Anno: XXVI - Numero 52    
Venerdì 14 Marzo 2025 ore 13:45
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Chiusi fino a Pasqua A Palazzo Chigi prevale la prudenza: lockdown esteso di due settimane nonostante la pressione delle imprese

La mossa serale di Speranza chiude il dibattito mettendo sul tavolo il parere degli scienziati. Solo dopo si ragionerà a uno sblocco graduale

Chiusi fino a Pasqua A Palazzo Chigi prevale la prudenza: lockdown esteso di due settimane nonostante la pressione delle imprese

Lo diceva chiaramente ad Huffpost il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo: “La chiusura di molte attività, che abbiamo recentemente disposto, dovrà sicuramente protrarsi. La riapertura è prematura”. Ma erano tante e concordanti le fonti nel governo che confermavano a metà pomeriggio questa linea: il dibattito su cosa e come riaprire non è all’ordine del giorno, se non riguardo a limitatissime e specifiche filiere. Un dibattito che pure era aperto, e sul quale è intervenuto all’ora di cena a gamba tesa il ministro della Salute Roberto Speranza: “Nella riunione svoltasi stamattina con il comitato tecnico scientifico è emersa la valutazione di prorogare tutte le misure di contenimento almeno fino a Pasqua”. Un modo per mettere il parere degli esperti come diga al possibile farsi strada di pareri contrari. Dal 3 aprile l’Italia rimarrà ferma per almeno altre due settimane. Solo in prossimità della Pasqua si inizierà a ragionare su uno sblocco, che sarà comunque mirato e graduale. Un indirizzo condiviso con Giuseppe Conte: “Il governo – ha aggiunto Speranza – si muoverà in questa direzione”. Fine del dibattito. Il premier ha chiesto a tutti i ministri di far pervenire entro la mattinata di martedì sulla sua scrivania le valutazioni su urgenze e aree che soffrono meno. Da Palazzo Chigi confermano che è cosa di queste ore una valutazione approfondita e onnicomprensiva su come e quando riaprire con gradualità. Ma spiegano anche che, alla luce dello scenario attuale, non è argomento all’ordine del giorno della prossima settimana. Il sentiment è chiaro: dopo la scelta del lockdown, non portare fino in fondo questa linea e prestare il fianco a un’ondata di ritorno della diffusione segnerebbe la fine politica di qualunque velleità di condurre la ricostruzione. Il premier è rimasto scottato dalle critiche sulla progressività delle misure adottate. Chi lo conosce bene spiega che non ha alcuna intenzione di prestare il fianco a quel che potrebbe succedere dal punto di vista del contagio nel caso di una riapertura troppo accelerata. Dal Pd, ma soprattutto dal Movimento 5 stelle, arrivano parole di fuoco sul pressing in questo senso di Matteo Renzi. “Procedere con la leggerezza sarebbe da irresponsabili – attacca una fonte di governo pentastellata – la bussola del presidente del Consiglio ha sempre avuto la tutela della salute come suo Nord”. D’altra parte è pur vero che tutti gli scenari possibili sono al vaglio in queste ore nei briefing di governo. Si ragiona sul dettaglio: la riapertura delle singole filiere, la distinzione delle zone geografiche prendendo a riferimento l’andamento del virus, anche la differenziazione – che al momento non sembra intercettare un ampio consenso – per fasce d’età. Conte le sta vagliando, ma al contempo tira il freno a mano. Una discussione è in corso, coinvolgendo anche imprese e sindacati. Al momento tuttavia riguarda solo le filiere cosiddette “secondarie”, vale a dire quelle che sono di supporto a chi produce beni di prima necessità. Da Confindustria è forte la spinta a sbloccare il settore che produce macchine agricole e utensili industriali, i “pezzi” di ricambio per le fabbriche. Questa, come alcuni altri codici Ateco, potrebbe essere sbloccata. Un esponente di governo che sta da oltre un mese sul dossier spiega: “Per come stanno le cose fino a dopo Pasqua non si apre nulla. Se il comitato tecnico scientifico nei prossimi giorni dirà che i dati sui contagi ce lo consentono, vale a dire se il coefficiente che li determina sarà sceso sotto uno, valuteremo qualche riapertura limitata”. La priorità sanitaria stride con la situazione economica che va via via peggiorando. Oggi è il turno di Federacciai. Il presidente Alessandro Banzato, in una intervista all’Ansa, ha levato un grido di preoccupazione: “Da noi il 95% è fermo, in Francia e Germania si continua a produrre, rischiamo di essere tagliati fuori”. Questione questa che, insieme alle tante altre emerse negli ultimi giorni, è all’attenzione del governo. “Qualcosa si farà – spiega una fonte dell’esecutivo – ma di molto limitato. Qualcuno protesterà, e capisco già da ora quel tipo di punto di vista, ma non potremmo fare altrimenti”.

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