Ergastolo ostativo, è alta tensione tra Consulta e Senato
Regna il caos più assoluto specie se il Senato apporterà delle modifiche che, di conseguenza, faranno tornare il testo alla Camera dei Deputati
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È alta la tensione tra Corte costituzionale e Senato. Oggi infatti la Consulta sarà chiamata a pronunciarsi di nuovo sull’ergastolo ostativo. Cosa faranno i giudici? Aggiungeranno all’accertamento della incostituzionalità anche la sua dichiarazione, adottando quindi una sentenza manipolativa che contempli il pericolo di ripristino, o concederanno ancora più tempo al Parlamento per approvare una norma?
Come raccontato nei giorni precedenti, la commissione Giustizia di Palazzo Madama, tramite l’Avvocatura dello Stato, ha chiesto alla Corte un rinvio rispetto al termine del 10 maggio per concedere un extra- time per terminare i lavori. Auspicio ribadito anche ieri da Franco Mirabelli, senatore del Partito democratico e relatore, insieme al leghista Pasquale Pepe, del disegno di legge per la riforma dell’ergastolo ostativo: «Crediamo che si possa concludere il procedimento per la fine di maggio, ci sono le condizioni e quindi confidiamo in un rinvio della Corte costituzionale».
Alla vigilia della decisione della Consulta hanno parlato anche i parlamentari pentastellati della Commissione giustizia della Camera: «È necessario che la politica faccia la sua parte fino in fondo per scongiurare il rischio che pericolosi boss della mafia possano godere, senza aver mai collaborato con lo Stato, dei benefici penitenziari fino alla liberazione condizionale, in assenza di requisiti e paletti ben chiari fissati dalla legge. Il testo approvato dalla Camera – hanno ricordato i deputati e le deputate – è il frutto di un positivo confronto tra i diversi schieramenti: una sintesi che, nel rispetto delle indicazioni della Consulta, può efficacemente garantire la sicurezza dei cittadini e il rispetto della Costituzione. Nell’interesse del Paese, occorre proseguire nei lavori al Senato e mettere in calendario la proposta di legge quanto prima. Bisogna fare in fretta e per farlo serve il contributo di tutti».
Peccato però che a Palazzo Madama vogliano mettere mano al testo approvato nell’altro ramo del Parlamento perché, ad esempio, come sottolineato dal senatore Pietro Grasso, esso «presenta contraddizioni e sovrapposizioni di norme». Con tutta questa incertezza sull’esito delle discussioni, consapevoli anche che questo dibattito si intreccia con l’altra urgente riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario, i giudici costituzionali sono pronti a venire incontro ai senatori?
A differenza del caso Cappato e del carcere ai giornalisti, in questa circostanza il Parlamento ha approvato alla Camera un progetto di legge quindi la Corte costituzionale, per non creare uno scontro istituzionale con il legislatore, potrebbe concedere ancora qualche mese. Ma quanti? E poi un caso del genere non creerebbe un precedente troppo comodo per il Parlamento?
Giustamente, come ha ribadito l’avvocato Giovanna Araniti, difensore di S. P., detenuto non collaborante, sulla cui richiesta di accesso alla libertà condizionale è stato appunto sollevato dalla Cassazione il dubbio dinanzi alla Consulta: «Il Parlamento non solo si è attivato in ritardo per dare attuazione all’ordinanza del 2021 ma l’approvazione eventuale di modifiche ed emendamenti al Senato ovviamente comporterebbe un esame ulteriore alla Camera, per cui non è assolutamente preventivabile una pacifica approvazione della legge in tempi brevi, con o senza modifiche, ove si giunga ad un accordo sui punti di contrasto».
Anche perché non è detto che a Montecitorio poi accolgano il testo così come arrivato dal Senato. A che vale fissare un termine se poi si trova l’escamotage per non rispettarlo? Soprattutto se si pensa che si sta parlando di una norma che va a incidere su detenuti anziani e anche malati che hanno già trascorso 26 anni in carcere e per i quali il tempo scorre e corre. Ha detto bene il professor Davide Galliani in una intervista a questo giornale: «Se la Corte decidesse di dare ancora del tempo al Parlamento dovrebbe almeno avere ben chiare le conseguenze concretissime della sua scelta».
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