Il pericolo sono le pecore, non i lupi
Digressioni a margine di un fallimento annunciato
In evidenza
Il mio collega Romano Zipolini, lucida penna toscana di Barga, come il mio amico Valeriano Vasarri, ha scritto oggi un post che ritengo esaustivo della situazione dell’avvocatura italiana…
Il mio collega Romano Zipolini, lucida penna toscana di Barga, come il mio amico Valeriano Vasarri, ha scritto oggi un post che ritengo esaustivo della situazione dell’avvocatura italiana:
“Collaborazionismo: ecco la parola indicibile che viene oggi in mente.
Collaborazionismo: quello degli avvocati.
Agli avvocati è precluso l’accesso ai Tribunali, purché non siano travestiti da Giudici (leggi GOT).
Agli avvocati spetta, al massimo, la repubblica di Vichy.
Agli Avvocati non si garantisce l’esercizio della loro funzione.
Si gradisce solo che comprino suppellettili, carta igienica, amuchina, guanti di lattice (dove si è più evoluti: scanner, microfoni e persino compensi al personale), o che si vestano da giudici e lavorino a cottimo.
Senza gli avvocati il regime crolla, ma gli avvocati lo sostengono, perché si illudono che sia ancora da difendere questo regno delle ombre.
La giustizia si riforma solo cessando ogni collaborazionismo.
Solo dimostrando in concreto che senza di noi la giustizia non esiste e quello che ne è rimasto oggi se lo possono anche tenere”.
Credo anch’io che si debba fuggire da questo sistema per prosciugare quello che è rimasto della giurisdizione.
Ma io mi occupo soprattutto di previdenza ed è su questo che intendo ritornare.
Cassa Forense ha 245.000 iscritti e il Presidente ha comunicato ufficialmente di avere erogato il reddito di ultima istanza (600,00 euro di marzo) a 139.311 iscritti per un totale di € 83.586.600,00, anticipato per conto dello Stato.
Il decreto cd. del rilancio ha previsto, forse, ma chissà quando, altri € 600,00 per i mesi di aprile e maggio (forse 1000) ma per l’erogazione serve un decreto interministeriale tra il MEF e il Lavoro, che è stato annunciato.
Naturalmente Cassa Forense, senza la certezza della provvista, di altri € 167.173.200,00 o di più, se mille per maggio, non ha anticipato alcunché, nonostante le proteste sui social!
È facile prevedere che 139.311 iscritti, bisognosi del reddito di ultima istanza, per il 2020 e, presumibilmente anche per il 2021, non verseranno contributi a Cassa Forense.
Non ho certo la pretesa di fornire un quadro completo dei problemi che interrogano oggi la previdenza forense, né tantomeno di avanzare soluzioni definitive.
Il mio intento, piuttosto, è quello di condividere interrogativi, prima che risposte, e offrire stimoli per una riflessione pacata e non contingente sulle questioni, a mio avviso, più importanti e critiche nella speranza che le mie modeste riflessioni possano alimentare ricerche più approfondite, non solo individuali, ma anche comuni, e soprattutto nella super commissione che ho notizia essere stata varata in Cassa Forense, peraltro, mi dicono, senza l’ausilio di consulenti esterni.
Ai fautori del “nulla sarà più come prima” ritengo davvero che la crisi pandemica comporterà un’accelerazione, certamente drammatica, di processi di trasformazione economico – sociale che erano, dove più dove meno, già in corso.
Due elementi mi piace sottolineare in questo contesto:
– il primo è che il principale motore dei suddetti processi sarà certamente rappresentato dalle tecnologie digitali, il cui peso economico sociale uscirà ulteriormente potenziano dalla crisi in atto;
– il secondo è che la principale risposta sistemica al nuovo stato di cose dovrà ruotare attorno al verbo della “sostenibilità” di Cassa Forense.
Ho già evidenziato, in precedenti interventi, le criticità del sistema previdenziale forense che sono la demografia, nel senso dell’aumento esponenziale del numero degli avvocati, rapportata al calo dei redditi e alla contrazione del PIL.
