Il Sottodimensionamento Culturale e Strutturale.
L' esigenza di riappropriarsi della propria vita e di ripartire anche e sopratutto per le evidenti ragioni di sopravvivenza legate al proprio lavoro, impone dei piani strategicamente concertati tra Governo ed amministrazioni locali.
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Il pericolo pandemico non è affatto scongiurato, per cui da un lato non bisogna abbassare la guardia e lasciarsi prendere dalle nevrosi “da distanziamento” aggravate dalla crisi reddituale in atto , dall’altro, seppur a fatica, bisogna pensare “a rientrare ” nel meccanismo produttivo della quotidianità con tutti i drammi legati all’esigenza di creare ed adattarsi ad una Nuova Normalità, sino a quando la sperimentazione e i risultati della ricerca non consentiranno la commercializzazione di un vaccino anticovid. Alcune delle soluzioni green, utili in astratto a consentire al cittadino la mobilità negata, nella pratica, dovranno adattarsi alle differenze strutturali e territoriali fisicamente riscontrabili in ogni aggregazione cittadina, nonché coordinarsi con piani di investimenti a livello regionale supportati dall’autorità centrale governativa. Sopperire al sottodimensionamento strutturale ed economico sarà impresa ardua ma comunque programmabile negli scopi e negli intenti. Nei luoghi di lavoro, si impone “il lavoro da remoto ” …e se ci stanno riuscendo con la didattica a distanza nelle scuole e nell ‘Eurogruppo…tutte le altre professioni saranno costrette a farlo.
Resta per i settori, come l’avvocatura e la giustizia, il dato innegabile e allarmante , già da tempo esistente ma ignorato dal richiamo ai fasti del tempo che fu e da patologici ” iurisvirus” ormai noti, del Sottodimensionamento Culturale e Strutturale per affrontare la rivoluzione tecnologica post Covid , che imporrebbe una unitaria organizzazione e sinergia di uomini ,mezzi e programmi che al momento non esiste.
La reazione del comparto giustizia è frammentata, confusa e scoordinata, così come le rappresentanze che riflettono le istanze e le esigenze delle categorie coinvolte in maniera non unitaria. La strutturazione gerarchica e feudale dell’avvocatura incontra notevoli difficoltà nell’apertura ad un sistema innovativo circa l’utilizzo delle nuove tecnologie anche nella sola imminenza di far fronte all’esigenza del distanziamento sociale imposto dalla pandemia. Se l’avvocatura intende conservare un vero riscontro e una vera funzione “sociale”, il suo adeguamento al mutamento si impone, pena la sua sopravvivenza. Un mutamento che incontra non solo i limiti strutturali dell’edilizia giudiziaria, sempre sommariamente tamponata, ma limiti culturali enfatizzati da progetti di formazione della categoria, unicamente finalizzati all’autoreferenzialità dei proponenti e alle posizioni e privilegi nel sistema. Il nuovo spaventa perché comporterebbe necessariamente un capovolgimento nelle rappresentanze che siano realmente preparate ad affrontare i nuovi Orizzonti e Prospettive di Rinascita. Complice dello “stallo” la disinformazione e la mediocrità imposte da anni di gestione del potere ordinistico articolati ad un controllo delle masse incoscienti.
Massificazione e globalizzazione anche per la categoria, incapace di interpretare e formulare “innovazione” e “riorganizzazione ” per un nuovo governo dell’avvocatura.
Ciò nonostante, invocare l’antico adagio del “non è mai troppo tardi” non è fuorviante e obsoleto. Ammetterlo equivale ad abdicare alla volontà del cambiamento e cedere alla sola insaziabile e inarrestabile declamazione di primogeniture e primazie.
Le stesse, lungi dal produrre il normale effetto di rivendicare l’esclusività del pensiero proposto, finiscono col trascurare l’effetto collaterale più efficacemente prodotto dalla funzione sociale svolta dal pensiero stesso …e cioè…la sua affermazione.
Non è dunque un fallimento , non è mai troppo tardi, perché è nei momenti di crisi profonda che si riconoscono i venti in grado di spingere le vele.
L’approdo non sarà semplice…ma questa consapevolezza però …fortifica.
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