“O i libri di scuola o la spesa”.
A Bologna crescono i poveri Cresce a Bologna il numero di famiglie in difficoltà. E se le prime a saltare sono le visite mediche, i genitori "devono scegliere se mangiare o comprare i libri di scuola o vestirsi"
Anche nella ‘ricca’ Bologna ci sono famiglie che “devono scegliere se mangiare o comprare i libri di scuola o vestirsi”, mentre le visite mediche sono la prima cosa a cui si rinuncia. Un fenomeno peraltro in “continuo aumento”, perché “adesso il passaggio dalla fragilità alla povertà avviene in un batter d’occhio. Basta un nonnulla “. A far suonare ancora una volta il campanello d’allarme è Giovanni Melli, presidente di Civibo, l’associazione che porta avanti le Cucine popolari. “La situazione è drammatica”, dice chiaro e tondo Melli, parlando alla ‘Dire’ questa mattina a margine di una conferenza stampa in Comune a Bologna. Alle Cucine popolari, spiega il presidente, il 64% delle persone che si presenta è italiano, in aumento rispetto agli anni passati quando erano i cittadini stranieri i più presenti. E in prevalenza sono uomini.
Ma, segnala Melli, ci sono anche “molte famiglie”, che sono “numericamente aumentate. E stiamo notando che, col fatto che ricominciano le scuole, le famiglie devono scegliere se mangiare o comprare i libri o vestirsi. Hanno una graduatoria e purtroppo all’ultimo posto c’è la salute”. Cioè, “rinunciano alle cure perchè costano troppo “. Nel novero rientrano anche famiglie che “hanno due lavori- continua Melli- entrambi poveri, e non ce la fanno se hanno un figlio o due che devono andare a scuola“, perchè il reddito da lavoro non basta per pagare anche affitto e bollette. “Mentre prima dalla fragilità la gente scendeva più lentamente, quindi potevi intervenire con dei correttivi- spiega Melli- adesso il passaggio alla povertà avviene in un batter d’occhio. Basta un nonnulla. E questo non può essere a carico del mondo delle associazioni, bisogna proprio ripensare le politiche in maniera più seria”, è il monito del presidente delle Cucine popolari di Bologna.
Ad oggi, continua Melli, la realtà bolognese “è rappresentata da un continuo avvicinarsi di persone che hanno bisogno. Notiamo, soprattutto dopo il periodo delle ferie, un aumento di partecipazione alle nostre cucine. Segnale che la gente è preoccupata per la situazione economica. Le persone, soprattutto più fragili, si stanno impoverendo rapidamente. Quindi c’è un aumento: non sono numeri esplosivi, ma è graduale e continuo”. In questi anni, poi, le Cucine popolari hanno assistito anche a un “cambiamento di tipologia delle persone”. Non solo un maggior numero di italiani e di lavoratori. Ma anche l’abbandono da parte di una categoria precisa. “Agli inizi avevamo anche persone sole che venivano a cercarci per mangiare in compagnia- spiega Melli- ma la pandemia ha cambiato le carte in tavola e la gente non si fida più, fa fatica a mangiare con altri. Per noi questo è un cruccio”.
L’allarme sull’incremento della povertà a Bologna viene confermato anche da Marco Mastacchi, presidente dell’Opera Marella. “C’è un segnale di aumento delle difficoltà in città– spiega- però non è facilmente decodificabile. Non riusciamo ancora a capire quali siano le fasce in difficoltà e anche quali siano i reali numeri”. L’idea è che si tratti di “padri separati, persone emarginate dal lavoro, persone che se magari le incontriamo per strada non riusciamo neanche a inquadrarle così”. Anche in ambito abitativo, aggiunge Mastacchi, “c’è tanto bisogno. E non solo in città, ma anche nei paesi dell’Appennino. Sempre più ci sono persone che chiedono aiuto e che sono in difficoltà dal punto di vista abitativo, per motivi familiari o perchè il lavoro non consente di coprire tutti i costi”. Infine, un altro tema che “preoccupa molto” l’Opera Marella è sono i minori non accompagnati, spiega Mastacchi, “che a Bologna sta dando parecchie difficoltà”.
L’allarme sull’incremento delle povertà a Bologna rilanciato anche oggi da Cucine Popolari e Opera Marella “è una cartina al tornasole delle tante scelte sbagliate dell’amministrazione Lepore”. Ne è convinto Giulio Venturi, consigliere comunale della Lega, che punta il dito contro a Palazzo D’Accursio. “Sicuramente vi è una congiuntura negativa che ha portato molte persone della cosiddetta fascia media ad accusare sempre più i rincari della vita moderna e lo scarso se non assente incremento degli stipendi- concede Venturi- ma cos’ha fatto di concreto il Comune di Bologna per andare incontro a queste persone? Cos’ha fatto questa Giunta per arginare il problema delle nuove povertà e dare quella boccata di ossigeno a chi fino a ieri conduceva una vita dignitosa e oggi deve obbligatoriamente rivolgersi alle Cucine Popolari per sfamarsi o dare qualcosa da mangiare ai propri figli?”.
Secondo il leghista, infatti, “le tante case promesse di edilizia popolare a prezzi calmierati sono ferme al palo e oggi l’emergenza abitativa, insieme all’insicurezza crescente della nostra città e ai reati di natura sessuale, sono i principali problemi che affliggono Bologna”. In particolare, punta il dito Venturi, “non vi sono case né per chi è in difficoltà né per gli studenti, costretti a cambiare facoltà e in molti casi modificare il proprio percorso di istruzione a causa dell’insufficienza di camere in affitto”.
Per questo, incalza il consigliere del Carroccio, “serve un piano casa articolato e reale, non promesse al vento come il primo cittadino ci ha abituati negli anni. Servono studentati nella prima periferia, come da me sempre sostenuto, ovvero la famosa cittadella universitaria al posto di mega-cattedrali nel deserto come Fico, il parco agroalimentare che sta per riaprire e il cui fallimento seppure con la nuova formula è scritto nella pietra”.
Una cittadella dedicata agli universitari, insomma, “dotata di aule studio, appartamenti per studenti, palestre e locali per decongestionare il centro storico- approfondisce Venturi- fino a quando non si deciderà di andare in questa direzione, chi amministra Bologna non darà alcuna risposta né alle nuove povertà né ai tanti giovani universitari. Oggi il problema casa, infatti, è un male comune che si fatica ad accettare e tanto più ad affrontare”, conclude il leghista.
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