Il tramonto dell’Avvocatura che conosciamo
In questi giorni il Censis, in collaborazione con Cassa Forense, ha pubblicato il Rapporto relativamente al 2021. Invito tutti a scaricarlo e leggerlo perché è una miniera di dati, soprattutto negli allegati sui numeri dell’avvocatura italiana predisposti dalla dott.ssa Giovanna Biancofiore, bravissima attuaria interna.
In evidenza

Il Rapporto, se lo si vuole leggere correttamente senza accedere al mainstream usuale, fa
una radiografia del tramonto dell’avvocatura italiana così come l’abbiamo conosciuta.
Due numeri sono significativi.
Al sondaggio del Censis hanno partecipato 30.231 avvocati a fronte di 241.830.
Quindi la partecipazione al sondaggio è stata del 12,5%.
Perché i restanti non vi hanno partecipato?
Perché non sapevano?
Perché non interessati?
Si potrebbe anche dire che gli avvocati in Italia sono 30.231.
C’è poi nel rapporto del Censis una tabella che è estremamente significativa ed è la Tabella B8 di pag. 116
L’analisi di questa tabella è impietosa se confrontiamo i dati in percentuale rispetto al 2019. Unico dato positivo la diminuzione del 3% dei “fantasmi” e cioè di coloro che nemmeno inviano il Modello 5. Sino ad un reddito pari a € 19.931,00 annui troviamo 140.553 avvocati, ivi compresi naturalmente i fantasmi. Gli avvocati che dichiarano un reddito superiore al tetto pensionabile di € 100.700,00 sono 15.798 e si tratta quindi degli avvocati che versano il 3%, oltre il tetto pensionabile, a titolo di solidarietà e che, a mio giudizio, non sono più in grado di mantenere in vita il sistema. Il reddito medio dell’avvocatura italiana per l’anno 2020 è pari ad € 37.785,00 con un decremento del 6% solo in parte imputabile al Covid. L’importo medio della pensione di vecchiaia è pari ad € 39.287,00 quindi superiore al reddito medio dell’avvocatura italiana. Come ho già scritto, mi auguro che entro il 15 maggio 2022 possano essere predisposte liste di candidati al Comitato dei Delegati giovani e soprattutto preparati in previdenza e finanza, indipendenti da ogni logica di corporativismo che rappresenta il male endemico della nostra professione. A mio giudizio Coa, Cnf e Ocf hanno esaurito la loro funzione se il risultato, quale emerge dal report Censis, è quello che vede il 32,8% della avvocatura pronto a valutare la possibilità di abbandonare la professione. La professione forense va reinventata con attori diversi per evitare che “tutto cambia perché nulla cambi” e il movimento “dei soliti noti” è già iniziato in vista del congresso di Lecce dove, come è già accaduto a me a Milano al congresso straordinario “I diritti non sono merce” 23-24 marzo 2012, chi vuole dire qualche cosa fuori dal coro viene relegato alla fine dei lavori a sala vuota cosi, comunque, da poter dire di aver rispettato il contraddittorio e la libertà di espressione perché la forma, malinconicamente, viene prima della sostanza! Peccato per gli iscritti che ciò che dicevo, in allora, a Milano dieci anni fa si sia puntualmente verificato ma questo attiene solo al fortuito! Oggi ho però la conferma che in previdenza forense sono stati bruciati 10 lunghi anni aggravando la situazione e i miei 9 quaderni stanno li a certificarlo perché “verba volant ma scripta manent”. Per la pausa estiva uscirà il quaderno n. 10 che non interessa a CF né tantomeno agli iscritti salvo qualche rara eccezione. Sempre multa paucis
Da Diritto e Giustizia
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