Ristori tra 10 e 20 miliardi, stop Imu.
Ecco il decreto imprese da 40 miliardi
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Quaranta miliardi è l’importo del nuovo scostamento di bilancio e quaranta miliardi è la cifra che tiene compatto il Governo sul tiro dell’intervento. È la cifra che permette a Mario Draghi di mantenere fede alla promessa di “dare soldi, non chiederli” e a Salvini di rivendicare il risultato con quella parte del mondo produttivo – commercianti, artigiani e partite Iva – a cui la Lega guarda in termini di consenso politico. Quasi tutti i soldi – circa 36 miliardi – saranno destinati agli aiuti alle imprese. Mentre 4-5 miliardi serviranno a finanziare alcuni progetti che saranno esclusi dalla versione finale del Recovery plan.
La cifra, economica e politica, del nuovo scostamento è stata definita. Ora tocca ai passaggi formali. A iniziare dalla riunione del Consiglio dei ministri, chiamato a inviare in Parlamento la richiesta di autorizzazione per sforare il deficit. Per tutto il giorno si rincorrono più ipotesi sui tempi. A tarda sera prende forma una doppia opzione, che diventerà decisione solo mercoledì mattina, a ridosso del Consiglio dei ministri convocato alle 11.30: approvare solo lo scostamento o rinviare tutto a venerdì, al massimo al week end, per approvare sia lo scostamento che il Documento di economia e finanza, ancora non pronto. Tra l’altro i due provvedimenti sono intrecciati perché il Def dovrà certificare l’extra deficit da 40 miliardi che sarà tirato fuori per mettere in campo i nuovi aiuti. E a sua volta il Def si intreccia con lo scostamento per la questione Recovery dato che una parte dei 40 miliardi, circa 4-5, saranno usati per iniziare a riempire un Fondo che salirà di importo di anno in anno, fino al 2026, in linea con la durata del Recovery e dei progetti che dovrà finanziare. Dotazione del Fondo a regime: 30 miliardi.
Ma la questione dei tempi è secondaria rispetto alla portata degli interventi. Una volta che il Consiglio dei ministri avrà dato il via libera allo scostamento toccherà al Parlamento. Poi di nuovo al Governo che, incassato il via libera delle Camere, procederà alla scrittura del decreto Imprese chiamato ad assegnare i 36 miliardi di aiuti. L’obiettivo è arrivare ad approvare il provvedimento a fine mese, al massimo all’inizio di maggio, per fare arrivare i soldi nel giro di un paio di settimane, tre al massimo. Le misure del decreto saranno definite nel dettaglio nelle prossime due settimane, ma un primo scheletro di intervento c’è già.
Dei circa 36 miliardi di aiuti, una parte sarà a fondo perduto. Sono i cosiddetti ristori. Soldi che saranno erogati ancora una volta dall’Agenzia delle Entrate sui conto correnti dei titolari dei bar, dei ristoranti e delle altre attività colpite dalle restrizioni e dai danni del Covid. Le simulazioni sono in corso e oscillano tra 10 e 20 miliardi. Bisognerà prima decidere se dare più soldi ad alcune attività, quelle più colpite, o se invece si sceglierà un parametro uniforme. In ogni caso i ristori saranno parametrati su due mesi, non su uno solo come avvenuto con il decreto Sostegni da 32 miliardi approvato dal Cdm il 19 marzo. Se i miliardi per i ristori saranno venti allora ci sarà un raddoppio rispetto all’intervento di un mese fa, quando si stanziarono 11 miliardi. Se invece si opterà per una cifra compresa tra 11 e 19 miliardi, i soldi potrebbero andare a una platea di beneficiari più ristretta, che riceverebbe però un aiuto più sostanzioso rispetto all’ultimo.
L’altro grande bacino degli aiuti è quello dei costi fissi delle imprese. Quindi credito d’imposta per gli affitti e aiuti per pagare le bollette. Corposo anche il capitolo tasse: stop alla rata dell’Imu di giugno e alla tassa per l’occupazione di suolo pubblico. E poi ancora misure per sostenere le attività con la liquidità. Ma anche la proroga delle moratorie su prestiti e mutui. Con una differenza sostanziale rispetto all’ultimo provvedimento: sospeso il pagamento del capitale, si dovranno invece versare gli interessi. A completare il pacchetto da 36 miliardi di aiuti anche un miliardo per le imprese che assumono con contratto a tempo determinato di uno o due anni: gli sgravi andranno a chi farà ritornare nel mondo del lavoro i disoccupati, ma anche chi percepisce la cassa integrazione o il reddito di cittadinanza.
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