Anno: XXVI - Numero 75    
Mercoledì 16 Aprile 2025 ore 14:30
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Usa-Iran, a Roma sabato secondo round colloqui sul nucleare

Nella capitale ci saranno l'inviato di Donald Trump, Steve Witkoff, il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi e il ministro degli Esteri omanita, Badr Albusaidi, mediatore.

Usa-Iran, a Roma sabato secondo round colloqui sul nucleare

La positività che si respirava in Oman, al termine del primo round di colloqui indiretti fra Iran e Usa, si sta dissolvendo giorno dopo giorno man mano che ci si avvicina al secondo round, previsto per sabato 19 aprile. Le parti appaiono oggi più lontane da un negoziato diretto sul nucleare e sulle sanzioni. Se gli Usa sembrano incerti se usare il bastone o la carota con il regime degli Ayatollah, l’Iran vive con crescente insofferenza l’imprevedibilità dell’amministrazione Trump e i continui cambiamenti di umore e di tono delle dichiarazioni di Washington. Teheran protesta anche per il cambio improvviso di sede dei negoziati – dall’Oman a Roma -, anche se la mediazione resta nelle mani del Sultanato. 

Quando il negoziatore americano Steve Witkoff ha chiarito che l’obiettivo degli Usa è smantellare il programma nucleare iraniano, l’Iran ha ribadito le sue linee rosse: “La questione dell’arricchimento dell’uranio non è negoziabile” ha affermato il ministro degli Esteri Abbas Araghchi. E non è negoziabile il sostegno dell’Iran all’autoproclamato Asse della Resistenza: “La sicurezza nazionale, la difesa e il potere militare sono tra le linee rosse della Repubblica islamica dell’Iran” ha affermato il portavoce delle Guardie della Rivoluzione islamica Ali Mohammad Naini.

Non aiuta il clima la decisione degli Usa di dare seguito alla politica di “massima pressione”: di oggi le nuove sanzioni all’Iran, stavolta contro compagnie petrolifere e di navigazione. E la consegna di nuove armi ad Israele in preparazione di un possibile attacco coordinato all’Iran nel caso di fallimento dei colloqui: l’emittente pubblica israeliana Kan spiega che decine di aerei cargo di carichi di armi pesanti e munizioni sono atterrati negli ultimi giorni alla base aerea di Nevatim, nel sud di Israele.

Non è chiaro, dunque, su quali temi Iran e Usa possano costruire le fondamenta di un accordo. Le analisi degli ultimi giorni prevedono un confronto a Roma molto più complesso del primo a Muscat. Saranno ancora colloqui indiretti (almeno prevalentemente), con la mediazione dell’Oman: ci saranno Steve Witkoff per gli Usa, Abbas Araghchi per l’Iran e Badr Albusaidi per l’Oman. Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, scrive l’Adkronos, dovrebbe avere incontri separati con  i tre protagonisti.

La sensazione è che l’Iran abbia irrigidito le sue posizioni dopo le parole di Witkoff. Teheran, spiega il New York Times, è spaventata dai segnali contrastanti lanciati dall’amministrazione Trump. Subito dopo i colloqui in Oman, il diplomatico americano, in una intervista a Fox News aveva affermato che non era “necessario chiedere uno smantellamento completo del programma nucleare iraniano”, ma solo una sua “limitazione”. Una posizione che è cambiata radicalmente ieri, dopo un incontro alla Casa Bianca tra Donald Trump, Steve Witkoff, il segretario di Stato Marco Rubio, il segretario alla Difesa Pete Hegseth, il consigliere per la sicurezza nazionale Michael Waltz e il direttore della Cia John Ratcliffe. Secondo quanto sostiene Axios, il team di sicurezza nazionale di Trump è diviso su come impedire che l’Iran si doti di un’arma nucleare. Da un lato ci sono i sostenitori del dialogo con Teheran (Vance e Witkoff), dall’altro quelli che ritengono che sarebbe meglio colpire militarmente l’Iran o sostenere un eventuale attacco israeliano (Waltz e Rubio). “La politica sull’Iran non è molto chiara, soprattutto perché è ancora in fase di definizione. È complicata perché si tratta di una questione molto ‘pesante’ dal punto di vista politico” ha dichiarato ad Axios un funzionario statunitense a conoscenza delle discussioni interne.

