Il futuro delle professioni dopo la pandemia, tra sfide e opportunità
Digitalizzazione ed evoluzione tecnologica sono i paradigmi su cui si costruirà il lavoro nel post-pandemia. Si sente sempre più spesso parlare di smart working, Intelligenza Artificiale e Metaverso, concetti che ormai costituiscono parte integrante non solo del lessico lavorativo ma anche del vocabolario quotidiano
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Ma a che punto siamo nel nostro Paese? Quale futuro si prospetta per il lavoro e le professioni? Ne parliamo con il formatore e business coach professionista Mario Alberto Catarozzo, autore del manuale “Il futuro delle professioni dopo la pandemia”, edito da Teleconsul.
Domanda. La pandemia ha velocizzato il processo di digitalizzazione costringendo le aziende al massiccio ricorso allo smart working e ha sollecitato una generale riorganizzazione delle attività lavorative. Quali sono le principali sfide che attendono le imprese e i professionisti nel prossimo futuro? E quale il metodo per fronteggiarle al meglio?
Risposta. La pandemia ha chiuso un’epoca storica e ne ha aperta una nuova. Molti processi, come la digitalizzazione e il cambiamento culturale, erano già in atto prima della pandemia, ma questa crisi ha velocizzato la maturazione delle condizioni per effettuare il passaggio da un prima a un dopo. Dopo due anni, i lavoratori e i professionisti si sono abituati al lavoro ibrido, ad una diversa gestione della vita privata con quella lavorativa, hanno toccato con mano le potenzialità del digitale e i vantaggi che esso porta. Tutto questo sta lasciando i segni e aziende e studi stanno rivedendo i loro processi di lavoro, le dinamiche delle relazioni interne, i luoghi del lavoro e i tempi. Si sta passando culturalmente dal lavoro a tempo al lavoro a progetto e risultato; si stanno valutando dinamiche nuove nella gestione dei flussi di lavoro, che contemperino le esigenze private delle persone, con quelle di business dell’organizzazione; si stanno modificando anche le location di lavoro, per permettere il turnover e rendere il luogo di lavoro un posto dove realizzare la propria personalità e non solo eseguire prestazioni lavorative. La miglior strategia che le organizzazioni possono utilizzare per fronteggiare questo cambiamento è quella culturale e formativa: bisogna coinvolgere le persone in questo cambiamento, falle sentire parte attiva, trasmettere ad esse una nuova cultura e nuovi strumenti per operare adeguatamente in un mondo che cambia.
- Come sostiene nel libro, entro il 2030 l’intelligenza artificiale potrebbe aver permeato completamente i processi aziendali. Quale prospettiva per le professioni tradizionali? Sono destinate a scomparire definitivamente oppure subiranno un processo di trasformazione e adattamento al contesto sociale?
- Se il trend in atto si mantiene, da qui a pochi anni l’Intelligenza Artificiale sarà presente in ogni aspetto della nostra vita lavorativa e relazionale. Questo non vuol dire, come molti pensano, che ciò avvenga a discapito della qualità delle relazioni, oppure a detrimento dei posti di lavoro. L’AI è di fatto una nuova modalità con cui il digitale ci aiuterà a lavorare, relazionarci organizzare la nostra vita. La bontà del suo impatto dipenderà molto dalla capacità delle persone e del mondo del lavoro di saper gestire questa nuova dimensione, quindi di avere la sensibilità e mentalità giusta per utilizzare e non farsi utilizzare. Auspico che aumentino i corsi e le occasioni per formare lavoratori, ma non solo, anche persone e giovani nella scuola alla cultura di utilizzo di queste nuove tecnologie. La formazione tecnica sarà poi indispensabile per permettere di utilizzare sul lavoro queste risorse. È vero che alcuni lavori spariranno, perché anacronistici, ma è anche vero che ne stanno sorgendo molti nuovi, per cui da questo punto di vista non mi preoccuperei, a condizione di lavorare sulla formazione e cultura dei lavoratori, altrimenti sì che verranno tagliati fuori dal mondo del lavoro.
- Parliamo di Metaverso. C’è un filo sottile che lega la realtà digitale a noi nota a quest’altra realtà parallela e virtuale. Quali nuove opportunità professionali potrà offrirci questo mondo rivoluzionario?
- Il Metaverso, anche se per certi aspetti ci appare quasi un gioco, perché ci presenta un mondo virtuale come nei videogiochi, in realtà è una terza dimensione che si affermerà nei prossimi anni interagendo sia con la realtà digitale a cui siamo già abituati, che con la realtà analogica da cui proveniamo. Ci sono voluti 20 anni perché la società assorbisse la realtà digitale come parte integrante delle relazioni e dei processi di business, a tal punto che oggi non si riesce più a fare a meno del digitale nella quotidianità. Tutto fa pensare che la tecnologia sia pronta per questo nuovo salto culturale, dove la realtà virtuale prima si affiancherà e poi si integrerà con le altre due realtà (analogica e digitale) fino a rappresentarne indissolubilmente una sola composita. Le opportunità sono tantissime per i professionisti e per il mondo del business e i numeri sono da capogiro e in crescente aumento. Studiare il Metaverso e cercare di essere tra i protagonisti penso che sia una scelta vincente per aziende e studi professionali.
- Come integrare il sistema digitale all’interno della logica produttiva aziendale senza incorrere nel rischio di un disequilibrio?
- Qui il discorso si sposta su due piani diversi: uno organizzativo, fatto di scelte strutturali e di stile, e uno culturale, fatto di formazione e di sostenibilità. Il digitale è uno strumento, non dimentichiamolo mai, mentre le persone devono essere un obiettivo, soprattutto il benessere delle persone. Intendo con persone sia i collaboratori interni all’organizzazione, che i clienti e gli utenti in generale. Il digitale non può diventare qualcosa che toglie benessere, ma che aggiunge benessere. Dunque, tutte le scelte aziendali così come professionali devono essere ispirate a questa logica e devono essere sostenibili per tutti: business, lavoratori, società.
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