Migliorare gli ospedali migliorando la vita dei professionisti sanitari
Solo il cinque per cento di chi lavora in ospedale dichiara di essere motivato allo svolgere la professione. Realtà internazionali a confronto all’ISS per la rete Health Promoting Hospitals.
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Allargare la rete di ospedali impegnati a migliorare il benessere del personale sanitario. È il focus dell’incontro “Promuovere la salute negli ospedali e nei servizi sanitari: il cambiamento arriva da dentro il sistema” organizzato a Roma dall’Istituto Superiore di Sanità per la Health Promoting Hospitals and Health Services (HPH), progetto pilota che, su mandato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dal 1992 ha già dato inizio a circa 584 esperienze in ospedali situati in 33 paesi nel mondo.
Si punta a far acquisire maggiore controllo decisionale sulle azioni compiute per il proprio benessere
Un tema che, considerando i 383 medici deceduti durante l’epidemia di Covid-19 in Italia, e alla luce del fenomeno delle dimissioni silenziose, oggi sta finalmente maturando un’adeguata risposta del sistema. All’incontro erano presenti referenti della Total Worker Health e dell’European Network Workplace Health Promotion, insieme a diverse esperienze di HPH nazionali e internazionali.
«Le aziende sanitarie basano il livello della propria prestazione su quella degli operatori, dei medici e di tutto il personale sanitario, ma dopo la pandemia molte cose sono cambiate, a cominciare dai livelli di tolleranza del personale, che non sono più gli stessi», ha sottolineato Joseph Polimeni, Direttore Generale dell’Azienda Regionale di Coordinamento per la Salute della Regione Friuli-Venezia Giulia. «Oggi dobbiamo entrare in una logica diversa, uscendo fuori dalla dimensione del medico competente. È ancora più attuale riuscire a creare reti che possano mettere in attivo strumenti di monitoraggio del nostro gruppo di lavoro. Il farlo, nell’esperienza del Friuli-Venezia Giulia, crea un clima operativo altamente soddisfacente interno all’azienda».
Salvatore Zaffina, Direttore dell’Unità Operativa di Medicina del Lavoro al Bambin Gesù di Roma, a margine dell’esperienza con l’HPH, ha spiegato: «Di primaria rilevanza oggi sono gli indicatori di efficacia del benessere dei lavoratori con l’obiettivo di misurare gli effetti per l’azienda. Bisogna sapere che il ritorno, in termini di investimento economico, è elevato. Pertanto, non si deve sottostimare, né l’impatto economico dell’assenteismo per malattie professionali e osteoarticolari del personale, né il risparmio economico legato a una intensa prevenzione e all’utilizzo di programmi di Disability Management».
Videointervista a Salvatore Zaffina: «Per la sanità abbiamo costruito il modello POP»
La dichiarazione di Bucharest e l’impegno europeo per i lavoratori
L’azione di cambiamento in cui sono impegnate le varie realtà italiane e internazionali, trova riscontro nella “Bucharest Declaration on the health and care workforce” del 2023, documento che ha riconosciuto a livello europeo i lavoratori della salute come la “spina dorsale del sistema sanitario”. Patrizia Lemma, professoressa del Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche dell’Università degli Studi di Torino, ha commentato: «Il documento è di centrale importanza perché colloca i professionisti al centro della ridefinizione del sistema». E continua: «Nel documento “Caring for those who care”, l’OMS introduce una metodologia puntando sull’attiva consultazione dei lavoratori, incentivando ilpassare da un approccio reattivo, a un approccio proattivo all’interno delle aziende sanitarie».
Solo il cinque per cento di chi lavora in ospedale dichiara di essere motivato allo svolgere la professione
Perciò, ha spiegato Lemma: «I professionisti della salute rappresentano il perno del cambiamento, per ricomporre la frattura in atto, dopo che il patto di fiducia tra cittadino e operatore sanitario si è incrinato durante l’epidemia di Covid-19. Le organizzazioni sanitarie oggi devono accogliere la vision del worker/patient engagement come promotrice del miglioramento della qualità dei servizi: è un processo che richiede la costruzione di robuste alleanze con il proprio personale, con i pazienti e le famiglie, e con la comunità di riferimento».
La crisi dei lavoratori in ambito sanitario e i dati del malessere diffuso
Secondo lo “State of the Global Workplace 2023 Report”, in Italia il 46 per cento dei lavoratori dipendenti dichiara di sentirsi molto stressato sul luogo di lavoro. Nel 2022 circa un milione di lavoratori si sono dimessi e solo il cinque per cento dichiara di essere motivato allo svolgere la professione. Secondo le stime, la vera ragione che porta a cambiare lavoro è la scarsa attenzione dell’impresa verso il benessere individuale e il disinteresse aziendale per il work-life balance.
Proprio la crisi dei lavoratori della salute recentemente è stata al centro di numerose ricerche, tra le quali un sondaggio compiuto tra dieci paesi ad alto tenore di vita, grazie al quale è emerso che la maggior parte dei medici sottoposti a elevati livelli di stress e burn out, dichiarava di voler andare in pensione nei futuri tre anni.
La crisi oggi è enfatizzata in oltre 13 paesi dell’Unione Europea dove i cambiamenti demografici della popolazione significano sia il pensionamento dei professionisti, sia la mancanza di un adeguato ricambio generazionale, sia un aumento della domanda di cure da parte dei pazienti, soprattutto per ciò che concerne le patologie croniche.
Michele Carugno, referente del Total Worker Health (TWH) e professore associato di Medicina del lavoro e Medico del lavoro del Policlinico di Milano, ha affrontato il tema dell’approccio sistemico alla questione del benessere della salute dei lavoratori, sviluppato dal NIOSH (National Institute for Occupational Safety and Health) con sede a Washington: «L’approccio TWH agisce attraverso programmi di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro in modo sistemico. I programmi si basano, sia sulla prevenzione e riduzione del rischio sul lavoro, sia sulla progettazione sinergica con le istituzioni».
Carugno ha continuato spiegando: «Per implementare la rete, in Italia abbiamo scelto di agire valorizzando innanzitutto quel che già esiste, cioè gli ambulatori di medicina del lavoro, impegnandoci nel rafforzare la rete MAREL (Malattie e Rischi Emergenti sul Lavoro) e implementando gli scopi di utilizzo della piattaforma online».
Per l’European Netwok for Workplace Health Promotion,la referente Maria Dolores Solé, durante il convegno, è intervenuta raccontando cosa caratterizza l’approccio HPH: «L’HPH permette l’empowerment del lavoratore della salute, processo di potenziamento attraverso il quale è possibile, per la persona stessa, acquisire maggiore controllo decisionale sulle azioni compiute per il proprio benessere». Solé durante l’intervento ha evidenziato gli ottimi risultati ottenuti con l’esperienza spagnola e come sia per questo centrale proseguire nell’implementare il network.
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