Dazi, eurobond e mega
Il Presidente USA Donald Trump ha avvertito che “presto annuncerà dazi anche contro la UE”.
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Nel summit informale nella UE si è discusso di difesa e di rapporti commerciali con gli USA.
I dazi sono un’imposta indiretta sui consumi che colpisce la circolazione dei beni da uno Stato all’altro.
Gli economisti dicono che i dazi fanno male sia a chi li impone sia a chi li subisce.
Nel frattempo, in Italia il 4 ottobre 2024 è entrato in vigore il decreto n. 141/2024 e cioè la riforma della normativa doganale, riforma che ha un grande impatto per le imprese che operano nel commercio internazionale.
Consiglio la lettura del libro “Riforma del diritto doganale” di Sara Armella e Antonella Bianchi.
L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha emanato la Circolare n. 20 del 04.10.2024, che fornisce le prime necessarie indicazioni per comprendere le molteplici novità introdotte.
Un cambiamento di rilievo riguarda l’inclusione dell’IVA tra i diritti di confine, insieme a dazi e altre imposte. Questo potrà avere conseguenze importanti per la definizione del debitore nelle operazioni doganali in regime di rappresentanza indiretta. L’integrazione dell’IVA tra i diritti di confine è destinata a semplificare le operazioni e a rendere più trasparenti le responsabilità tra i vari soggetti coinvolti nelle operazioni doganali.
Il 23 gennaio u.s. Nicola Capuzzo ha scritto un interessante articolo dal titolo “Con i nuovi dazi di Trump per l’Italia tante ombre ma anche alcune luci”.
Per quanto riguarda il tema della difesa, il Presidente Trump chiede ai membri della NATO di partecipare alle spese in ragione del 5% del PIL.
Per fare questo l’unica strada praticabile, a mio giudizio, sarà l’emissione di Eurobond con scorporo della spesa dal rapporto deficit / PIL.
Sulla minaccia dei dazi di Trump, mi pare siano emerse due posizioni in Europa: una più determinata, sostenuta da Francia e Germania per i quali “ai dazi si risponde con i dazi” e una più conciliante che cerca di evitare il conflitto commerciale con gli USA.
L’Europa è a un bivio: o implementarsi come Europa o scomparire dalla scena internazionale.
Mi pare utile, a questo punto, valutare la situazione del debito pubblico in Europa e traggo le informazioni dal periodico di informazione sull’attività parlamentare “Madama” del 29.07.2024 che tratta appunto il tema.
«Alla fine del primo trimestre del 2024, il rapporto tra debito pubblico lordo e PIL nell’area dell’euro si è attestato all’88,7%, in leggero aumento rispetto all’88,2% della fine del quarto trimestre del 2023. Anche nell’UE il rapporto è aumentato dall’81,5% all’82,0%.
Rispetto al primo trimestre del 2023, il rapporto debito pubblico/PIL è diminuito sia nell’area dell’euro (dal 90,1% all’88,7%) che nell’UE (dall’83,0% all’82,0%).
È quanto certifica Eurostat nel comunicato del 22 luglio.
Alla fine del primo trimestre del 2024, il debito delle amministrazioni pubbliche era composto per l’83,9% da titoli di debito nell’area euro e 83,4% nell’UE, 13,6% di prestiti nell’area euro e 14% nell’UE, 2,6% di valuta e depositi sia nell’area dell’euro che nell’UE.
I rapporti più alti tra debito pubblico e PIL alla fine del primo trimestre del 2024 sono stati registrati in Grecia (159,8%), Italia (137,7%), Francia (110,8%), Spagna (108,9%), Belgio (108,2%) e Portogallo (100,4%), mentre i più bassi sono stati registrati in Bulgaria (22,6%), Estonia (23,6%) e Lussemburgo (27,2%).
In Germania il rapporto è stato del 63,4%.
Rispetto al primo trimestre del 2023, dodici Stati membri hanno registrato un aumento del rapporto debito/PIL alla fine del primo trimestre del 2024, quattordici Stati membri una diminuzione, mentre il rapporto è rimasto stabile in Irlanda.
I maggiori aumenti del rapporto debito/PIL sono stati registrati in Estonia (+6,3 punti percentuali), Finlandia (+4,2), Polonia (+3,3), Slovacchia (+2,7), Romania (+2,2), Lituania (+2,1) e Belgio (+2,0). I cali maggiori sono stati osservati in Portogallo (-12,0), Grecia (-9,6), Cipro (-6,8), Croazia (-5,3), Paesi Bassi (-2,8), Spagna e Germania (entrambi -2,2). L’Italia ha registrato una diminuzione di 1,6 punti percentuali.
In termini assoluti e non in percentuale, il debito pubblico più elevato, tra i paesi dell’area euro, alla fine del primo trimestre del 2024, è stato registrato in Francia (3.159 miliardi di euro), seguita da Italia (2.894), Germania (2.635) e Spagna (1.613).»
Su questo scenario va innestato il rapporto “il futuro della competitività europea” presentato il 9 settembre 2024 da Mario Draghi.
Il rapporto Draghi parte dalla premessa che, pure avendo basi adeguate ad essere un’economia altamente competitiva, l’UE registra una crescita ridotta a causa del rallentamento della produttività.
A fronte di questo scenario, il rapporto sostiene che l’obiettivo principale di un’agenda per la competitività deve essere quello di aumentare la competitività nonché di rafforzare la sicurezza, prerequisito per una crescita sostenibile.
Ciò è essenziale, per un verso, se si vogliono mantenere i punti di forza del modello socio – economico europeo che ha permesso di coniugare alti livelli d’integrazione economica e sviluppo umano con bassi livelli di disuguaglianza, e se l’Unione intende, per altro verso, conseguire gli obiettivi ambiziosi che si è posta, quali gli alti livelli di inclusione sociale, neutralità delle emissioni di CO2 e maggiore rilevanza geopolitica.
In questi giorni Elon Musk ha lanciato MEGA: “Make Europe Great Again”; il nome richiama il movimento politico di Donald Trump, declinato per l’Europa.
Secondo gli analisti l’obiettivo di Musk è quello di sfruttare l’ascesa delle nuove destre per rimodellare l’establishment politico europeo, puntando principalmente a ridurre le normative che ostacolano i suoi interessi economici, in particolare nei settori delle tecnologie satellitari e delle auto elettriche.
Non credo che il futuro dell’Europa possa essere disegnato da una tecno-plutocrazia, ma staremo alla finestra.
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