Ssn in crisi, 4,5 milioni di italiani hanno rinunciato a visite nel 2023.
Secondo l'undicesima edizione del Rapporto sul Benessere equo e sostenibile) di Istat il 7,6% della popolazione ha rinunciato a visite mediche o accertamenti diagnostici.
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Nel 2023 sono circa 4,5 milioni i cittadini che hanno dovuto rinunciare a visite mediche o accertamenti diagnostici per problemi economici, di lista di attesa o difficoltà di accesso, il 7,6% della popolazione: in aumento rispetto al 7% del 2022 e al 6,3% del 2019, probabilmente per recupero delle prestazioni sanitarie differite per il Covid-19 e difficoltà a riorganizzare efficacemente l’assistenza sanitaria. Lo rileva l’undicesima edizione del Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes) di Istat.
Si assiste ad un raddoppio della quota di chi ha rinunciato per problemi di lista di attesa (da 2,8% nel 2019 a 4,5% nel 2023); stabile la rinuncia per motivi economici (da 4,3% nel 2019 a 4,2% nel 2023), ma comunque in aumento rispetto al 2022: +1,3 punti percentuali in un solo anno.
Il Rapporto rileva un sistema sanitario in crisi con carenza di personale, cittadini sfiduciati e migrazione ospedaliera. Dopo l’esperienza della pandemia, il Ssn deve fronteggiare una situazione in cui molti medici di medicina generale sono prossimi a lasciare il mercato del lavoro (il 77% è over 54) e la loro dotazione era già in forte diminuzione (da 7,5 per 10mila abitanti nel 2012 a 6,7 nel 2022). In deciso aumento la quota dei ‘massimalisti’ con più di 1.500 assistiti (dal 27,3% al 47,7%).
Il sistema ha anche, e da tempo, una carenza di personale infermieristico, con una dotazione pari a 6,8 per mille abitanti nel 2022. Nel 2023 inoltre si registra un peggioramento dell’indicatore sulla fiducia nel personale sanitario negli ultimi 3 anni: il 20,1% dei cittadini ha assegnato un voto da 0 a 5 ai medici e il 21,3% all’altro personale sanitario; le percentuali sono massime nel Mezzogiorno (rispettivamente 24,2% 26,6%).
Torna ai livelli pre-Covid l’emigrazione ospedaliera extra-regione: nel 2022 l’8,3% dei ricoveri in regime ordinario per acuti. Basilicata, Calabria, Campania e Puglia sono le regioni con maggiori flussi in uscita non compensati da flussi in entrata; in Sicilia e Sardegna, sebbene l’indice di emigrazione ospedaliera sia contenuto, è molto superiore all’indice di immigrazione ospedaliera.
Per quel che riguarda la speranza di vita, al 31 dicembre scorso nel nostro Paese, “è pari a 83,1 anni, in aumento rispetto al 2022 (82,3)”, un dato con cui si “recupera quasi del tutto il livello del 2019 (83,2 anni)”: in particolare, “gli uomini con 81,1 anni di vita media attesa tornano allo stesso livello del 2019, mentre per le donne (85,2 anni) mancano ancora 0,2 anni (85,4 nel 2019)”. “La speranza di vita in buona salute nel 2023 è pari a 59,2 anni e si riduce rispetto ai 60,1 anni del 2022”, si precisa nel testo, e “tale riduzione ha riportato l’indicatore quasi al livello del 2019 (58,6 anni), ridimensionando l’incremento anomalo verificatosi tra il 2020 e il 2022 dovuto alla componente soggettiva, per effetto della più diffusa percezione di condizioni di buona salute in tempi di pandemia”, indica l’Istituto di statistica. Nel 2021, va avanti il dossier, nella Penisola “il tasso di mortalità per tumori della popolazione adulta di 20-64 anni è pari a 7,8 per 10.000 residenti e si è ridotto rispetto a quanto osservato nel 2020 (8,0 per 10.000 residenti)”. Tuttavia, “si osservano disuguaglianze socioeconomiche anche per la mortalità per tumori della popolazione adulta, con uno svantaggio che aumenta al diminuire del livello di istruzione”, e “sono più marcate nei maschi, dove gli individui meno istruiti hanno una mortalità 2,1 volte maggiore dei più istruiti, nelle femmine tale rapporto scende a 1,4”, si legge ancora.
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