolzano. Ma attenzione: i medici non sono obbligati, almeno in questa fase, ad usare il gestionale, né è obbligatorio compilare la ricetta elettronica per tutte le prescrizioni di farmaci a carico dell’utenza. Si può anche procedere con i vecchi metodi, carta e penna. «La dematerializzazione della ricetta bianca ci piace», premette Misericordia. «Facilita al paziente l’accesso a farmaci che magari deve assumere con continuità. In secondo luogo, la ricetta diventa “spendibile” nelle farmacie di tutta Italia; il lavoratore che si sposta potrà acquistare il farmaco di tasca sua in altra regione. Infine, si semplifica la ricostruzione dei percorsi prescrittivi dei medicinali non a carico Ssn. Certo, è già possibile immagazzinare nei nostri gestionali le prescrizioni effettuate con ricetta bianca e risalire ai consumi del paziente e per patologia, ma adesso questi flussi avranno un riscontro parallelo ad opera di altre piattaforme che non sono solo ad uso e consumo dei medici».
E qui arriva la perplessità. «Il Sistema Ts è ideato e gestito da una società del Ministero dell’Economia, Sogei. Ora, se è intuitivo che il Ministero voglia conoscere i flussi prescrittivi per i quali è interessata la spesa del Fondo sanitario nazionale, cioè la spesa statale, non appare altrettanto facile spiegare a tutti i pazienti il motivo per cui si vogliano conoscere i flussi di farmaci pagati direttamente da loro. Bisognerà spiegare dove vanno a finire i dati della ricetta bianca elettronica; non si dovrà sottacere che la ricetta online per farmaci per la disfunzione erettile o di ansiolitici assunti da lunga data verrà immagazzinata da database statali e regionali che in prospettiva potranno ricostruire la storia clinica dell’assistito. Volendo spingerci più in là -aggiunge Misericordia- quello che oggi è un dato terapeutico che può far o meno intuire una condizione ostacolante il conseguimento di una patente di guida o di un porto d’armi, oltre ad essere noto al medico, al paziente ed al circuito in cui si assegna il permesso in questione, sarà noto a terzi operatori. Forse questo non è un problema per il pensionato, ma alcuni lavoratori potrebbero porre problemi di tutela della riservatezza. Coerentemente, il medico di famiglia nel redigere una ricetta elettronica dovrebbe innanzi tutto porsi il problema che il paziente abbia compreso tutto; non è escluso che possa servirci, nei fatti, un’autorizzazione del nostro assistito prima di redigere la nostra ricetta elettronica. Non si tratta di complicare le cose, ma di esercitare tutti, in pari, un diritto ad essere informati delle conseguenze di una novità».
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