Covid, la pandemia non ha ucciso l'ignoranza: anzi
La cosa sarebbe persino comica, se non fosse pericolosa, specie in questo altrettanto inedito frangente di pandemia al tempo della globalizzazione.
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Lo sapete che i vaccini sono “terapie geniche sperimentali”, Ogm che ci modificano il Dna? Lo sapete che il Covid intero è una truffa, con falsi computi di morti, mascherine che non servono a niente (lo dice pure quel mammasantissima di Fauci, in un tot di mail “segrete”, ma stranamente pubbliche) e asintomatici non contagiosi? Lo sapete che i virologi passano il tempo a litigare tra loro o stare in tv (ma non si capisce di cosa dovrebbero occuparsi, visto che la pandemia è farlocca)? Lo sapete che i vaccinati antiCovid moriranno tutti tra due anni? Lo sapete che la papaya fermentata cura tutto, altro che vaccini? Lo sapete che c’è una “scienza vecchia”, evidentemente superata, come potete facilmente constatare da voi, ma solo se c’è la Luna in Scorpione, siete orientati verso Est e avete accanto del benefico letame di vacca?
No che non potete saperlo. Perché sono tutte sciocchezze. Al momento, però, sono tra le più ricorrenti, visibili e diffuse nel vasto mondo del web, specie sui social. Dove funzionano – nella strategia di chi, ben consapevole e a volte (non sempre) per nulla scemo, le costruisce e diffonde – da adescamento degli ignoranti. Non cattivi, non necessariamente scemi (però aiuta), non spregevoli, ma certamente ignoranti.
Come eravamo ignoranti bene, una volta. Se non sapevamo una cosa, non la sapevamo. E a volte ci scusavamo: nel mondo dell’istruzione per tutti faticosamente conquistata era davvero brutto essere ignoranti. E sì, era anche una cosa di cui ci si vergognava. Al limite, la si mostrava solo fra amici, al bar, e restava lì.
Oggi siamo ignoranti malissimo, siamo ignoranti con un sacco di pretese, col rovesciamento dell’onere della prova: dimostrami tu che la cosa che sai esiste, che vale la pena di saperla, che serve a qualcosa, che chiunque tu sia – professore universitario, ricercatore, semplice laureato, a qualsiasi titolo esperto o conoscitore o studioso di qualunque cosa, ma persino, talora, umile applicatore dei principi basilari della logica – hai il diritto di dirla, e questo diritto sta alla pari col mio diritto di non saperla e comunque di contraddirti.
Ha interessanti risvolti psicologici (anche psichiatrici, invero) e persino sociologici l’ignoranza di oggi, che fiorisce rigogliosa nel mezzo della più grande diffusione e accessibilità della conoscenza mai vista sul pianeta. Tanto da avere anche una sua teorizzazione, un’ideologia dell’ignoranza, dell’incompetenza – lo vediamo in politica – come garanzia di “purezza” super partes (in effetti, certe ignoranze non sono contaminate dalla benché minima traccia di conoscenza: sono perfette, a modo loro).
La cosa sarebbe persino comica, se non fosse pericolosa, specie in questo altrettanto inedito frangente di pandemia al tempo della globalizzazione.
Perché è inevitabile che tutta questa massa di sciocchezze cosmiche s’infiltri nella nostra vita quotidiana, e possa attentare a scelte importanti. Quella di vaccinarsi, quella di continuare a portare la mascherina, quella di accettare misure e restrizioni, quella di pretendere il distanziamento e la ventilazione corretta (ah, se il concetto di diffusione del virus con l’aerosol avesse lo stesso ufficio stampa della strepitosa balla della “terapia genica dei vaccini”!).
Così noi prudentisti e cautelisti ci ritroviamo additati come “gregge che ama la dittatura sanitaria”, “robot indottrinati dalla tv” (ma le hanno mai viste certe trasmissioni?), “covidioti” da gente che non passerebbe un esamino di quinta elementare, ma sui social contraddice chiunque, perché “ha letto un articolo dove è spiegato tutto e ha aperto gli occhi”.
Intanto Jenner, Pasteur, Sabin, Fleming, Golgi, Madame Curie, Semmelweis, Lister e direi persino il buon Galileo si rivoltano nella tomba. Se vivessero oggi, sai quanti scriverebbero sui loro social “basta con la dittatura sanitaria, basta con lo scientismo”?
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