Questi fattori, uniti alla situazione di povertà, rappresentata per tabulas dal ricorso massiccio al reddito di ultima istanza, dimostra anche ai più smaliziati sostenitori, l’insostenibilità di lungo periodo del sistema.
Ieri è stato pubblicato il Manifesto per un diritto del lavoro sostenibile, 20.05.2020, a cura di Bruno Caruso, Riccardo Del Punta e Tiziano Treu, Catania, Firenze, Roma, a cura del Centro Studi Massimo D’Antona.
È un compendio davvero lungimirante di 92 cartelle che si legge d’un fiato per la sua attualità e per la sua capacità di analizzare il passato, il presente e il futuro.
Tutti gli avvocati dovrebbero leggerlo e non solo i lupi.
La caduta dei redditi e l’impoverimento dell’avvocatura dovrebbe spingere anche il nostro legislatore autonomo a varare misure urgenti a sostegno dell’avvocatura.
Il Manifesto lancia una proposta che merita la massima attenzione perché l’idea è “di andare oltre un approccio basato su correttivi parziali e procedere a una revisione strutturale del sistema pensionistico pubblico in modo tale da costruirlo su due componenti: una prestazione pensionistica di base finanziata dal fisco, secondo la logica universalistica, destinata a garantire a tutti i cittadini anziani bisognosi prestazioni adeguate alle esigenze di vita; un secondo livello, di tipo contributivo puro, o addirittura costituito su basi di capitalizzazione, garantirebbe prestazioni aggiuntive correlate ai contributi versati dai singoli soggetti nel corso della loro vita (anche questo secondo pilastro avrebbe rilievo generale e, quindi carattere obbligatorio). Resterebbe la possibilità di pensioni complementari volontarie costituite nelle forme attuali, aggiornate e sostenute da agevolazioni fiscali più adeguate”.
La proposta prevede, in via di iniziale sperimentazione, di trasferire parte del finanziamento in capo ai consumi, attraverso la cd. IVA sociale.
“La grande trasformazione di questi ultimi anni, che ha cambiato i principali aspetti dei sistemi economico – sociali, ha modificato in profondità anche le relazioni fra le diverse età della vita, alterando i principali indicatori delle condizioni di vita di giovani e anziani in modo tale da far ritenere che il patto generazionale che ha sostenuto per secoli la coesione sociale si sia inclinato o anzi, secondo alcuni, si sia già rotto. I fattori determinanti di questa crisi dei rapporti fra generazioni sono strutturali, essendo radicati nelle tendenze demografiche che segnalano una riduzione della natalità da una parte e l’allungamento dell’aspettativa di vita dall’altra. Queste tendenze sono influenzate da componenti biologiche, ma possono essere corrette da scelte politiche e sociali, come risulta dalla diversità con cui esse si presentano nei diversi Paesi.
L’Italia è un caso estremo tra i Paesi sviluppati in quanto presenta da anni il tasso di natalità più basso d’Europa, che, se non corretto, preconizza nei prossimi anni un calo drammatico sia della popolazione generale sia ancora di più della popolazione attiva.
L’impatto combinato dell’allungamento della vita e del basso tasso di natalità ha conseguenze preoccupanti su molti aspetti del nostro sistema sociale; a cominciare dagli equilibri del sistema pensionistico, perché la crescita, che esso comporta, dell’indice di dipendenza tra popolazione attiva e popolazione anziana, sta scaricando sui giovani un peso crescente di pensioni e sanità, e minaccia di renderlo insostenibile.
Lo squilibrio generazionale e il peso sui giovani sono destinati a crescere se si considerano le loro condizioni di reddito e di occupazione.
Da tempo le retribuzioni dei giovani sono minori di quelle degli adulti di quasi il 40%, e dall’altra parte, i giovani sono stati i più colpiti dalla crisi economica, come si vede dal tasso di disoccupazione che è ancora il triplo della media nazionale.
Lo squilibrio dell’occupazione fra giovani e anziani si è accentuato negli ultimi anni in conseguenza dell’allungamento dell’età pensionabile (la mia riforma del 2008 ha portato l’età pensionabile per noi avvocati a 70 anni) che ha mantenuto al lavoro quote crescenti di persone altrimenti in uscita dal mercato del lavoro, senza che ciò abbia comportato un aumento significativo dell’occupazione giovanile.
