Torna il Labour ma la Brexit non si cancella
Il nuovo primo ministro britannico Keir Starmer vuole rivedere gli accordi con Bruxelles su commercio, ricerca, sicurezza e difesa, ma non riportare il Regno Unito in Europa: tra i britannici il tema non è popolare.
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Categoricamente “no!”. Durante tutta la campagna elettorale, Keir Starmer ha scientificamente evitato di parlare dell’argomento che per otto densi anni ha occupato il dibattito politico in Gran Bretagna: la Brexit. Quando ne ha parlato, l’intento era di escludere assolutamente un ritorno del Regno Unito nell’Unione europea. “Non penso che succederà. Sono stato sempre molto chiaro su questo o sul ritorno nel mercato unico o nell’unione doganale o agli accordi di Schengen: no”. Parola del leader laburista. Starmer sa che l’opinione pubblica britannica non ne può più. Persino la spinta della Brexit all’indipendentismo degli scozzesi pare essersi esaurita, a giudicare dalla sconfitta dello Scottish National Party. Per contro, il brexiteer Nigel Farage è tutt’altro che fuori gioco, visto che è riuscito a entrare nel Parlamento di Westminster. Ma soprattutto, a voler scrutare ciò che sta succedendo oltre le scogliere di Dover, si vede che anche nel continente le cose sono cambiate: l’Unione sta prendendo una strada nazionalista che punta a indebolire la comunità, piuttosto che a rafforzare i legami tra gli Stati e la condivisione della sovranità. Non c’è aria di inversione della Brexit, a Londra come a Bruxelles. E anche a Washington, il nuovo premier britannico potrebbe trovare una strada non facile, se Donald Trump torna alla Casa Bianca.
È possibile che Starmer riesca a migliorare le relazioni con l’Unione, ma anche qui ci sono punti interrogativi. Certamente il premier laburista ha intenzione di negoziare un “accordo migliore di quello che ha ottenuto Boris Johnson sul commercio, la ricerca, lo sviluppo, la sicurezza”, parole sue. Anche l’industria della Difesa britannica non è più quella di una volta e potrebbe solo beneficiare da un rafforzamento delle relazioni con Bruxelles. Ma ora che Marine Le Pen sta per conquistare il governo in Francia, ora che altri leader nazionalisti ambiscono a prendere il potere in altri Stati (Austria, Germania), l’Unione si ritrova a vivere un momento di svolta epocale che apre incognite anche sul futuro delle relazioni extra-Ue. Tanto per fare un esempio: l’ex premier conservatore Rishi Sunak aveva stabilito un’ottima intesa politica con Giorgia Meloni, punto di riferimento della destra europea. È difficile che il socialista Starmer riesca a fare altrettanto, sebbene lui appartenga alla parte più moderata della famiglia e il suo Labour non sia quello del predecessore Jeremy Corbyn. Ma i suoi punti di riferimento europei sono gli sconfitti di queste elezioni per il rinnovo del Parlamento e delle cariche apicale dell’Ue: Emmanuel Macron e Olaf Scholz. Quanto dureranno?
Con una Unione che vira a destra, è possibile che la Gran Bretagna a guida laburista si ritrovi ancor più isolata, con nessuna intenzione di rientrare e col rischio di non poter sperare in relazioni più distese per recuperare un po’ di terreno nei rapporti commerciali. Londra ne avrebbe bisogno: tutti gli indicatori segnalano un Regno impoverito dopo la Brexit. Ne avrebbe bisogno anche l’Ue, ma con la propaganda nazionalista non si può mai dire. Intanto l’ingresso in società per Starmer avverrà a breve: il 18 luglio il nuovo premier britannico ospiterà la riunione della Comunità politica europea vicino a Oxford. Si tratta dell’organismo voluto da Macron due anni fa per rafforzare le relazioni dell’Unione con altri partner, tra cui il Regno Unito (in tutto la Comunità conta una cinquantina di paesi). Per Starmer sarà l’occasione per saggiare la temperatura dei rapporti con i vicini europei, i nuovi arrivati della destra, i vecchi rappresentanti di una stagione che sembra al tramonto.
E se i rapporti con l’Ue restano un punto interrogativo, anche quelli con gli Stati Uniti non promettono stabilità. E questo potrebbe essere il vero tarlo di Starmer. Se con l’Ue il leader laburista vuole semplicemente trattare condizioni migliori su commercio e difesa, obiettivo di per sé non da poco, con Washington l’intenzione dichiarata è di rinsaldare rapporti che sono storici e che si sono mantenuti forti persino all’epoca di Tony Blair e George Bush, uno laburista della ‘terza via’, l’altro repubblicano. Ma con Donald Trump sarà possibile, sempre che vinca le presidenziali di novembre come tutti i sondaggi indicano? Starmer non ha mai nascosto la sua vicinanza al presidente democratico Joe Biden. I suoi non hanno evitato critiche esplicite a Trump. Ad ogni modo, anche oltre Atlantico una prima prova del nove avverrà subito: la prossima settimana anche Starmer sarà a Washington per il vertice Nato. Prima dell’ingresso in società europea, sarà il debutto negli Usa a segnare la strada.
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