Privacy: il parere n. 19 non può applicarsi alle associazioni non ordinistiche
Le realtà rappresentate nell’Elenco del Mise non sono assoggettabili alle norme di riservatezza, che il Codice della Privacy impone alle organizzazioni di tipo ideologico, politico o religioso. Resta invece essenziale il quadro della Legge 4 del 2013.
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Essere iscritti ad un’associazione professionale non ordinistica non comporta una discriminante dal punto di vista politico, ideologico o religioso. Per questa ragione, i dati degli iscritti non possono essere assoggettati alle stesse regole sulla protezione dei dati personali, richiamate di recente dal Garante per la protezione dei dati sensibili nel parere n.19 del 2021. Lo sottolinea l’anammi, l’Associazione Nazional-europea Amministratori d’Immobili, che sostiene la linea espressa sul tema dalla Consulta Nazionale delle Associazioni degli amministratori di condominio.
In sintesi, nel parere del 14 gennaio scorso il Garante per la privacy ha affermato che i dati personali riferiti all’appartenenza ad associazioni private, come quelle dei senz’albo, rientrano tra le realtà sottoposte alle più alte garanzie stabilite dal Codice della Privacy, in quanto idonee ad identificare posizioni politiche, religiose, filosofiche o l’appartenenza sindacale delle persone. Un’analisi che l’Anammi non condivide, perché le associazioni professionali, come specificato nella Legge 4 del 2013, hanno il compito di disciplinare le professioni non organizzate in albi e collegi, nel pieno rispetto delle libertà economiche sancite dalla Costituzione. Lo stesso Elenco istituito presso il Ministero dello Sviluppo Economico ha un valore pubblicistico, istituito in base alla L.4, ha una finalità meramente pubblicistica e non fa riferimento ad appartenenze di alcun genere.
“Le Organizzazioni che rappresentano professioni non ordinistiche – osserva Giuseppe Bica, presidente dell’ANAMMI – non hanno colore politico, né ideologico. Il loro principale compito è quello di formare professionisti validi, di fornire loro un adeguato aggiornamento e, al tempo stesso, di dare valore alla loro attività nel rapporto con l’utente-condominio”. Si lega a questa filosofia di azione anche lo sportello del consumatore, che ogni associazione non ordinistica deve creare al suo interno, in ottemperanza alla Legge 4.
Un esempio in tal senso è rappresentato dalla normale attività della stessa Anammi. “La nostra associazione, iscritta all’Elenco del Mise, sostiene gli associati nella loro attività quotidiana, senza entrare in alcun modo nelle loro scelte di campo. Nel nostro caso, si potrebbe dire che associarsi significa condividere un modus operandi altamente professionalizzante, un’idea di managerialità applicata al condomino ma ciò non implica alcun tipo di condizionamento politico, filosofico o religioso. Al contrario, l’associazione è chiamata a fornire a tutti gli iscritti servizi e consulenze con identica attenzione, nel quadro di un codice deontologico e a tutela dei nostri utenti finali, vale a dire i condòmini, che possono rivolgere le loro segnalazioni allo sportello del consumatore”.
Valorizzare l’attività degli amministratori iscritti nei confronti di chi si avvale delle loro prestazioni professionali impone una serie di attività pubblicistiche, pur sempre nel rispetto delle leggi e della privacy dei soci. “E’ in questo quadro che consentiamo ai soci di utilizzare il logo – spiega Bica – si tratta di un segno distintivo, ammesso dalla legge 4 del 2013. È sempre con riguardo agli utenti-consumatori che, sul sito web, compaiono una serie di informazioni utili, secondo i criteri di trasparenza, veridicità e correttezza, nel rispetto della Legge 4”.
In particolare, le associazioni professionali non ordinistiche hanno l’obbligo di pubblicare la composizione degli organismi deliberativi, la struttura organizzativa, il codice di condotta, l’elenco degli iscritti aggiornato ogni anno, i recapiti e le modalità di accesso allo sportello del consumatore. “È la Legge 4 a disegnare l’ambito in cui le associazioni dei senz’albo devono muoversi – sottolinea il presidente Dell’Anammi – In tal senso, è infondato ritenere che a queste realtà si attuino le stesse norme di protezione dei dati che il Codice della privacy impone alle organizzazioni con una chiara impronta ideologica. Il parere n.19 del Garante non può quindi essere applicato alle nostre attività”
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