Se non si vuole che le tensioni crescano fino al punto di rottura occorre trovare un nuovo equilibrio con misure coerenti e necessariamente di medio periodo che incidano su tutti gli elementi di crisi. L’equilibrio non può che essere ricercato su basi diverse dal passato, perché le trasformazioni di questi anni sono non solo economiche ma culturali e persino antropologiche, e hanno cambiato in profondità il rapporto tradizionale tra giovani e adulti.”
Il 26 maggio 2020, sono accaduti due fatti importanti: senza Giorgino e senza enfasi il DG di Cassa Forense è intervenuto in streaming al Convegno di Itinerari Previdenziali per dire, tra il resto:
“….Cassa Forense ha avuto ed ha problemi legati alla liquidità perché come tutte le Casse di previdenza, qualcuno già lo ha detto, ha dovuto anticipare per conto dello Stato, ora calcolate che solo per marzo abbiamo anticipato 85 milioni e altrettanti saranno per aprile e probabilmente anche di più per maggio, una volta che uscirà il decreto, in più abbiamo dovuto sospendere tutti i contributi. Noi fino a fine anno non riscuoteremo nulla, rispetto a un’attesa di bilancio di previsione di circa un miliardo e sei. Quindi dilazioniamo nel tempo e chissà poi se entreranno, tra l’altro aggiungo, un miliardo e sei di contributi. In più abbiamo dovuto aumentare le nostre spese per l’assistenza, abbiamo impiegato tutti i fondi speciali che avevamo a disposizione per aumentare le nostre spese per l’assistenza. Capite bene che ci può essere a questo punto un problema di liquidità, problema di liquidità che noi come Cassa Forense, per fortuna, avevamo gestito bene in precedenza, abbiamo in questo momento circa un miliardo di liquidità ma pensiamo che arrivare a marzo-aprile quando ricominceranno gli incassi ecc.. questo miliardo di liquidità andrà esaurito. Quindi lo spazio per gli investimenti in questo momento non c’è o è molto ridotto. Quello che noi abbiamo fatto è, diciamo, un piccolo cabotaggio: manutenzione sul nostro portafoglio cercando di contenere la rischiosità e cercando di portare a casa qualche plusvalenza attraverso qualche arbitraggio e cose di questo genere…”
Nella stessa giornata Cassa Forense ha pubblicato CF News che non dice una parola, che non sia una, sulla crisi di liquidità di Cassa Forense, quasi che non sia di interesse per gli iscritti.
Il DG di Cassa Forense ha concluso il suo intervento con una riflessione sulla sostenibilità del sistema previdenziale pubblico e privato dichiarando che Cassa Forense potrebbe aver bisogno di una messa in sicurezza per essere rimasta al retributivo. Se non ora quando?
Sono anni che pochi lungimiranti portano avanti, inutilmente, questa battaglia e ora, a mio giudizio, l’opzione al sistema di calcolo contributivo della pensione, di fronte a 30 mila pensione retributive, diventa praticamente impossibile se non aumentando la contribuzione.
I conti sono presto fatti: a fronte di una previsione di entrate contributive di 1,6 miliardi, un miliardo se ne va per il pagamento delle pensioni in essere e quindi ben poco resterebbe per implementare i montanti contributivi.
Si è perso troppo tempo e ora tutti i nodi, e le conseguenti responsabilità, stanno venendo al pettine.
Altre Notizie della sezione
La nostra idea è sempre stata quella di arrivare lontano.
27 Dicembre 2024Di essere primi non ci è mai interessato nulla: e forse si vede.
Dalla separazione delle carriere al controllo politico del Pm
23 Dicembre 2024Qualcuno deve aver convinto la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che la separazione delle carriere sia cosa “buona e giusta”, che avremo, di conseguenza, “una giustizia più equa e più efficiente”.
Il “silenzio cafone” della politica.
20 Dicembre 2024Il diritto conosce due forme di silenzio, il silenzio accoglimento e il silenzio rigetto, entrambi di facile intuizione, a seconda della reazione della pubblica amministrazione all’istanza di un cittadino.