Commercialisti e consulenti del lavoro alla sfida del futuro
Cruciale sarà il ruolo dei giovani professionisti che per le loro competenze digitali native non solo saranno protagonisti del cambiamento, ma potranno allearsi con gli studi tradizionali
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Le attività di commercialisti e consulenti del lavoro sono in rapida evoluzione. Il cambiamento in atto è caratterizzato da nuovi vincoli, ma anche da interessanti opportunità. I professionisti contabili partono da un punto di forza fondamentale rappresentato dal solido rapporto di fiducia con i propri clienti. Necessario ad affrontare i cambiamenti. Al tempo stesso, la sfida più importante per i professionisti è la realizzazione di sinergie, sia all’interno delle singole professioni che tra i diversi ordini.
Cruciale sarà il ruolo dei giovani professionisti che per le loro competenze digitali native non solo saranno protagonisti del cambiamento, ma potranno allearsi con gli studi tradizionali per affrontare al meglio le sfide del futuro. La chiave è rappresentata da due elementi: specializzazione e aggregazione. Temi sui quali ci siamo spesso soffermati anche su questo blog. Sul fronte specializzazioni, per i commercialisti la tecnologia è destinata a diventare sempre più centrale. Oggi l’imprenditore non si aspetta più dal suo consulente solo la pianificazione fiscale-previdenziale e il controllo degli adempimenti formali. È alla ricerca di indicazioni che gli possano garantire la sopravvivenza ed è per questo disposto a investire in consulenza. Le PMI e le micro imprese delegano già oggi ai commercialisti e ai consulenti del lavoro un gran numero di mansioni: dalla gestione del personale agli adempimenti amministrativi. Un rapporto di questo tipo è, tuttavia, limitato in uno schema definito, i cui margini di evoluzione sono ridotti e legati a cambiamenti legislativi.
Quello che serve all’evoluzione delle Pmi e dei professionisti contabili è il saper cogliere le opportunità e far evolvere il rapporto in una sorta di partnership e di co-organizzazione dell’attività imprenditoriale. Diventare business partner di un’azienda, per quanto impegnativo per uno studio professionale dal punto di vista organizzativo, è un’opportunità per incrementare il legame di fiducia e costruire un rapporto di collaborazione professionale dal quale non si può prescindere. Solo così i professionisti contabili possono diventare protagonisti dello sviluppo delle PMI.
I nuovi ruoli che potranno essere ricoperti da commercialisti e consulenti del lavoro partono dagli adempimenti basilari efficientati dagli strumenti digitali che consentiranno di liberare risorse, in termini di tempo e personale, da destinare ad attività a maggiore valore aggiunto. Anche importando altre esperienze sia nazionali che estere. Sul modello delle big four e delle altre grandi consulting, per apprendere best practices e modelli di successo, estendendosi a settori finora non connaturati alle professioni. Del resto, come riportato nel recente Libro Verde delle professioni curato da European House Ambrosetti, la trasformazione digitale consente di avvalersi di nuovi strumenti che accrescono l’efficienza e offre l’opportunità di intraprendere percorsi di formazione continua e aggiornamento, imprescindibili in un contesto di continuo cambiamento.
L’intelligenza artificiale, come detto in altro post su questo blog, a volte guardata con sospetto e giudicata una minaccia per il lavoro di commercialisti e consulenti del lavoro, è e sarà strumentale alla trasformazione digitale delle imprese. Gli studi professionali dovranno attrezzarsi non solo per affrontare questo percorso, ma soprattutto per poter essere loro stessi ad accompagnare le aziende nella transizione digitale. Commercialisti e consulenti del lavoro, infatti, sono coloro che hanno consentito la digitalizzazione del fisco italiano, dalla fatturazione elettronica, al c.d. “730 precompilato” e, più in generale, attraverso il contributo fondamentale apportato alla costruzione delle banche dati digitali delle Pubbliche Amministrazioni cui hanno trasmesso, a costo zero, i dati in loro possesso rendendo possibile l’erogazione di prestazioni di welfare, pensioni, cassa integrazione, in particolare durante il periodo pandemico.
Altro aspetto fondamentale non solo organizzativo, riguarda il modello di business. I piccoli studi potranno avere successo sul mercato se riusciranno ad avviare processi aggregativi, mettendo a fattor comune le risorse e aumentando l’efficienza complessiva dei servizi offerti. In strutture dimensionate i singoli professionisti potranno specializzarsi internamente anche in nuovi ambiti diversi da quelli tradizionali, quali ad esempio data science, e-commerce, identità digitale, marketing professionale, intelligenza artificiale, privacy ed ESG, solo per citarne qualcuno. Una lezione che i consulenti del lavoro sembrano aver capito. Con un boom di aggregazioni: in due anni le società tra professionisti si sono quadruplicate. Ma il 75% è ancora organizzato come studio individuale, secondo il Politecnico. Sul fronte commercialisti stanno crescendo le aggregazioni, nelle forme di società tra professionisti e network che rispondono all’esigenza di fornire servizi evoluti mantenendo autonomia operativa e organizzazione leggera che consente di offrire migliori servizi ai propri clienti a costi minori.
di Domenico Posca (Presidente Unione Italiana Commercialisti)
(Questo post è stato scritto insieme a Stela Gazheli – Area Lavoro Unione Italiana Commercialisti)
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