Anno: XXV - Numero 235    
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L' elusione del principio di legalità e le manovre fraudolente azionate dagli illegali per la conservazione del posto di lavoro.

Sono state promosse azioni giudiziarie a tutela dell'abusiva occupazione dei ruoli da parte di pochi avvocati rispetto alla moltitudine del popolo degli "indignati"

L' elusione del principio di legalità e le manovre fraudolente azionate dagli illegali per la conservazione del posto di lavoro.

Le vicende legate al contenzioso elettorale forense che traggono origine dal dibattuto, ancorché legislativamente previsto, divieto del doppio mandato, sono argomento assai noto alla compagine forense, al pari di quanto avviene nella politica nazionale, ove il dibattito viene purtroppo affossato a favore della cristallizzazione  delle rendite di posizione che trae origine  dalla reiterata  occupazione sine die dei ruoli .  Le argomentazioni di fatto e di diritto a fondamento dell’affermazione del divieto, legislativamente previsto, di ulteriori mandati successivi al secondo, argomentazioni sottese al dibattito forense, furono oggetto di una prima  istanza di commissariamento inoltrata all’epoca al Ministro Bonafede e rimasta senza esito nonostante la stessa provenisse da molti singoli avvocati e da associazioni forensi presenti sul territorio nazionale, indignate dal palese atteggiamento dei plurimandatari di voler disattendere la legge professionale forense e le sentenze emesse sul tema da parte degli Ermellini e da parte  dalla Corte Costituzionale.

Sono state promosse azioni giudiziarie a tutela dell’abusiva occupazione dei ruoli da parte di pochi avvocati rispetto alla moltitudine del popolo degli “indignati”e nonostante l’esito vittorioso delle stesse  è di sconcertante attualità, la campagna di disinformazione messa in campo dalla stampa nell’avvocatura, attraverso la rivista Il Dubbio e da qualche editoriale territoriale, che in maniera sommaria, pretestuosa e con imperizia e negligenza va diffondendo la notizia di una “reintegra sine tutulo” del dichiarato ineleggibile ex presidente del Cnf , attualmente sospeso. Le considerazioni che seguono , sono l’estrema sintesi di un percorso azionato dalle nostre rappresentanze illegali per aggirare la legge  e  muovono dal fondato  convincimento che tali condotte di reiterazione abusiva, continueranno a perpetrarsi nonostante le pronunce della magistratura civile già intervenute sul tema.

Orbene, nel dettaglio, l’ordinanza che ha dichiarato ineleggibili alcuni consiglieri del Cnf e il presidente stesso , non è provvisoriamente esecutiva ma la sospensione dell’efficacia della loro nomina mantiene i suoi effetti.

Il Tribunale di Roma, a definizione di un giudizio sommario, aveva emesso l’ordinanza del 25 settembre 2020 che, in accoglimento del ricorso, aveva dichiarato ineleggibili alla carica di Consigliere del Consiglio Nazionale Forense alcuni consiglieri e l’ex presidente.

Il Tribunale di Roma era stato anche chiaro nell’osservare che naturale conseguenza di tale accertamento dell’ineleggibilità  era la ripetizione delle elezioni dei componenti del CNF.

Testualmente  “…sarà cura del Ministero della giustizia e dei suoi organi competenti provvedere all’avvio del relativo procedimento, previo adempimento degli incombenti ritenuti eventualmente necessari o anche solo opportuni per adeguare la situazione di fatto attuale alla presente decisione, che è provvisoriamente esecutiva (art. 702ter, sesto comma, c.p.c.).”

Avverso quell’ordinanza era stato proposto appello (tutt’ora pendente) che conteneva anche una richiesta di sospensiva ex art. 283 c.p.c. della sentenza di primo grado (qualificata come provvisoriamente esecutiva dal giudice di primo grado).

Da ultimo, la Corte di appello di Roma con l’ordinanza del 20 maggio 2021 ha dichiarato inammissibile quell’istanza di sospensiva.

La Corte di appello ha ribadito il presupposto generale in base al quale “per giurisprudenza costante, le sentenze di primo grado immediatamente esecutive sono esclusivamente quelle di condanna”.

Nel caso di specie, la Corte di appello ha precisato che si è in presenza “di una sentenza di accertamento di status, i cui effetti eventualmente esecutivi solamente riflessi e non immediati, peraltro rimessi alla valutazione di altri soggetti, non consentono un ampliamento del perimetro di applicabilità dell’istituto di cui all’art. 283 c.p.c. “.

La reintegra paventata dai consiglieri sospesi è solo un ‘artificiosa, aberrante e fantasiosa ricostruzione per consentire agli illegali di poter continuare a ricoprire l’incarico “sine die”.