Si spiega così anche la dichiarazione della Guida Suprema iraniana Ali Khamenei: “Siamo molto pessimisti riguardo all’altra parte, ma siamo ottimisti riguardo alle nostre capacità” ha sottolineato l’Ayatollah. L’Iran si avvicina ai colloqui di sabato con estremo scetticismo. “Accoglieremmo con favore l’accordo se venisse raggiunto” ha detto invece il presidente Masoud Pezeshkian. Lo spostamento di sede a Roma fa intervenire anche il Ministero degli Esteri: “Nel calcio, spostare la linea di porta è un fallo tattico e un atto scorretto. In diplomazia qualsiasi cambiamento di questo genere, sostenuto da falchi che non riescono ad afferrare la logica, l’arte della trattativa di buon senso, rischia semplicemente di far sì che qualsiasi apertura vada a rotoli. Potrebbe essere percepito come mancanza di serietà, per non parlare di buona fede. Siamo ancora in modalità test” ha scritto in un post su X il portavoce Esmail Baqaei.

Usa e Iran non riescono a costruire una rete di fiducia, ma preparano i colloqui anche incontrando attori direttamente o indirettamente implicati nel negoziato. Witkoff e Rubio oggi e domani sono a Parigi dal presidente francese Emmanuel Macron e dal ministro per gli Affari Esteri Jean-Noel Barrot e l’Iran è tra i temi sul tavolo. L’incontro con Macron è molto significativo perché la Francia fa parte degli E3 – Francia, Germania, Regno Unito – che avevano contribuito a costruire l’accordo sul nucleare, il Jcpoa, da cui gli Usa sono usciti ufficialmente nel 2018, per volontà di Trump. Parigi teme di essere esclusa dal negoziato sul nucleare iraniano, con gli Usa e l’Iran che potrebbero arrivare ad un accordo che dà vantaggi ad entrambi ma relega l’Europa ad una posizione di retrovia. Macron è stato molto chiaro: “Qualsiasi accordo tra Usa e Iran deve rispettare le esigenze di sicurezza europee”.

L’Iran invece anche stavolta fa precedere il confronto con gli Usa con una visita al suo primo alleato, la Russia. Araghchi sarà giovedì a Mosca dall’omologo Sergei Lavrov e consegnerà un messaggio scritto della Guida suprema dell’Iran al presidente russo Vladimir Putin. Non emergono dettagli sul contenuto di questo messaggio, ma di certo Mosca sta aumentando il proprio pressing sull’Iran affinché faccia qualche concessione in un eventuale negoziato con gli Usa. Al Cremlino interessa che si arrivi il prima possibile ad un accordo che impedisca all’Iran di sviluppare un’arma nucleare. “Mosca è pronta a fare tutto il possibile per contribuire a trovare una soluzione diplomatica alla questione nucleare iraniana” ha assicurato la Russia. Secondo il Guardian, la Russia si sta trovando in una posizione molto scomoda perché deve tentare di convincere l’Iran a trasferire le sue scorte di uranio arricchito sul territorio russo. Il giornale britannico sostiene che gli Usa abbiano presentato la richiesta all’Iran già nel primo round di colloqui a Muscat. Tuttavia l’Iran non sarebbe favorevole alla richiesta. Teheran sostiene che le scorte, accumulate negli ultimi quattro anni, debbano rimanere in Iran sotto la stretta supervisione dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica delle Nazioni Unite (Aiea). Teheran la considera una precauzione, o una forma di assicurazione nel caso in cui l’amministrazione statunitense si ritiri dall’accordo, come ha fatto nel 2018.

Intanto il direttore generale dell’Aiea Rafael Mariano Grossi è arrivato a Teheran. L’Agenzia delle Nazioni Unite vuole supervisionare i colloqui tra Usa e Iran. “L’Iran non è lontano dal potersi dotare dell’atomica” afferma Grossi in un’intervista a Le Monde, concessa a poche ore dalla missione a Teheran. “Se l’Iran possiede materiale sufficiente per fabbricare non una ma diverse bombe, non dispone però ancora dell’arma nucleare – ha detto – È come un puzzle, hanno i pezzi e potrebbero eventualmente un giorno metterli insieme. Resta ancora strada da fare per arrivarci. Ma non sono lontani”.

di Nadia Boffa su HuffPost

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