Bruxelles distrugge il mercato immobiliare
Una direttiva Ue mette a rischio il bene più amato dagli italiani: la casa. Rischiamo di pagare il conto di Glasgow
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L’insensata proposta di direttiva europea che vorrebbe imporre il divieto di vendita o affitto a quelle case che consumano troppa energia per ora è solo una bozza. Dovrà quindi passare al vaglio della riunione dei capi di gabinetto lunedì e poi arrivare sul tavolo del Collegio dei commissari. Poi, se sarà licenziata, dovrà essere approvata da Consiglio e Parlamento Ue. E anche se tutto filasse liscio poi sarebbe sempre competenza dei singoli stati, nel nostro caso l’Italia, adeguare la direttiva al contesto nazionale. E comunque alla fine di questo complesso iter, l’obbligo per i cittadini di adeguare la propria casa, pena l’esclusione dal mercato immobiliare, non scatterebbe prima del 2030 ovvero fra 9 anni. Quindi non bisogna allarmarsi, niente angoscia, le nostre case non saranno svalutate da un momento all’altro. Calma e sangue freddo.
Detto questo, come si fa a non considerare come folle una proposta – ripeto, il divieto di affitto o vendita per quelle case energeticamente meno efficienti, in classe G dal 2030 e in classe F dal 2033 – che come primo effetto immediato avrebbe quello di devastare il mercato immobiliare, condannando le case più vecchie a una enorme quanto immediata perdita di valore? I burocrati di Bruxelles forse non hanno contezza che la maggior parte del patrimonio residenziale italiano è formato da case e villette con classe energetica F o G, quindi poco efficiente. Secondo i dati Istat ben il 60% degli edifici ricade nelle ultime due categorie: stiamo parlando di 7 milioni e mezzo di case. I burocrati di Bruxelles poi non hanno neanche contezza che in Italia la casa di proprietà non è una rarità bensì la norma. Secondo i numeri dell’Agenzia delle entrate ben il 75% delle famiglie italiane possiede un edificio, la pratica dell’affitto è una questione minoritaria. Se ora gli sbadati burocrati di Bruxelles avessero la sensibilità di mettere assieme questi due dati, si renderebbero conto che la stragrande maggioranza degli italiani possiede una casa poco efficiente energeticamente e che quindi avrebbe poco più di 9 anni davanti per fare onerosi lavori di ristrutturazione per evitare che il caposaldo della sua ricchezza si svaluti e si deprezzi.
Ma chi pagherebbe questi lavori? Siamo sicuri che le famiglie italiane abbiano redditi adeguati per sobbarcarsi questi oneri? Lo stato potrebbe, nel caso, pensare di estendere il superbonus 110% per coprire i costi, certo. Però la soluzione permetterebbe solamente uno spostamento di spesa: dalla singola famiglia allo stato ovvero a tutti noi contribuenti, visto che per finanziarsi il governo ha solo due strade, aumentare le tasse (gravando sulla generazione attuale) o aumentare il debito pubblico (gravando su quella futura). Insomma, in ogni caso, un vero salasso. E qui arriviamo all’incongruenza massima della proposta comunitaria: alla fine della fiera l’Unione Europea scaricherebbe sui cittadini europei il costo della sua incapacità ovvero il fatto di aver mancato l’occasione di Glasgow per convincere i paesi emergenti, in primis India e Cina, a ridurre le proprie emissioni nocive. Insomma, va a finire che le lacrime di Sharma, capo negoziatore della Cop 26 di Glasgow, le asciugheremo noi. Con le nostre case.
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