Anno: XXV - Numero 237    
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Il partitismo amorale della magistratura...la separazione delle carriere

Nei momenti di crisi profonda, nei momenti in cui i fatti e gli eventi sconvolgono un'opinione pubblica già stremata e tartassata da una informazione pilotata e indirizzata dalla politica partitica , la risposta delle istituzioni si basa sulla necessità di procedere all'attivazione delle riforme annunciate

Il partitismo amorale della magistratura...la separazione delle carriere

Il caso “Toghe sporche” ha di fatto inaugurato una nuova stagione che ufficialmente non potrà più procrastinare l’esigenza di imporre un cambiamento sostanziale nel potere giudiziario.

Preliminarmente, invocare il principio della separazione dei poteri, posto a garanzia dell’esercizio democratico della res pubblica è doveroso ma purtroppo superfluo, attesa la prassi dilagante della commistione tra i poteri : il governo che legifera secondo le maggioranze e gli indirizzi della politica partitica,  la magistratura soggetta alle stesse regole della politica partitica …e il parlamento come ultimo approdo per lo scambio e il riequilibrio delle posizioni altrove concordate.

Il fenomeno “Toghe sporche”(ormai la Toga fa da padrona nel simbolismo dell’immaginario collettivo giudiziario che non sa più di che “vestirsi”) altro non è che espressione del fenomeno del partitismo amorale applicato alla magistratura.

L’ associazione Nazionale Magistrati è un’associazione che riunisce la maggioranza  dei magistrati italiani , divisa al suo interno in correnti che fanno riferimento ad aree politiche determinate.

Il caso Palamara e le svelate  intercettazioni, stanno evidenziando un sistema a griglie e maglie non dissimile da quelli oggetto delle più famose inchieste dagli ultimi trent’anni ad oggi , inchieste che come unici elementi di diversità l’una dalle altre , recano le generalità  dei soggetti coinvolti ed i settori in cui operano, ma identiche nell’ identificazione delle fattispecie di reato.

I fatti evidenziano la presenza di lotte fratricide per le nomine nelle procure, lottizzazioni e minacce di trasferimenti , riunioni conviviali, in un scenario in cui i protagonisti, appassionati al carrierismo,  si battono per la poltrona, posizioni e incarichi.

Un giornalismo asservito ai Pm che a seconda delle esigenze mediatiche legate all’area di appartenza, funge da cassa di risonanza , il tutto ai danni di una Giustizia ingiusta, dove il valore dell’imparzialità cede il passo ad una forma ormai acclarata di partitismo amorale della magistratura. Il susseguirsi delle inchieste impedisce ai componenti del consiglio direttivo di ANM di andare al rinnovo degli organi e c’è chi auspica l’intervento del Capo dello Stato come unico intervento risolutore.

Gli eventi che stanno travolgendo la magistratura impongono una seria riflessione sulla sua struttura e sulle prerogative/garanzie che alla stessa vengono dalla legge garantite.

La Costituzione agli art. 104-106 prevede per tutti i magistrati un unico ordine, un unico concorso, possibilità di passaggio da una funzione all’altra; un unico organo di autogoverno, il Consiglio Superiore della Magistratura (art. 104). La compatibilità di un regime basato sulla  separazione delle carriere con la Costituzione , che nel concreto non fa mai riferimento alle carriere,  è stata affermata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.37 del 2000. Non sarebbe dunque contrario  alla Costituzione,  prevedere un concorso unico ma seguito poi da percorsi rigidamente separati.

Il passaggio dal processo inquisitorio al processo accusatorio avrebbe imposto una riforma nell’ordinamento giudiziario in tal senso.

Il ruolo cardine del Pm nella fase delle  indagini preliminari necessita di capacità, preparazione anche tecnica per perseguire l’ obbiettivo. Nel dibattimento non deve essere, come è stato definito…un paragiudice.

Il giudice, in questo quadro, si staglia come figura neutrale, non coinvolta, al di sopra delle parti. Contraddice tutto ciò il fatto che, avendo formazione e carriere unificate, con destinazioni e ruoli intercambiabili, giudici e Pm siano, in realtà, indistinguibili gli uni dagli altri.

Mi appassiona, in questi momenti,  ripercorrere il pensiero di Magistrati come Livatino e Falcone , il primo sul tema della politicizzazione della magistratura a discapito della invocata indipendenza e imparzialità, il secondo    sulla esigenza di procedere alla separazione delle carriere .

La  premessa è unica e indefettibile : l’ indipendenza del magistrato non è una prerogativa o un privilegio di chi riveste l’ufficio e la funzione ma un istituto a tutela dell’imparzialità della funzione giudiziaria e, dunque, del principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge (art. 3 Cost.).

È necessario che le decisioni “nascano da un processo  motivazionale autonomo e completo, come frutto di una propria personale elaborazione, dettata dalla meditazione del caso concreto; non come il portato della autocollocazione nell’area di questo o di quel gruppo politico o sindacale, così da apparire come in tutto od in parte dipendente da quella collocazione” (…)

“il giudice di ogni tempo deve essere ed apparire libero ed indipendente e tanto può essere ed apparire ove egli stesso lo voglia e deve volerlo per essere degno della sua funzione e non tradire il suo mandato”.

A maggiore garanzia e tutela della indipendenza ed imparzialità,  la “neutralità ” intesa come posizione al di sopra delle parti , imporrebbe lo sdoganamento immediato dalla

formazione e carriere unificate, con destinazioni e ruoli intercambiabili, impedendo che Giudici e Pm siano, in realtà, indistinguibili gli uni dagli altri.

Ribadiva Giovanni Falcone : “Chi, come me, richiede che siano, invece, due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell’ indipendenza del magistrato, un nostalgico della discrezionalità dell’ azione penale, desideroso di porre il Pm sotto il controllo dell’ Esecutivo. E’ veramente singolare che si voglia confondere la differenziazione dei ruoli e la specializzazione del Pm con questioni istituzionali totalmente distinte. “

Concluderei nel ritenere indispensabile l’abolizione dell’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale…ma rischierei di bollare come eccessive queste mie semplici ma appassionate riflessioni, sopratutto per il riferimento ai Soggetti che le hanno ispirate.

 

 

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