Posta la natura di accertamento della sentenza che accerta l’inesistenza dello status di consigliere del Cnf , va ribadito che nel giudizio di primo grado era stata emessa un’ordinanza cautelare con la quale era disposta l’anticipazione degli effetti della pronuncia .

Il Tribunale di Roma con l’ordinanza del 13 marzo 2020 aveva accolto il ricorso cautelare proposto dai ricorrenti, disponendo la sospensione gli effetti della proclamazione a Consigliere del Consiglio Nazionale Forense degli avvocati che avevano già svolto un doppio mandato.

Quell’ordinanza cautelare mantiene la propria efficacia anche dopo la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda.

Quell’ordinanza avrebbe potuto perdere la propria efficacia soltanto se il ricorso fosse stato rigettato come previsto dal terzo comma dell’art. 669-novies c.p.c. secondo cui il provvedimento cautelare perde altresì efficacia ,se con sentenza, anche non passata in giudicato, è dichiarato inesistente il diritto a cautela del quale era stato concesso.

Nel caso in esame, invece, la pronuncia di primo grado è stata di accoglimento del ricorso proposto e, salvo modifica e revoca per sopravvenienze, quell’ordinanza sarà efficace sino alla definizione del giudizio con sentenza passata in giudicato.

E ciò a meno che il giudice di appello decida di riformare la decisione – di merito – di primo grado (in quel caso l’ordinanza cautelare perderà efficacia proprio in virtù dell’art. 669-novies, terzo comma c.p.c. prima richiamato).

Peraltro, allo stato attuale, non può neppure affermarsi che la misura cautelare disposta in primo grado abbia in qualche modo, a seguito dell’ordinanza di merito di primo grado, perso la sua funzione ovvero abbia raggiunto il suo scopo .

Se l’ordinanza di primo grado non è provvisoriamente esecutiva (come ha detto la Corte di appello) la situazione dopo la sentenza di primo grado, resta esattamente la stessa di quella prima della sentenza che aveva giustificato l’applicazione della misura cautelare.

Anzi, il presupposto del ragionamento della Corte di appello, l’ordinanza ex 702-quater c.p.c. dovendo essere qualificata come “accertamento di status” non è “provvisoriamente esecutiva”, conferma la correttezza, l’utilità e la sopravvivenza della misura cautelare a suo tempo adottata dal Tribunale di Roma.

È innegabile quindi che  la sospensione dei consiglieri mantiene la propria efficacia fino al passaggio in giudicato della sentenza che accerterà l’ineleggibilità degli avvocati consiglieri del CNF.

È innegabile quindi che la sospensione verrà meno soltanto se il giudice di appello dovesse ritenere che gli avvocati consiglieri del CNF parti del giudizio erano “eleggibili.”

A monte, dato a quanto pare trascurato ed eluso dagli ineleggibili, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, hanno avuto modo di ritenere che il divieto di terzo mandato vale anche per il CNF .

Vale solo la pena ribadire quindi, che questa incresciosa battaglia giudiziaria ha spaccato le rappresentanze forensi, allo stato prive di credibilità ed incapaci di assumere il ruolo guida per la categoria nell’esigere e nel pretendere il rispetto della legge.

La vicenda degli ineleggibili / illegali lascia purtroppo spazio a spiacevoli  valutazioni .

La condotta di chi, con artifici e raggiri e con la fantasiosa manipolazione ed  interpretazione delle norme, continua ad occupare gli scranni, programma di rientrare al Cnf e si serve di pubblicità ingannevole attraverso convegni, segnalandosi ancora come presidente del Cnf, in presenza di un presidente facente funzioni  è condotta indecorosa, lede l’immagine della categoria come ineludibile baluardo a tutela delle prevaricazioni e della legalità.

Semplicemente, la condotta di chi ha percepito e percepisce, emolumenti per il periodo di abusiva occupazione, procura un danno valutabile anche dal punto di vista economico, da accertarsi nelle sede deputate . Semplicemente, costoro, dovrebbero in teoria, subire sotto il profilo deontologico, la condanna della radiazione dall’albo, sic et simpliceter,  unitamente al risarcimento del danno, morale e patrimoniale a favore di tutti gli iscritti all’ordine forense.

Semplicemente, costoro hanno violato la legge e resistere, a spese degli iscritti, nei giudizi azionati da chi esige il rispetto della legalità è condotta pretestuosa, amorale, indecorosa ed oltraggiosa.

Gli illegali continueranno nel loro percorso fraudolento, allo scopo di continuare l’occupazione delle poltrone , dei ruoli e delle funzioni apparenti ed occulte, il tutto sine die e con la connivenza di una rappresentanza istituzionale e politica silenziosa e attendista, pronta a schierarsi sempre e solo a tutela della conservazione delle proprie posizioni e non a favore della categoria degli avvocati che, tutto sommato, merita l’attuale stato delle “cose”.

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