Anno: XXVI - Numero 3    
Lunedì 6 Gennaio 2025 ore 14:00
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Il pensiero democratico forense

: "Due più due fa cinque."

Il pensiero democratico forense

L’avvocatura è governata da un regime oligarchico che si regge sulle caste.

L’articolazione del potere trova il suo fondamento in una legge professionale, nata allo scopo di garantire il governo delle istituzioni forensi attraverso un sistema di cooptazione del consenso che non è ispirato ai veri e propri principi democratici. Il meccanismo elettivo/selettivo di stampo verticistico, si snoda sino alla nomina degli apicali che reggono attualmente le istituzioni forensi. La vicenda del doppio mandato, nel corso degli ultimi anni, ha dimostrato in maniera eclatante, come l’articolazione verticistica a maglie del potere ordinistico, ha garantito le schlerotizzazioni delle rendite di posizione e acuito le diseguaglianze con macroscopiche asimmetrie all’interno della categoria. La soggezione, la sudditanza al potere ordinistico e il controllo del dissenso si sono espressi e tutt’ora si esprimono attraverso la giurisdizione domestica, efficace articolazione della censura sui malumori della categoria , nello stabilire chi contravviene o meno al sistema, cosa è deontologicamente corretto affermare e cosa non lo è. Il dissenso viene adeguatamente censurato e annientato con sanzioni disciplinari e pecuniarie , quest’ultime come espressione dell’azione risarcitoria azionata. Da sempre, ho definito l’attuale legge professionale come un disegno criminale, criminale perché diretto ad annientare, con la precisione della selezione naturale darwiniana, quella che oggi si definisce l’avvocatura proletarizzata, attraverso l’imposizione predatoria previdenziale.

Inoltre, unitamente al meccanismo elettorale, alle cariche elettive non si accede per meriti ma se si risulta inseriti nelle maglie giuste del potere dei padrini che, da tempo, sine die, cooptano il consenso, quindi il voto, quindi la carica, la poltrona, le rendite, i gettoni…rendite che si traducono quasi…in vitalizi a vita.

Fatta questa breve ma doverosa premessa, per mai dimenticare il punto di partenza necessario a tenere sempre ferma la visione di insieme,

 il dato innegabile che emerge si concreta nell’accettazione che, nell’attuale cornice della legge professionale e nel sistema dalla stessa legittimato, l’associazionismo democratico,  quello “non riconosciuto ” dai parametri stabiliti dal CNF, non ha mai concretamente avuto spazio per un confronto politico sano.

Ancora oggi si dibatte sull’essenzialità del dato numerico come criterio ed indice di maggiore rappresentatività. Chi non ha numeri sul territorio nazionale, non ha possibilità alcuna di esprimersi democraticamente. Le minoranze non hanno voce.

Ad oggi , gli spazi riservati all’associazionismo democratico forense non esistono e se esistono in qualche realtà territoriale, il confronto politico non è sano ed equilibrato. Nel marasma e nel tripudio dell’incertezza istituzionale in cui naviga ormai a vista, il baraccone forense, ancora definito come Cnf, organismo di massima espressione forense, il sottogruppo, per voler usare un termine adeguatamente “social “, denominato Ocf, presunto organo di rappresentanza non istituzionale ma politica della categoria, figlio del golpe voluto all’epoca nel sopprimere l’OUA, decide di indire una sessione ulteriore del congresso, apre uno spiraglio all’associazionismo non riconosciuto ma impone preclusioni sui temi.

Il tema precluso, giusto per massima chiarezza è la questione dell’illegalità al Cnf e nei vari Coa locali.

Ed ecco che scatta la valvola di sicurezza . Ammettiamo le cosiddette minoranze( gentile concessione) ma

non si deve parlare degli apicali illegali, della sospensione disposta dal Tribunale, si deve fare silenzio, accettare che l’illegalità sia la regola, che i mandati debbano essere plurimi e sine die.

Accettare che due più due fa cinque anziché quattro…volendo semplificare.

Giusto per chiarezza, la convocazione della sessione ulteriore del congresso è già un’aberrazione, frutto di una non comprensibile scelta di prorogare sia i delegati, sia i componenti di Ocf, sine die. La prorogatio di fatto di una rappresentanza politica, già di per sé, getta dubbi e perplessità sulla reale utilità della “sessione ulteriore” e non del congresso ordinario che doveva essere quello di Lecce.

Ocf non può ammettere temi congressuali solo in tema di riforme e continuare ad ignorare il problema della illegalità nel Cnf che non è solo “questione giuridica da discutere in tribunale ” ma questione morale ed etica, con precise responsabilità civili e penali per chi viola la legge e con conseguenze in termini di credibilità a carico della categoria. Se questa è l’intenzione della rappresentanza pseudopolitica dell’avvocatura, allora andrebbero sconfessati come rappresentanti politici e le rappresentanze forensi che invocano il vero cambiamento, dovrebbero iniziare a far sentire sul serio la loro voce. Tutta l’avvocatura sana ed informata dovrebbe rivoltarsi ed esigere chiarezza e rispetto delle regole. E non è detto che non accada il miracolo.

Doppio mandato, illegali al Cnf, riforma della legge forense , unitamente alla “famosa riforma previdenziale” e crisi reddituale dell’avvocatura, prima, durante e dopo il Covid, sono i temi sui quali non si può tacere, anche in una assise congressuale discutibile per i motivi succintamente suesposti.

L’emergenza Covid non dovrebbe essere più lo spauracchio da agitare allo scopo di eludere la legge, i regolamenti e gli statuti, come ormai è prassi nelle istituzioni forensi. Lecce doveva essere il Congresso e le attuali rappresentanze,  quelle che tengono al rispetto della legge e al recupero della credibilità di questa martoriata avvocatura, dovrebbero ricordarlo ad Ocf. Dovrebbe essere obbligo e dovere per l’assise congressuale, a questo punto, qualunque essa sia,  porsi il problema della Legalità, pena la sua mancanza di rappresentatività, credibilità e autorevolezza nei confronti di tutta la categoria e delle altre rappresentanze, anche politiche, con le quali intenderà confrontarsi. A questi atti d’imperio, che, in qualche modo, anche implicitamente, con il loro silenzio, avallano le occupazioni abusive perché in violazione della regola del doppio mandato, l’associazionismo “non maggiormente rappresentativo” sta cercando di reagire, l’associazionismo di minoranza sta scalpitando, alcuni anche  con la brama occulta di accucciarsi poi al potere…ma chi vivrà vedrà e potremmo tutti essere gradevolmente allietati da fantastici colpi di scena.

Tuttavia, fino a quando le maglie del potere, cristallizzate nella legge professionale, non saranno recise dal fuoco rigenerante della riforma della legge professionale, volendo parafrasare l’assunto rivoluzionario di un illustre abate, “se la Costituzione stabilisce che duecentomila persone su ventisei milioni di cittadini possono eleggere due terzi del parlamento, allora due più due fa cinque”.

Non si va lontano se la maggioranza dei votanti dichiara che due più due fa cinque…e il “tutto è minore delle parti”.

Da una minuscola parte della minoranza…è tutto.

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