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Il tasso neutrale

Il Governatore della Banca D'Italia ha tenuto a Milano due conversazioni sulla politica monetaria della BCE auspicando il cammino verso il tasso neutrale.

Il tasso neutrale

«La Bce ha tagliato i tassi tre volte da giugno riportando l’inflazione, impennatasi sulla scia dell’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, verso il suo obiettivo del 2%. Con l’ultimo taglio, in ottobre, la Bce ha ridotto di un quarto di punto il tasso che paga sui depositi bancari, portandolo al 3,25%. “Probabilmente siamo ancora lontani dal tasso neutrale”, ha detto Panetta. Gli economisti definiscono il tasso neutrale come un tasso che non limita né stimola la crescita economica e lo vedono nell’area dell’euro tra il 2% e il 2,5%, anche se le stime arrivano al 3% e all’1,75%. Gli investitori si aspettano che la Banca centrale riduca i costi di finanziamento di un altro quarto di punto nella prossima riunione del 12 dicembre, seguita da altri tagli in primavera. Ciò lascerebbe il tasso di deposito della Bce all’1,75%-2,0%.»(Fonte: Banca d’Italia).

E’ necessario dare un segnale ad investitori e consumatori per agevolare la ripresa economica.

Il tasso neutrale è quel tasso teorico d’interesse che non è né troppo restrittivo né troppo accomodante, e che consente a crescita e inflazione di rimanere su un percorso stabile e prevedibile. Ovviamente la politica monetaria delle banche centrali viene influenzata da molte considerazioni, e i tassi di interesse non seguono un percorso lineare verso il tasso neutrale. Inoltre, stimare e modellare questo tasso è estremamente difficile, anche perché si tratta di una variabile non osservabile.

Vediamo di spiegarci con due parole sul tasso di interesse.

Il tasso d’interesse determina il costo di un prestito di denaro o il rendimento di un investimento. Quando i tassi di interesse aumentano, prendere denaro in prestito diventa più costoso, e questo può avere una serie di effetti sugli investimenti. I tassi più alti rendono meno attraenti le cedole fisse dei bond esistenti, facendoli scendere di prezzo. Inoltre, con i tassi elevati per le società diventa più costoso prendere soldi in prestito e ciò ne riduce la profittabilità, con conseguente perdita di valore delle azioni. I tassi più alti fanno anche aumentare il costo dei mutui, riducendo la domanda di case e quindi il loro prezzo.

Il rapporto Draghi parte dalla premessa che, pur avendo basi adeguate ad essere un’economia altamente competitiva, l’UE registra una crescita ridotta a causa del rallentamento della produttività. Negli ultimi due decenni la crescita economica UE è stata costantemente più bassa di quella degli USA, mentre la Cina ha recuperato rapidamente terreno. Il rapporto sottolinea, in particolare, che si è aperto un ampio divario nel PIL tra l’UE e gli Stati Uniti, guidato principalmente da un rallentamento più pronunciato della produttività in Europa. Le famiglie europee ne hanno pagato il prezzo in termini di perdita del tenore di vita: su base pro capite, il reddito disponibile reale è cresciuto quasi il doppio negli Stati Uniti rispetto all’UE dal 2000.

La risposta che verrà a dicembre dalla BCE sarà, quindi, molto importante anche in considerazione del piano Draghi e della minaccia dei dazi conseguenti alla rielezione di Trump.

 

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