Mascherine a prezzo fisso: caos tra modelli
Da carenze a rimborsi, le criticità delle farmacie
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Sono diverse le criticità segnalate in merito al prezzo calmierato delle mascherine chirurgiche oggetto dell’Ordinanza del Commissario straordinario Domenico Arcuri. Se da un lato continuano le segnalazioni di carenze per quelle tipologie, dall’altro anche l’operatività dell’Accordo che dovrebbe ristorare farmacie e parafarmacie della differenza tra prezzo imposto e costo di acquisto più elevato, presenta alcuni nodi irrisolti. A fare la segnalazione è Stefano De Carli, commercialista dello studio Luce di Modena, che spiega come nel Protocollo sia previsto che «l’ottenimento del ristoro presuppone una formale asseverazione dell’istanza di rimborso da parte del commercialista». In molti gestionali giacenza si può modificare: impossibile ufficialità «Pur esprimendo apprezzamento per il risultato ottenuto che dovrebbe ridurre al minimo le perdite a carico delle farmacie che si erano da subito evidenziate dopo l’imposizione del prezzo massimo di vendita delle mascherine chirurgiche» spiega De Carli, «riporto alcuni dubbi sulla possibilità di applicare correttamente i punti contenuti nell’intesa» e «segnalo criticità, in modo particolare, sulla documentazione da presentare». Prima tra tutte c’è la questione dell’«estratto conto del gestionale, che rappresenta una delle incertezze più rilevanti, in quanto il software di carico-scarico, a cui l’Accordo fa riferimento, non è richiesto da alcuna normativa ed è del tutto facoltativo. Motivo per cui non sottostà ad alcuna procedura di controllo, blocco, o quant’ altro da parte di Autorità ispettive che ne possano controllare il contenuto. I programmi stessi sono di conseguenza del tutto elastici per quanto riguarda le immissioni e variazioni, per cui il dato di giacenza alla mezzanotte del 26 aprile scorso». Questo, dal punto di vista operativo, implica che il dato «non può certo essere acquisito acriticamente dal commercialista verificatore. Inoltre, il Protocollo fa riferimento alla “quantificazione delle scorte di magazzino” intendendosi presumibilmente per tale il numero di pezzi di mascherine in giacenza associate al loro prezzo di acquisto, tant’è che dovrebbe essere ottenuto con “riferimento alle relative note di carico e alle note contabili corrispondenti”. Espressioni che non hanno un significato contabile o fiscale certo ma che probabilmente si riferiscono alle fatture di acquisto e ai documenti commerciali o fatture di vendita emessi. Si ritiene la quantificazione richiesta di difficilissimo ottenimento, non solo per la materiale impossibilità di associare a ogni vendita il corrispondente lotto di acquisto, ma anche per l’innegabile caos operativo in cui sono state costrette le farmacie nei mesi scorsi, nel pieno dell’emergenza».
Certificazione Ce: caos operativo a causa di «fornitori improvvisati»
Un’altra incertezza riguarda la documentazione tecnica da allegare, quale «la Certificazione Ce e le altre pratiche (ex art. 15 DL 18/2020)». La situazione di carenza di dispositivi di protezione di alcune settimane fa e il caos generato dai provvedimenti di blocco alle dogane o nei paesi di transito delle forniture di mascherine hanno generato una situazione in cui le farmacie, pur di far fronte alle richieste dei cittadini, «possono essersi rivolte a fornitori improvvisati, che ora creano difficoltà nel fornire la documentazione necessaria». Ma c’è anche un altro nodo, legato al fatto che «l’ottenimento del ristoro presuppone una formale asseverazione dell’istanza di rimborso da parte del commercialista». Da un lato, infatti, va considerato il «costo del professionista»: dato il numero di documenti da verificare, di informazioni da estrarre, di attività (con connesse responsabilità) che il Protocollo chiede al commercialista, «è facilmente intuibile che un intervento del genere potrebbe di fatto vanificare in termini di costo quello che potrebbe essere il beneficio del rimborso». Per fare un esempio: «occorre raccogliere la documentazione di vendita delle sole mascherine oggetto dell’accordo, rilevabile dalle fatture di vendita e dai documenti commerciali emessi – e in questo caso bisogna richiedere l’intervento del tecnico del registratore telematico -, verificando giorno per giorno insieme al farmacista gli scontrini». Da queste vanno tolte «le mascherine utilizzate internamente per le quali, diversamente da quanto riportato nell’accordo, non è necessaria l’auto-fatturazione».
Mascherine a 61 centesimi: è caos tra tipologie e tempistiche
Intanto, c’è una situazione di caos. «Le farmacie sono in attesa di risposte» ha detto Annarosa Racca, presidente di Federfarma Lombardia, in una intervista all’Ansa di oggi. «Quali sono i tipi di mascherine chirurgiche che hanno il prezzo di 61 centesimi? Quali i relativi certificati necessari?». A oggi, «i cittadini ci chiedono mascherine a 50 centesimi, perché nessuno ha spiegato che l’Iva non è ancora stata eliminata». Così come non è stata fatta chiarezza sui tempi: «La produzione a cui fa riferimento il Commissario ha dei tempi tecnici. Sarebbe stato impensabile trovare tali mascherine dal 2 maggio e questo andava detto». Per quanto riguarda l’approvvigionamento «da parte dello Stato» si legge in un articolo di ieri di Repubblica dal titolo “Mai arrivate nei negozi”. Ecco perché sono introvabili le mascherine a 50 cent”, «in un primo momento il Commissario ha puntato sul duplice binario acquisti diretti/gara Consip, ed entrambi si sono dimostrati insufficienti. Ha poi virato sul coinvolgimento del Comparto industriale della Moda col sogno della produzione autarchica». Mentre per quanto riguarda le mascherine «con autocertificazione» l’Istituto «superiore di sanità che deve autorizzarle non riesce ad evadere le pratiche. All’Iss risultano pervenute sinora 968 richieste: di queste solo 46 hanno avuto l’ok alla commercializzazione, 391 sono in attesa di documentazione da parte delle aziende, 84 sono inevase». Mentre per quanto riguarda le «mascherine che Arcuri si è impegnato a rendere disponibili», dal «commissariamento confermano: ci vorranno ancora un paio di giorni per cominciare la distribuzione».
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